SCENA X
 
 
Nell'aprirsi della scena, preceduto intanto dalle sue guardie e portato sopra una spezie di cocchio formato dall'intreccio di vari scudi, si avanza Mitridate ferito. Gli vengono al fiancoSifare ed Arbate, e lo siegue il rimanente delle milizie.
 
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Recitativo
 
 
Mitridate
 
 
Figlio, amico, non più. La sorte mia
 
 
dall'amor vostro esige altro che pianto.
 
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Se morte intempestiva
 
 
tronca i disegni miei, se a Mitridate
 
 
spirar più non è dato
 
 
come bramò dell'arsa Roma in seno,
 
 
brando straniero almeno
 
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non ha l'onor del colpo. Ei cade estinto,
 
 
ma di sua mano, e vincitor, non vinto.
 
 
Sifare
 
 
Perché, avverso destino,
 
 
atto sì disperato
 
 
prevenir non potei!
 
 
Mitridate
 
 
Per tempo ancora
 
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giungesti, o figlio. Hanno i miei sguardi estremi
 
 
la tua fé rimirata e 'l tuo valore.
 
 
Per te prostrate al suolo
 
 
giaccion l'aquile altere.
 
 
Presso a cader poc'anzi
 
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del nemico in poter ebbi in orrore,
 
 
che pria morir che d'incontrarla elessi.
 
 
Potessi almen, potessi
 
 
egual premio a tant'opre…
 
 
SCENA XI
 
 
Aspasia e detti.
 
 
Recitativo
 
 
Mitridate
 
 
Ah vieni, o dolce
 
 
dell'amor mio tenero oggetto e scopo
 
  1000
di mie furie infelice. Ad esse il cielo
 
 
non invan ti sottrasse, e puoi tu sola
 
 
scontar gli obblighi miei. Scarsa mercede
 
 
sarebbe a un figlio tal scettro e corona
 
 
senza la destra tua. Dal grato padre
 
  1005
l'abbia egli in dono, e possa eterno obblio
 
 
fra tantoAlternative Schreibweise nach dem Erstdruck des Librettos:
frattanto
cancellar dai vostri cori
 
 
la memoria crudel de' miei furori.
 
 
Aspasia
 
 
Vivi, o signor, e ad ambi almen conserva,
 
 
se felici ne vuoi,
 
  1010
il maggior d'ogni ben ne' giorni tuoi.
 
 
Mitridate
 
 
Già vissi, Aspasia. Omai provvedi, o figlio,
 
 
alla tua sicurezza.
 
 
Sifare
 
 
Ah lascia, o padre,
 
 
che pria sul reo Farnace
 
 
vada a punir…
 
 
SCENA XII
 
 
Ismene con Farnace che si getta a' piedi di Mitridate, e detti.
 
 
Recitativo
 
 
Ismene
 
 
Reo non si chiami, o sire,
 
  1015
chi reca illustri prove al regio piede
 
 
del pentimento suo, della sua fede.
 
 
Opra son di Farnace
 
 
quegl'incendi che miri. Egli di Roma
 
 
volse in danno quell'armi
 
  1020
e quella libertà ch'ebbe da lei,
 
 
né per tornare innanzi
 
 
col bel nome di figlio al padre amato
 
 
ebbe rossor di diventarle ingrato.
 
 
Mitridate
 
 
Numi, qual nuova è questa
 
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gioia per me! Sorgi, o Farnace, e vieni
 
 
agli amplessi paterni.
 
 
(Si alza Farnace e bacia al padre la mano.)
 
 
Già rendo a te la tenerezza mia.
 
 
Basta così: moro felice appieno.
 
 
(Vien portato dentro la scena.)
 
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N° 25 Coro
 
 
Aspasia, Sifare, Ismene, Arbate, Farnace
 
     
 
    Non si ceda al Campidoglio,
 
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si resista a quell'orgoglio
 
 
che frenarsi ancor non sa.
 
     
 
    Guerra sempre e non mai pace
 
 
da noi abbia un genio altero
 
 
che pretende al mondo intero
 
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d'involar la libertà.
 
 
FINE DEL DRAMMA.