MITRIDATE

RE DI PONTO

vincitor di sé stesso


DRAMA DA CANTARSI

nel celebre Teatro Grimani in S. Giovanni Grisostomo
nel carnevale MDCCXXIII.

Di MERINDO FESANIO PAST. ARC.PASTORE ARCADE

IN VENEZIA, MDCCXXIII.
Appresso Marino Rossetti, in Merceria all'Insegna della Pace.
Con licenza de' superiori e privilegio.
 
 


AGL'UDITORI

Mitridate, re di Ponto, acerrimo nemico de' Romani, è nelle storie assai celebre per molte virtù, per molti vizi, per il valor militare e per le sue stesse sconfitte, onde si segnalarono nella memoria de' secoli tre gloriosi capitani: Silla, Lucullo e Pompeo. Anche nella etate più grave egli fu molto inclinato agl'amori, ne' quali, come nelle altre sue azioni, dimostrossi violento, accorto, dissimulatore e geloso. Da due mogli ebbe figliuoli: dalla prima Farnace, che dopo la di lui morte fu vinto da Giulio Cesare; e da Stratonica Sifare, il quale, in odio alla madre ribelle, credono alcuni autori che sia stato fatto morire. Questa Stratonica, rinomata per il di lei tradimento, consegnò a Pompeo una delle città più importanti dell'Asia, dove custodivansi gl'immensi tesori di Mitridate; e ciò per guadagnare al proprio figlio il favore di quel potente ed autorevol romano. Nel mentre continuavano le ferocissime guerre, s'innamorò ardentemente Mitridate, nell'Isola di Efeso soggetta allora al suo impero, di bellissima greca nominata Monime da Plutarco, ed Ismene nel dramma, la quale, quantunque sollecitata colle più strette lusinghe, non lasciossi mai vincere dalli di lui appassionati capricci, ma solo per comando del proprio padre accordògli col titolo di reina le nozze. Dopo tali promesse, spedita da Mitridate sotto stretta custodia nel Bosforo Cimmerio, annoiata Ismene del presente suo stato, incontrò nel di lui ritorno da l'Eufrate, dove era stato totalmente sconfitto, il furore d'una barbara gelosia: cosicché alla comparsa dell'eunuco mandato dal re ad intimarle la morte, tentò ella di strozzarsi colle bende del regio diadema, che le se ruppero nelle mani. Mitridate, dopo vari accidenti e mutazioni di cose, disperato finalmente di vincere i suoi nemici, e concepito vanamente l'audace pensiero di spinger la guerra, come accennano Plutarco, Floroe Dione Cassio, sino alle porte di Roma; non essendogli riuscito di darsi la morte col veleno, al quale avea assuefatto fino da gl'anni primieri lo stomaco, s'uccise col ferro. Da questi storici elementi compose, con qualche accidentale variazione, Racinepoeta francese la tragedia, la quale mi sono proposta per modello di questo musicale mio dramma. Supponesi in questo: che Mitridate, e per prudenza militare e per amorosa gelosia, dopo aver spedita l'amata Ismene a Ninfea, avesse prescritto ai figli, Farnace e Sifare, li quali prima di lui, ma con diversa passione, eransi di quella greca invaghiti, di non abbandonare a qualunque evento i regni di Ponto destinato al primo, e di Colco al secondo, minacciati dall'armi romane. Si suppone che vinto Mitridate su l'Eufrate, ed occultamente fugito, si spargesse fama per tutta l'Asia della sua morte; onde Farnace da Ponto si spignesse immediatamente a Ninfea, per impossessarsi particolarmente d'Ismene; e che Sifare pure da Colco, e coll'oggetto degl'onesti suoi amori, e colla ragione tenuta su quella provincia dipendente dal regno toccatogli in parte, si trasferisse a quella stessa fortezza, guardata da Arbate. Si suppone inoltre che Farnace tenesse occulte pratiche coi Romani; e che Sifare, benché figlio di Stratonica, fosse loro irreconciliabilmente nemico. Fingesi che Farnace si fosse accostato a Ninfea colla scorta de' Romani, da' quali l'Asia era già circondata, e con la compagnia di certa Clelia sotto nome di Lepido, alla quale avesse egli dato fede di sposo nell'occasione che si rileva nel dramma; che Clelia sia poi riconosciuta e dai segni e da silogismo, per Edelvira figlia di Mitridate nata di Stratonica, e da questa consegnata proditoriamente tra le fasce a Pompeo allora che consegnò in di lui potere i tesori dell'Asia; che Mitridate, allora che approdò inaspettato al porto di Ninfea con navili e con truppe raccolte su l'Eusino per ripigliare la guerra, seco pur conducesse Irene reina de' Parti confederata, coll'oggetto di renderla sposa ad uno de' figli, li quali avea in quella sua navigazione saputo che là s'aveano ridotti. Tutto ciò resta veramente indicato, come è l'obbligo del poeta, nelle prime scene del drama; ma ho voluto antiporne il proemio, per minor pena dell'uditore assiso nel teatro fra le piacevoli distrazioni dell'occhio e dell'orecchio. All'incontro delle persone dramatiche leggeransi li loro caratteri; Non so poi se mi sarà riuscito di sostenerli. Gl'episodi d'Irene e di Clelia, come sono verisimili, sono pure poco meno che necessari al presente intreccio e all'azione principale del dramma, ancorché non si leggano espressamente inseriti nella tragedia di Racine, della quale non è questa né poteva essere una semplice traduzione; ma sopra ciò non mi dilungo, perché vano ed importuno sarebbe il farne qui una lezione o una apologia. Ho apposto questa volta sul frontispicio il titolo generico di drama, piuttosto che lo specifico di tragedia, per non turbare col vocabolo la fantasia dolcissima dei spettatori; E ne ho fatta la ripartizione in tre atti, bastandomi che intrinsicamente sianvi combinate le cinque essenziali parti necessarissime alla costituzione del poema dramatico.
 
 


LA SCENA
È Ninfea, porto di mare nel Bosforo Cimmerio.

L'AZIONE
È Mitridate che vince sé stesso, e col barbaro eroismo di ferirsi a morte, dopo l'improvisa vittoria contro i Romani, per non sopravivere a nuovi infortuni di guerra, e col cedere sinceramente al benemerito figlio l'amata Ismene, e col donare un magnanimo perdono al figlio ribelle in grazia d'Irene, che lo dichiara suo sposo, e di Clelia riconosciuta per Edelvira di lui sorella.
 
 


PERSONE DRAMATICHE

Mitridate, re di Ponto. Feroce, dissimulatore e geloso.


Ismene, vergine greca. Accordatagli in Efeso dal di lei padre in isposa. Costante, risentita ed eroicamente amorosa.


Irene, vedova giovanetta, reina dei Parti ausiliari di Mitridate. Indeterminata nelle sue simpatie e desiderosa di sposo per tutela dei propri stati.


Farnace, figlio di Mitridate, nato della prima moglie. Amico de' Romani. Amante disperato d'Ismene e di spiriti sediziosi.


Sifare, figlio di Mitridate, nato di Stratonica ribelle del marito. Fedele al padre e virtuosamente innamorato d'Ismene.


Clelia, in abito virile sotto nome di Lepido romano. Riconosciuta per Edelvira, figlia di Mitridate, nata di Stratonica ed a lei consegnata bambina co' tesori dell'Asia a Pompeo. D'indole guerriera ed audace.


Arbate, governatore di Ninfea. Vassallo di buona fede.

 
 

Componitore della musica è il signor abate Giammaria Capello, maestro di capella del Serenissimno Principe Antonio di Parma.
 
 


Li virtuosi cantanti sono:

La signora Marianna Laurenzana,

virtuosa del Serenissimo Principe d'Armestat.

Soprano Ismene
La signora Madalena Selvai,

virtuosa di Sua Maestà il re di Polonia.

Soprano Irene
La signora Lucia Lancetta. Contralto Clelia
Il signor Antonio Pasi. Soprano Sifare
Il signor Antonio Bernachi,

virtuoso di camera di S. A. S.Sua Altezza Serenissima Elettor di Baviera.

Contralto Mitridate
Il signor Antono Baldi da Cortona. Contralto Farnace
Il signor Antonio Francesco Carli,

servitore di S. A. S.Sua Altezza Serenissima di Toscana.

Basso Arbate
 
 


SCENE MUTABILI E MACHINA

Inventate e dirette dalli signori Giuseppe e Domenico fratelli Valeriani di Roma.

NELL'ATTO PRIMO

Piazza con portici.

Tempio di Venere e d'Imeneo.

Porto di mare.

 
 

NELL'ATTO SECONDO

Camera regia.

Campagna vasta e deliziosa con selva che viene troncata.
 
 

NELL'ATTO TERZO

Interiore di baloardo.

Fabbriche reali con ponte ed archi sopra palude.

Appartamento rimoto.

Cortile regio che cambiasi in ampio anfiteatro trionfale.

Machina rappresentante l'Asia in trionfo ed in festa, con la reggia dei dèi apparente dentro una nuvolosa.


Li balli sono inventati dal signor Gaetano Testagrossa.