Kritische Edition des Librettos (Libretto)   Kritische Edition der Berabeitung des Librettos für Anfossi (Bearbeitung 2)  
SCENA VIII
SCENA VIII
S'avanza Giunia col seguito di donzelle e di nobili al lugubre canto del seguente coro.
Giunia con seguito di domestici, Cecilio in disparte.
Coro
    Fuor di queste urne dolenti
deh n'uscite, alme onorate,
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e sdegnose vendicate
la romana libertà.
Giunia
Giunia
    O del padre ombra diletta,
    Dal fortunato Eliso,
se d'intorno a me t'aggiri,
padre, i miei voti intendi:
i miei pianti, i miei sospiri
la figlia tua difendi,
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deh ti movano a pietà.
consola il suo dolor.
Coro
    Il superbo, che di Roma
stringe i lacci in Campidoglio,
rovesciato oggi dal soglio
sia d'esempio ad ogni età.
Lasciatemi pur sola; e al pianto mio,
fidi servi, lasciate
libero il corso almen fra questi orrori.
(Partono i servi.)
Giunia
Giunia
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Se l'empio Silla, o padre,
Ombra amata del padre,
fu sempre l'odio tuo finché vivesti,
e quanto tardi ancora
perché Giunia è tua figlia,
a vendicar te stessa,
perché il sangue romano ha nelle vene,
e la romana libertade oppressa?
supplice innanzi all'urna tua sen viene.
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Tu pure, ombra adorata
E tu del mio Cecilio alma diletta,
se tanto Giunia amasti,
e perché non ti movi
al mio crudele affanno,
perché in preda mi lasci al rio tiranno?
del mio perduto ben, vola e soccorri
Vola, vola, soccorri
la tua sposa fedel. Da te lontana
la tua sposa fedel, ch'altro non chiede
di questa vita amara
che di poter seguirti.
odia l'aure funeste…
SCENA IX
Cecilio e detta.
Cecilio
Cecilio
(Oh bella fede!)
(S'avanza.)
Eccomi, o cara.
Eccomi, o cara; ecco Cecilio. Intesi
le amorose tue voci. Eccomi…
Giunia
Giunia
Oddio!
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Stelle!… Io tremo!… Che veggio?
Tu?… Numi!…Chi vegg'io?…
Cecilio
Giunia.
Giunia
Cecilio.
Cecilio
A che ritiri il piede,
sposa cara e fedel? Ben a ragione
paventar io ti veggio;
ma sappi…
Giunia
Tu sei?… Forse vaneggio?…
Ah ch'io qui sogno oppur vaneggio!
Forse una larva, o pur tu stesso?… Oh numi!
M'ingannate, o miei lumi?…
Ah non so ancor se a questa
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illusion soave io m'abbandono!…
Dunque… tu… sei…
Cecilio
Il tuo fedele io sono.
Giunia
Giunia
    D'Eliso in sen m'attendi,
    Dèi pietosi, in questo istante
ombra dell'idol mio,
credo appena agli occhi miei.
ch'a te ben presto, oh dio!
Sposo amato, oddio, tu sei,
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fia che m'unisca il ciel.
non m'inganna il troppo amor.
Cecilio
Cecilio
    Sposa adorata e fida,
    Non t'inganni, amata sposa:
sol nel tuo caro viso
rasserena il tuo bel ciglio.
ritrova il dolce Eliso
Fa' che sprezzi il mio periglio
quest'anima fedel.
la costanza del mio cor.
Giunia
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    Sposo… Oh dèi! Tu ancor respiri?
Cecilio
Tutto fede e tutto amor.
a due
a due
Fortunati i miei sospiri,
Dolce sposo|sposa, in tal momento
fortunato il mio dolor!
del passato mio tormento
la dolcezza è assai maggior!
(Si prendon per mano.)
Giunia
    Cara spene!
Cecilio
Amato bene!
Giunia
Del tiranno ai sguardi irati,
Deh ti cela, o mio tesoro.
Cecilio
No, la patria, il ben che adoro
vengo solo a vendicar.
Giunia
Troppo ardire…
Cecilio
Temi invano.
Giunia
Il destin…
Cecilio
…sarà felice.
Giunia
Il tiran…
Cecilio
…per questa mano
il suo sangue ha da versar.
a due
a due
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    Or ch'al mio seno,
    Ah se vana è tanta speme,
cara|caro, tu sei,
non paventi un cor romano:
m'insegna il pianto
degl'occhi miei
ch'ha le sue lagrime
col morir potremo insieme
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anche il piacer.
tanti affanni terminar.
(Partono divisi.)
Fine dell'atto primo.
Fine dell'atto primo.


Avviso intorno al Ballo I

Il nuovo ballo, che ora si presenta, ha per soggetto il Solimano II o, se si vuole, la Francese Trionfante, per la prima volta immaginato ed esteso dal signor Marmontel in una delle sue bellissime novelle morali, poi dal signor Favart ridotto in commedia ad uso del teatro francese. Dall'una e dall'altra di queste opere dunque è ricavato il presente ballo; e se in alcuni luoghi avvien ch'egli si discosti dal dettaglio de' suoi originali, ciò è per adattare il soggetto stesso all'arte pantomima, la quale avendo le sue particolari bellezze, non è suscettibile di quelle che proprie sono delle altre arti sue sorelle. Chiunque avrà letto i due sopraccennanti lavori, vedrà quanto siasi studiato di conservar anche nel pantomimo la varietà de' caratteri e quella leggiadria che forma il ballo di un soggetto omai ammirato da tutta l'Europa. Coloro poi che non conoscono né la novella morale né la commedia suddetta sperasi nondimeno che fiano per trovarsi un'azione completa con un principio, un mezzo e un fine, coll'unità di tempo, di luogo ed azione tal quale la prescrivono i maestri dell'arte poetica. L'autore si è prefisso di far rappresentare, per quanto ha potuto, la commedia ballata nella sua semplicità, adorna di sé stessa ed ingentilita dalla danza, dalla pittura, dalla musica e dalla pompa degli abiti, tentando così d'imitare, benché rozzamente, quella venustà con cui siffatti lavori comparirono già nel teatro greco e romano. I cambiamenti che vi si trovano vengono tutti autorizzati o dall'uno o dall'altro de' sopraccennati componimenti. Il soggetto si adatta perfettamente all'arte pantomima e, se i colori de' quali l'autore si è servito non lo sfigurano, giova sperare che i veri conoscitori ne saranno contenti.