Kritische Edition der Libretto-Vorlage       Diplomatische Übertragung der Libretto-Vorlage Neapel 1773 
SALMO XCIX
 
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SALMO CXIX.

ARGOMENTO

1Psalmus in confessione è il titolo che si è apposto a questo brieve ma elegante componimento. Secondo altrove si è avvertito, il confessio ed il confiteor dinotalaus, laudare, onde il Psalmus in confessione altro non è che un inno eucaristico che contiene lodi e ringraziamenti. Non so perché il siriaco interpetre lo riferisca alla guerra di Giosuè contro agli Amaleciti. Qui non si parla di guerra né di Giosuè, e forse è l'unico salmo in cui non si fa menzione di nemici né di pericoli né di affanni. Può adattarsi ad ogni festa che occorre nell'ebraico calendario, non essendoci accennata qualche particolar circostanza che ci costringa a ricercar scrupolosamente l'occasione in cui fu scritto; ci asterremo da lunghe note, poiché il testo è facile e la versione della volgata è ben chiara.

 

ARGOMENTO.

PSalmus in confessione è il titolo, che si è apposto a questo brieve, ma elegante componimento. Secondo altrove si è avvertito, il confessio, ed il confiteor, dinota laus, laudare: onde il Psalmus pro confessione altro non è, che un inno eucaristico, che contiene lodi, e ringraziamenti. Non so, perchè il Siriaco interpetre lo riferisca alla guerra di Giosuè contro agli Amaleciti. Quì non si parla di guerra, nè di Giosuè: e forse è l'unico salmo, in cui non si fa menzione di nemici, nè di pericoli, nè di affanni. Può adattarsi ad ogni festa, che occorre nell'Ebraico calendario, non essendoci accennata qualche particolar circostanza, che ci costringa a ricercar scrupolosamente l'occasione, in cui fu scritto; ci asterremo da lunghe note, poichè il testo è facile, e la versione della Volgata è ben chiara.

    12Iubilate Deo, omnis terra; servite Domino in lætitia.aServe di comentatore S. Paolo Ad Corinthos 2, cap. 9, v. 7: non ex tristitia aut necessitate; hilarem enim datorem diligit Deus. Ma questa ilarità, quest'allegrezza non è quella che dipende dal bel tempo, dalle conversazioni, da' festini: non in commessationibus aut ebrietatibus; è un'allegrezza di uno spirito non agitato da rimorsi che permette il sollevarsi al canto di un salmo, non languire a' sospiri di un'arietta.Lungi le cure ingrate,
 
F    (1)Jubilate Domino omnis terra, servite Domino in lætitia. (a)Serve di comentatore S. Paolo 2. Cor. c. 9. v. 7. Non ex tristitia, aut necessitate: hilarem enim datorem diligit Deus. Ma questa ilarità, quest'allegrezza non è quella, che dipende dal bel tempo, dalle conversazioni, da' festini: non in commessationibus, aut ebrietatibus: è un'allegrezza di uno spirito non agitato da rimorsi, che permette il sollevarsi al canto di un salmo, non languire a' sospiri di un'arietta. LUngi le cure ingrate,
ah! respirate omai:
 
Ah! respirate omai:
s'è palpitato assai,
 
S'è palpitato assai,
è tempo di goder.
 
È tempo di goder.
Dio non accoglie
 
Dio non accoglie
quei voti che dal cor lieto e sincero
 
Quei voti, che dal cor lieto, e sincero
liberi a lui non vanno: alfin siam servi
 
Liberi a lui non vanno: al fin siam servi
d'un Dio così grande, e noi gioir dobbiamo
 
D'un Dio così grande, e noi gioir dobbiamo
di questa servitù. 2(2)Introite in conspectu eius in exultatione.Venite al tempio,
 
Di questa servitù. (2)Introite in conspectu ejus in exultatione. Venite al tempio,
ei ci aspetta, e i bei carmi
 
Ei ci aspetta, e i bei carmi
udir da noi gli è grato. 33ScitotebEcco quel che dée sapersi: non glorietur sapiens in sapientia sua […], sed in hoc glorietur […] scire et nosse me dice Dio medesimo presso Geremia, cap. 9, v. 23-24; ma questa sapienza non si apprende da' libri: umiltà, fede, meditazione, nam oportet non quid sit Deus exprimere, sed quod sit affirmare, S. Isidoro di Pelusio, lib. 3, epistula 232.quoniam Dominus ipse est Deus; ipse fecit nos, et non ipsi nos.Eppur del tutto
 
Udir da noi gli è grato. (3)Scitote, (b)Ecco quel che dee sapersi, non glorietur sapiens in sapientia sua, sed in hoc glorietur scire, & nosse me, dice Dio medesimo presso Geremia c. 9. v. 37. ma questa sapienza non si apprende da' libri: umiltà, fede, meditazione, nam oportet non quid sit Deus, exprimere, sed quod sit affirmare. S. Isid. Pelus. l. III ep. 232.quoniam Dominus ipse est Deus, ipse fecit nos, & non ipsi nos. Eppur del tutto
egli è l'autor: dal nulla ei sol ci trasse,
 
Egli è l'autor: dal nulla Ei sol ci trasse,
ei sol vita ci diè, delle sue mani
 
Ei sol vita ci diè: delle sue mani
non del caso i mortali opra già sono,
 
Non del caso i mortali opra già sono,
e quel che a lui rendiam, tutto è suo dono.
 
E quel che a lui rendiam, tutto è suo dono.
4(3)Populus eius et oves pascuæ eius. 4Introite portas eius in confessione, atria eius in hymnis, confitemini illi.Ma fra tutti i mortali
 
(4)Populus ejus, & oves pascuæ ejus, introite portas ejus in confessione, atria ejus in hymnis, confitemini illi. Ma fra tutti i mortali
noi soli ei sceglie e sol di noi compone
 
Noi soli Ei sceglie, e sol di noi compone
un suo popol diletto,
 
Un suo popol diletto,
un'amata sua greggia, ed a' suoi paschi
 
Un'amata sua greggia, ed a' suoi paschi
ei qual pastor ci guida. Ah! qual or sia
 
Ei qual pastor ci guida. Ah! qual or sia
maraviglia, se poi
 
FMaraviglia, se poi
inni di lode esigerà da noi?
 
Inni di lode esigerà da noi?
Scarsa mercede a tanti doni! Entrate
 
Scarsa mercede a tanti doni! Entrate
dunque nel tempio e i più bei carmi unite
 
Dunque nel tempio, e i più bei carmi unite
di cetre e di salteri al dolce suono
 
Di cetre, e di salterj al dolce suono,
5a(4)Laudate nomen eius, 5quoniam suavis est Dominus,cS. Agostinonel libro 9, capitolo 1 delle sue confessioni sperimentò questa verità: Quam suave mihi subito factum est carere suavitatibus nugarum, et quas amittere metus fuerat, iam dimittere gaudium erat. Eiciebas enim eas a me tu, vera et summa suavitas, eiciebas et intrabas pro eis omni voluptate dulcior.e benedite il suo bel nome. Ancora
 
(5)Laudate nomen ejus, quoniam suavis est Dominus: (c)S. Agostino nel l. X. c. 1. delle sue confessioni sperimentò questa verità: Quam suave mihi subito factum est carere suavitatibus nugarum, & quas amittere metus fuerat, etiam dimittere gaudium erat. Ejiciebas enim eas a me tu, vera, & summa suavitas: ejiciebas, & intrabas pro eis omni voluptate dulcior. E benedite il suo bel nome. Ancora
voi nol sapete; amatelo, e vedrete
 
Voi nol sapete; amatelo, e vedrete
poi nel lodarlo come
 
Poi nel lodarlo, come
è dolce il replicar l'amato nome.
 
È dolce il replicar l'amato nome.
    5b(5)in æternum misericordia eiusMancheranno al sole i rai,
 
    [5]in æternum misericordia ejus: Mancheranno al Sole i rai,
l'onde al mar, l'arene al lido,
 
L'onde al mar, l'arene al lido,
ma non può mancar giammai,
 
Ma non può mancar giammai,
no, mio Dio, la tua pietà.
 
No, mio Dio, la tua pietà.
    5c(5)et usque in generationem et generationem veritas eius.Te verace e fido ognora
 
    [5]& usque in generationem, & generationem veritas ejus. Te verace, e fido ognora
ebber gli avi, i padri e noi:
 
Ebber gli avi, i padri, e noi:
tal t'avranno i figli ancora
 
Tal t'avranno i figli ancora,
e chi poi da lor verrà.
 
E chi poi da lor verrà.
SALMO CXIX
 
F
SALMO CXIX.

ARGOMENTO

Questo salmo, ch'è il primo tra i graduali, si crede comunemente che appartenga alla schiavitù babilonica e che ne sia chiara pruova il versetto quinto: si vedrà dalla nostra parafrasi che tal versetto si è mal inteso e che la scena di questo piccolo componimento non è fuor le mura di Gerusalemme. Davide, che n'è l'autore, si lagna del malcostume de' suoi tempi: è una querela ch'essendosi fatta sempre in tanti secoli, e facendosi tuttavia, dimostra che l'età dell'oro sia un sogno e che non ci sia necessità di supporre d'esser il mondo cambiato da quel di prima nel vederlo così corrotto, perché non fu mai forse migliore.
 

ARGOMENTO.

QUesto salmo, ch'è il primo tra i graduali si crede comunemente, che appartenga alla schiavitù Babilonica, e che ne sia chiara pruova il versetto quinto: si vedrà dalla nostra parafrasi, che tal versetto si è mal inteso, e che la scena di questo piccolo componimento non è fuor le mura di Gerusalemme. Davide, che n'è l'autore, si lagna del mal costume de' suoi tempi: è una querela, ch'essendosi fatta sempre in tanti secoli, e facendosi tuttavia, dimostra, che l'età dell'oro sia un sogno, e che non ci sia necessità di supporre d'esser il mondo cambiato da quel di prima nel vederlo così corrotto, perchè non fu mai forse migliore.

*Canticum graduum I. Vulgata: Canticum graduum.Cantico della scala. Primo tuono.

 

*Canticum graduum I.Cantico della scala. Primo tuono.

    11Ad Dominum cum tribularer clamavi, et exaudivit me.Alzai le flebili mie voci a Dio,
 
F    (1)Ad Dominum cum tribularer, clamavi, & exaudivit me. ALzai le flebili mie voci a Dio,
da' mali oppresso, né dall'empireo
 
Da' mali oppresso: nè dall'Empireo
sdegnò d'accogliere quel pianto mio.
 
Sdegnò d'accogliere quel pianto mio.
    22Domine, libera animam meam a labiis iniquis et a lingua dolosa."Tu da' maledici labbri", io dicea
 
    (2)Domine, libera animam meam a labiis iniquis, & a lingua dolosa. Tu da' maledici labbri (io dicea
mesto ed afflitto, "Signor, difendimi,
 
Mesto, ed afflitto) Signor, difendimi,
tu dall'insidiaIn der Erstausgabe von Saverio Matteis I libri poetici della Bibbia (Bd. 5, Neapel 1774, S. 13) steht das Wort „insidia“ im Plural („insidie“). Die Edition folgt hier der zweiten, leicht verbesserten Ausgabe (Bd. 6, Neapel 1773, S. 18) bzw. der druckgleichen dritten Ausgabe (= Opere, Bd. 6, Neapel 1779, S. 18) und belässt das Wort in Singular. di lingua rea."
 
Tu dall'insidia di lingua rea.
    33Quid detur tibi, aut quid apponatur tibi ad linguam dolosam?aL'ebreo ha quid dabitIn der Erstausgabe von Saverio Matteis I libri poetici della Bibbia (Bd. 5, Neapel 1774, S. 13) steht irrtümlicherweise „detur“ statt „dabit“. Die Edition folgt hier der zweiten, leicht verbesserten Ausgabe (Bd. 6, Neapel 1773, S. 18) bzw. der druckgleichen dritten Ausgabe (= Opere, Bd. 6, Neapel 1779, S. 18). tibi, aut quid apponet tibi, o lingua dolosa? Questa espressione ammette varie interpetrazioni, ma la più semplice e verisimile è quella da noi seguita: qual rimedio ci sarà contro di te, o lingua maledica, tu sei una saetta, un carbone ardente. Se non s'osserva questa apostrofe nella traduzione, è per far uno stile più continuato adattabile al nostro gusto, e così han fatto i Settanta ed il volgato; del resto il sentimento è ben chiaro. Gl'interpetri però han creduto che il versetto quarto contenga il rimedio per la lingua maledica, e l'han preso in buon senso; ma perché sagittæ acutæ, carbones desolatorii son termini troppo apparentemente odiosi e non posson essere intesi mai in buona parte, han creduto esserci un mistero. Ecco il Le Blanc (Psalmorum Davidicorum Analysis, Tomus sextus, Köln: Metternich 1726, S. 392): Sanctus Bonaventura per sagittas potentis acutas intellegit Verbum Dei incarnatum. Verbum, ait, dicitur sagitta. Nam pater tetendit arcum, quando promisit filium venientem, per Prophetam. Misit sagittam electam, ut dicit Isaias, quando misit eum incarnari. Ad quid? Ut sagittaret in obscuro rectos corde: id est, ut malos faceret bonos. (Questa è un'altra spiegazione falsa.) Hæc sagitta […] percutit prudenter. Nam Apostoli in prædicando habuerunt prudentiam. Vulnerat fortiter. Nam fortis est ut mors dilectio. Occidit salubriter. Unde Actorum decimo: Occide et manduca.Der letzte Teil des Zitats aus Thomas Le Blanc, Psalmorum Davidicorum Analysis, Tomus sextus, Köln: Metternich 1726, S. 392, ist in Matteis Kommentar leicht verändert wiedergegeben: "Unde occide et manduca in decimo capitolo Actorum."
Die Hervorhebungen im Zitat stammen von Mattei.
Mille altre notizie pellegrine si danno per quei carboni desolatorii, lo stesso Blanccitandoci S. Prospero, S. Bruno ed altri: carbones desolatorios tripliciter possis exponere (a tre a tre ci danno le interpetrazioni questi comentatori, tanto son fecondi a partorire) nempè Prophetas et Apostolos, actus contritionis, bona exempla charitatis: adde, si placet, (non è ancora stanco) explicationem […] de plagis atque supplicio Dei, quæ explicatio maxime litteralis videtur, aliæ tamenDas Zitat aus Thomas Le Blanc, Psalmorum Davidicorum Analysis, Tomus sextus, Köln: Metternich 1726, S. 392, ist hier in Matteis Kommentar leicht verändert wiedergegeben: "attamen aliæ". non sunt reiiciendæ. Che bella felicità è questa della lingua sacra che un vocabolo stesso possa dinotare l'apostolo, il profeta, l'atto di contrizione, il buon esempio di carità e l'eterno supplicio? Nell'ebreo è: sagittæ potentis, cioè militis, venatoris acutæ cum carbonibus iuniperorum, spinarum. L'original voce rethanim, רתנים, è d'incerta significazione, ma è certo un epiteto del carbone, e chi ci dà carbone di quercia, chi carbone di ginestro, ed i Settanta con libertà han detto τοῖς ἐρημικοῖς, carbonibus devastantibus, desolantibus, onde n'è nato il desolatoriis. Questa unione delle saette co' carboni ardenti può esser una sola immagine della saetta infocata ben nota nell'antichità; e posson esser due immagini diverse, alle quali si fa simile la lingua mormoratrice.
Alle calunnie malvagge e triste,
 
    (3)Quid detur tibi, aut quid apponatur tibi ad linguam dolosam. (a)L'Ebreo ha: quid dabit tibi, aut quid apponet tibi, o lingua dolosa? questa espressione ammette varie interpetrazioni, ma la più semplice, e verisimile è quella da noi seguita: qual rimedio ci sarà contro di te, o lingua maledica, tu sei una saetta, un carbone ardente. Se non s'osserva questa apostrofe nella traduzione, è per far uno stile più continuato adattabile al nostro gusto, e così han fatto i Settanta, ed il Volgato: del resto il sentimento è ben chiaro. Gl'interpetri però han creduto, che il versetto quarto contenga il rimedio per la lingua maledica, e l'han preso in buon senso: ma perchè sagittæ acutæ, carbones desolatorii son termini troppo apparentemente odiosi, e non posson essere intesi mai in buona parte, han creduto esserci un mistero. Ecco il le Blanc: Sanctus Bonaventura per sagittas potentis acutas intellegit verbum Dei incarnatum: verbum dicitur sagitta: nam pater tetendit arcum, quando promisit filium venientem per Prophetam: misit sagittam electam, ut dicit Isaias, quando misit eum incarnari; ad quid? ut sagittet in obscuro rectos corde, idest ut malos faceret bonos. (Questa è un'altra spiegazione falsa). Hæc sagitta, percutit prudenter: nam Apostoli in prædicando habuerunt prudentiam: vulnerat fortiter, nam fortis est, ut mors dilectio: occidit salubriter, unde, occide, & manduca in decimo cap. actorum. Mille altre notizie pellegrine si danno per quei carboni desolatorii: lo stesso Blanc citandoci S. Prospero, S. Bruno, ed altri, carbones desolatorios tripliciter possis exponere [a tre a tre ci danno le interpetrazioni questi comentatori, tanto son fecondi a partorire] nempe Prophetas, & Apostolos, actus contritionis, bona exempla caritatis: adde si placet [non è ancora stanco] explicationem de plagis, atque supplicio Dei, quæ explicatio maxime litteralis videtur, attamen aliæ non sunt rejiciendæ. Che bella felicità è questa della lingua sacra, che un vocabolo stesso possa dinotare, l'Apostolo, il Profeta, l'atto di contrizione, il buon esempio di carità, e l'eterno supplicio? Nell'Ebreo è: Sagittæ potentis, cioè militis, venatoris acutæ cum carbonibus juniperorum, spinarum. L'original voce rethanim רתנים è d'incerta significazione, ma è certo un epiteto del carbone, e chi ci dà carbone di quercia, chi carbone di ginestro, ed i Settanta con libertà han detto τοις ερημικοιςcarbonibus devastantibus, desolantibus, onde n'è nato il desolatoriis. Questa unione delle saette co' carboni ardenti può esser una sola immagine della saetta infocata ben nota nell'antichità; e posson esser due immagini diverse, alle quali si fa simile la lingua mormoratrice. Alle calunnie malvagge, e triste,
alle menzogne di lingua perfida
 
Alle menzogne di lingua perfida
chi mai può reggere, chi mai resiste?
 
Chi mai può reggere, chi mai resiste?
    44Sagittæ potentis acutæ cum carbonibus desolatoriis.Quelli che mormora buggiardi accenti
 
F    (4)Sagittæ potentis acutæ, cum carbonibus desolatoriis. Quelli, che mormora buggiardi accenti
son quai vibrati dardi acutissimi,
 
Son quai vibrati dardi acutissimi,
son quai terribili carboni ardenti.
 
Son quai terribili carboni ardenti.
    55Heu mihi, quia incolatus meus prolongatus est! Habitavi cum habitantibus Cedar;bIl prolungatus est è traduzione del nome proprio Mosoch o Misch ch'è nell'ebreo: Heu mihi, quia incolo Mosch, come factus est in pace locus eius invece di dirsi in Salem, come sicut in exacerbatione secundum diem tentationis invece di conservarsi il nome proprio in Meriba e tanti esempi di che si è parlato nel capitolo 4 della Dissertazione preliminare. L'essersi tradotto il nome proprio e fattosene un aggiunto all'incolatus ha fatto credere che incolatus meus prolongatus est esprima le querele de' miseri prigionieri da lungo tempo dimoranti in Babilonia. Ma così si toglie ogni vaghezza del sentimento: il salamita, dopo che descrive la barbarie de' suoi nemici, esclama: io dove sono? Sono in Gerusalemme? Son fra gli arabi? Sono fra i moscoviti? Questa interpetrazione semplicissima toglie l'imbarazzo agl'interpetri di ritrovare una schiavitù ne' paesi di Mosc e di Cedar, quando fu in Babilonia, e non perturba tutta la geografia antica con situar quei paesi in luoghi ne' quali furono condotti gli ebrei. Cedar secondo la comune opinione è l'Arabia; Mosoch è il paese de' discendenti di Mosc, uno de' figli d'Jafet, come s'ha nel capitolo 10 delGenesi, e da lui vennero i moschi, o moscoviti, che abitaron da prima quella parte della Moscovia che più si stende nell'Asia e poi s'inoltrarono in Europa. Questa oggi culta nazione non ha di che maravigliarsi s'è qui posta per un esempio di nazione barbara, poiché primieramente si tratta presso a trenta secoli addietro, quando erano inculte anche altre nazioni dominanti: e quanti secoli dopo da' romani si chiamavan barbari, inculti gl'inglesi, i tedeschi? I greci chiamavan barbare tutte le nazioni; gli ebrei disprezzavan tutti, e qualunque più culto popolo che non avea la vera religione era per gli Ebrei un'adunanza di fiere; vedi nel fine del quarto tomo una mia lettera all'Abate Tournersu di questo proposito. Non rendiamo al presente il cambio a' poveri ebrei: poiché per esprimere il mal costume della gente diciamo tutto giorno o Dio! e che siamo fra gli ebrei!In der Erstausgabe von Saverio Matteis I libri poetici della Bibbia (Bd. 5, Neapel 1774, S. 15) steht am Ende des Satzes ein Fragezeichen anstelle des Ausrufezeichens. Die Edition folgt hier der zweiten, leicht verbesserten Ausgabe (Bd. 6, Neapel 1773, S. 20) bzw. der druckgleichen dritten Ausgabe (= Opere, Bd. 6, Neapel 1779, S. 20) und belässt das Ausrufezeichen.6multum incola fuit anima meacL'interpunzione di questi versetti si è alterata sull'idea che qui si parlasse veramente della schiavitù. L'ebreo ha nimis habitavit anima mea, cum his qui oderunt pacem: questa è la risoluzione d'un ch'era stanco del costume già corrotto in Gerusalemme. Siegue l'ebreo con ammirabile semplicità: ego pax, et cum loquar, ipsi bellum. I Settanta e la volgata per chiarezza han fatta una parafrasi di queste poche ben pesanti parole..O tempi barbari! Qual aura, o Dio,
 
F    (5)Heu mihi, quia incolatus meus prolongatus est! habitavi cum habitantibus Cedar: (b)Il prolungatus est è traduzione del nome proprio Mosoch, o Misch, ch'è nell'Ebreo: Heu mihi, quia incolo Mosch, come factus est in pace locus ejus, in vece di dirsi in Salem, come sicut in exacerbatione secundum diem tentationis, in vece di conservarsi il nome proprio, in Meriba, e tanti esempj, di che si è parlato nel cap. IV. della Dissert. prelim. L'essersi tradotto il nome proprio, e fattosene un aggiunto all'incolatus ha fatto credere, che incolatus meus prolongatus est esprima le querele de' miseri prigionieri da lungo tempo dimoranti in Babilonia. Ma così si toglie ogni vaghezza del sentimento: il Salamita dopo che descrive la barbarie de' suoi nemici, esclama, io dove sono? sono in Gerusalemme? son fra gli Arabi? sono fra i Moscoviti? Questa interpetrazione semplicissima toglie l'imbarazzo agl'interpetri di ritrovare una schiavitù ne' paesi di Mosc, e di Cedar, quando fu in Babilonia, e non perturba tutta la geografia antica con situar quei paesi in luoghi, ne' quali furono condotti gli Ebrei. Cedar, secondo la comune opinione, è l'Arabia: Mosoch è il paese de' discendenti di Mosc uno de' figli d'Jafet, come s'ha nel cap. 10 del Genesi, e da lui vennero i Moschi, o Moscoviti, che abitaron da prima quella parte della Moscovia, che più si stende nell'Asia, e poi s'inoltrarono in Europa. Questa oggi culta nazione non ha di che maravigliarsi, s'è quì posta per un esempio di nazione barbara, poichè primieramente si tratta presso a trenta secoli addietro, quando erano inculte anche altre nazioni dominanti: e quanti secoli dopo da' Romani si chiamavan barbari, inculti gl'Inglesi, i Tedeschi? I Greci chiamavan barbare tutte le nazioni: gli Ebrei disprezzavan tutti, e qualunque più culto popolo, che non avea la vera religione, era per gli Ebrei un'adunanza di fiere; vedi nel fine del quarto tomo una mia lettera all'Ab. Tourner su di questo proposito. Non rendiamo al presente il cambio a' poveri Ebrei: poichè per esprimere il mal costume della gente, diciamo tutto giorno, o Dio! e che siamo fra gli Ebrei!
multum incola fuit anima mea(c)L'interpunzione di questi versetti si è alterata sull'idea, che quì si parlasse veramente della schiavitù. L'Ebreo ha, nimis habitavit anima mea, cum his, qui oderunt pacem: questa è la risoluzione d'un ch'era stanco del costume già corrotto in Gerusalemme. Siegue l'Ebreo con ammirabile semplicità: ego pax, & cum loquar, ipsi bellum. I Settanta, e la Volgata, per chiarezza han fatta una parafrasi di queste poche ben pesanti parole..
O tempi barbari! qual aura, o Dio,
quest'è ch'io spiro! Sono in Arabia?
 
Quest'è ch'io spiro! sono in Arabia?
Sono in Moscovia? Dove son io?In der Erstausgabe von Saverio Matteis I libri poetici della Bibbia (Bd. 5, Neapel 1774, S. 14) steht am Ende des Satzes ein Ausrufezeichen anstelle des Fragezeichens. Die Edition folgt hier der zweiten, leicht verbesserten Ausgabe (Bd. 6, Neapel 1773, S. 20) bzw. der druckgleichen dritten Ausgabe (= Opere, Bd. 6, Neapel 1779, S. 20) und belässt das Fragezeichen.
 
Sono in Moscovia? dove son io?
    Vorrei fuggirmene: son stanco omai
 
F    Vorrei fuggirmene: son stanco omai
67Cum his qui oderunt pacem eram pacificus; cum loquebar illis, impugnabant me gratis.di più restarmi con gente perfida,
 
(6)Cum his, qui oderunt pacem,
Eram pacificus, cum loquebar illis, impugnabant me gratis.
Di più restarmi con gente perfida,
che sempre suscita discordie e guai.
 
Che sempre suscita discordie, e guai.
    E pur conoscono che giova ed è
 
    E pur conoscono, che giova, ed è
util la pace; ma non la vogliono
 
Util la pace: ma non la vogliono,
sol perché veggono che piace a me.
 
Sol perchè veggono, che piace a me.