SCENA VI
|
||
Silla.
|
||
Silla
|
||
E tollerar io posso
|
||
sì temerari oltraggi? A tante offese
|
||
non si scuote quest'alma? E chi la rese
|
||
insensata a tal segno?…
|
||
Oddio! L'incanto
|
||
di due vaghe pupille…
|
||
Ma come, se tiranne
|
||
implacabili e fiere, altro non fanno
|
||
che raddoppiar a questo sen l'affanno?
|
||
Sventurato ch'io son! Non più. Si desti
|
||
dal letargo il mio cor, l'ira succeda
|
||
a un disprezzato affetto, e l'empia Giunia
|
||
ristretta fra catene…
|
||
Giunia? Misero cor!… Giunia è il tuo bene…
|
||
Silla, Silla infelice! Astri crudeli!
|
||
Fiero destino… Ah voi che in sen provate
|
||
gli amorosi martiri,
|
||
voi compiangete almeno i mie deliri.
|
||
Silla
|
||
Chi mai vide un'alma amante
|
||
più infelice e sventurata!
|
||
La più bella e la più ingrata
|
||
son costretto ad adorar!
|
||
(Parte.)
|
||
Luogo sepolcrale molto oscuro co' monumenti degli eroi di Roma. |
||
SCENA VII
|
||
Cecilio solo.
|
||
Cecilio
|
||
Ombre de' lazi eroi, che qui d'intorno
|
||
tacite v'aggirate,
|
||
l'oppressa libertà deh vendicate.
|
||
Ogni ordine ha sconvolto
|
||
l'iniquo dittator. E mille e mille
|
||
esecrandi delitti
|
||
stancar la crudeltade ancor non sanno
|
||
di quell'alma orgogliosa;
|
||
ma tenta altrui rapir perfin la sposa…
|
||
Giunia, mio dolce amor.
|
||
Deh quanto tardi
|
||
a presentarti agli occhi miei! Sapesse
|
||
la cara sposa almeno
|
||
ch'io qui l'attendo! Oh come presto a volo
|
||
giunger io la vedrei!… Ma Cinna, oddio,
|
||
non avrebbe di troppo
|
||
lusingato il mio cor?… No. Vive Giunia
|
||
all'amor mio costante,
|
||
né l'insane lusinghe o un vil timore
|
||
ponno cangiar della mia Giunia il core.
|
||
Dolci aurette, deh portate
|
||
questi accenti al caro bene.
|
||
Sappia almen, fra mille pene,
|
||
che l'attende il suo fedel.
|
||
Dolci aurette… Ah i miei voti
|
||
accogliete pietose… Eccola… Oh gioia!
|
||
Ma oddio! sola non è… Che far degg'io?
|
||
Qui in disparte si attenda
|
||
l'opportuno momento
|
||
per discoprirmi a lei.
|
||
Siatemi voi propizi, eterni dèi!
|
||
(Si ritira.)
|
||
SCENA VIII
|
||
Giunia con seguito di domestici, Cecilio in disparte.
|
||
Giunia
|
||
Dal fortunato Eliso,
|
||
padre, i miei voti intendi:
|
||
la figlia tua difendi,
|
||
consola il suo dolor.
|
||
Lasciatemi pur sola; e al pianto mio,
|
||
fidi servi, lasciate
|
||
libero il corso almen fra questi orrori.
|
||
(Partono i servi.)
|
||
Giunia
|
||
Ombra amata del padre,
|
||
e quanto tardi ancora
|
||
a vendicar te stessa,
|
||
e la romana libertade oppressa?
|
||
E tu del mio Cecilio alma diletta,
|
||
se tanto Giunia amasti,
|
||
e perché non ti movi
|
||
al mio crudele affanno,
|
||
perché in preda mi lasci al rio tiranno?
|
||
Vola, vola, soccorri
|
||
la tua sposa fedel, ch'altro non chiede
|
||
che di poter seguirti.
|
||
Cecilio
|
||
(Oh bella fede!)
|
||
(S'avanza.)
|
||
Eccomi, o cara; ecco Cecilio. Intesi
|
||
le amorose tue voci. Eccomi…
|
||
Giunia
|
||
Oddio!
|
||
Tu?… Numi!…Chi vegg'io?…
|
||
Cecilio
|
||
Giunia.
|
||
Giunia
|
||
Cecilio.
|
||
Cecilio
|
||
A che ritiri il piede,
|
||
sposa cara e fedel? Ben a ragione
|
||
paventar io ti veggio;
|
||
ma sappi…
|
||
Giunia
|
||
Ah ch'io qui sogno oppur vaneggio!
|
||
Giunia
|
||
Dèi pietosi, in questo istante
|
||
credo appena agli occhi miei.
|
||
Sposo amato, oddio, tu sei,
|
||
non m'inganna il troppo amor.
|
||
Cecilio
|
||
Non t'inganni, amata sposa:
|
||
rasserena il tuo bel ciglio.
|
||
Fa' che sprezzi il mio periglio
|
||
la costanza del mio cor.
|
||
a due
|
||
Dolce sposo|sposa, in tal momento
|
||
del passato mio tormento
|
||
la dolcezza è assai maggior!
|
||
Giunia
|
||
Del tiranno ai sguardi irati,
|
||
Deh ti cela, o mio tesoro.
|
||
Cecilio
|
||
No, la patria, il ben che adoro
|
||
vengo solo a vendicar.
|
||
Giunia
|
||
Troppo ardire…
|
||
Cecilio
|
||
Temi invano.
|
||
Giunia
|
||
Il destin…
|
||
Cecilio
|
||
…sarà felice.
|
||
Giunia
|
||
Il tiran…
|
||
Cecilio
|
||
…per questa mano
|
||
il suo sangue ha da versar.
|
||
a due
|
||
Ah se vana è tanta speme,
|
||
non paventi un cor romano:
|
||
col morir potremo insieme
|
||
tanti affanni terminar.
|
||
(Partono divisi.)
|
||
Fine dell'atto primo.
|
||
Avviso intorno al Ballo I
Il nuovo ballo, che ora si presenta, ha per soggetto il Solimano II o, se si vuole, la Francese Trionfante, per la prima volta immaginato ed esteso dal signor Marmontel in una delle sue bellissime novelle morali, poi dal signor Favart ridotto in commedia ad uso del teatro francese. Dall'una e dall'altra di queste opere dunque è ricavato il presente ballo; e se in alcuni luoghi avvien ch'egli si discosti dal dettaglio de' suoi originali, ciò è per adattare il soggetto stesso all'arte pantomima, la quale avendo le sue particolari bellezze, non è suscettibile di quelle che proprie sono delle altre arti sue sorelle. Chiunque avrà letto i due sopraccennanti lavori, vedrà quanto siasi studiato di conservar anche nel pantomimo la varietà de' caratteri e quella leggiadria che forma il ballo di un soggetto omai ammirato da tutta l'Europa. Coloro poi che non conoscono né la novella morale né la commedia suddetta sperasi nondimeno che fiano per trovarsi un'azione completa con un principio, un mezzo e un fine, coll'unità di tempo, di luogo ed azione tal quale la prescrivono i maestri dell'arte poetica. L'autore si è prefisso di far rappresentare, per quanto ha potuto, la commedia ballata nella sua semplicità, adorna di sé stessa ed ingentilita dalla danza, dalla pittura, dalla musica e dalla pompa degli abiti, tentando così d'imitare, benché rozzamente, quella venustà con cui siffatti lavori comparirono già nel teatro greco e romano. I cambiamenti che vi si trovano vengono tutti autorizzati o dall'uno o dall'altro de' sopraccennati componimenti. Il soggetto si adatta perfettamente all'arte pantomima e, se i colori de' quali l'autore si è servito non lo sfigurano, giova sperare che i veri conoscitori ne saranno contenti. |