SALMO XCVI
 
 

ARGOMENTO

Con vivi colori si dipinge la venuta di Dio nel mondo per aiutar il suo popolo e per giudicar le inique azioni di coloro che lo tenevano oppresso. I padri han veduto qui troppo chiaramente espressa e la prima e la seconda venuta del Figliuol di Dio, e bisogna dire che questo è un di quei salmi in cui il senso letterale è un'immagine poetica ed il senso spirituale una verità storica incontrastabile. Non ci è titolo nell'ebreo e ne' migliori codici greci: quel che si legge nella volgata, 1Psalmus DavidVulgata: Huic David, quando terra eius restituta est, è di tempi posteriori e può applicarsi così al pacifico suo possesso del regno dopo la morte di Saulle come alla libertà data a' prigionieri in Babilonia, non meno che il salmo antecedente e l'altro che seguirà.

 
 
1(1)Dominus regnavit, exultet terra, lætentur insulæ multæ.Ecco il tempo aspettato, ecco a regnare
 
 
il nostro Dio sen vien; tutta festeggi
 
 
lieta la terra, e fin le più lontane
 
 
isole sconosciute
 
 
dien di giubilo un segno:
 
 
ecco del nostro Dio già questo è il regno.
 
 
22Nubes et caligo in circuitu eius; iustitia et iudicium correctio sedis eius.aÈ un poco oscuro il correctio: l'ebreo ha מכון, firmitas, basis sedis eius, e perciò si è da noi tradotto sostengo. Nel salmo antecedente, v. 10, ove la volgata ha etenim correxit orbem terræ, qui non commovebitur, occorre il verbo della stessa radice nel testo, ed ognun vede che dée intendersi firmavit orbem terræ, qui non commovebitur.Mirate! ei scende: o qual il copre intorno
 
 
di caligine densa oscura nube!
 
 
Verrà, sedrà sul trono, e del suo soglio
 
 
la giustizia il sostegno,
 
 
la sapienza sarà. 33Ignis ante ipsum præcedet, et inflammabit in circuitu inimicos eius.Qual gli precede
 
 
nunzio d'orrore e di spavento! Un globo
 
 
di fiamme e di faville i suoi nemici
 
 
strugge, abbatte, divora; e così fia
 
 
libera e aperta al mio Signor la via.
 
     
 
    44Illuxerunt fulgura eius orbis terræ; vidit, et commota est terra.Parmi che un fosco velo
 
 
ci tolga agli occhi il giorno,
 
 
mirasi intorno il cielo
 
 
torbido lampeggiar.
 
     
 
    Trema, resiste appena
 
 
la terra in tanto orrore,
 
 
a sì funesta scena
 
 
comincia a vacillar.
 
 
55Montes sicut cera fluxerunt a facie Domini, a facie Domini omnis terra.Come una cera al foco
 
 
si dileguano i monti in faccia a lui
 
 
che del mondo è Signor. 66Adnuntiaverunt cæli iustitiam eius, et viderunt omnes populi gloriam eius.Più dubbio alcuno
 
 
non v'ha, già viene a giudicarne: il cielo
 
 
chiari segni ne dà. Tutti nel mondo
 
 
del glorioso arrivo
 
 
testimoni saran. 77Confundantur omnes qui adorant sculptilia et qui gloriantur in simulacris suis.Confusi e mesti
 
 
resteran gl'infelici,
 
 
che idoli vani e dei bugiardi han sempre
 
 
stolti invocato, 8(7)Adorate eum, omnes angeli eius.bAdorent eum omnes angeli eius dice il testo Ebreo, e così il riferisce S. PaoloAd Hebreos, cap. 1, v. 6, non essendo troppo opportuna l'apostrofe adorate. Elohim, ch'è nel testo, è la solita voce ch'esprime gli angioli, gli dèi, i principi, i giudici: noi in vari luoghi le abbiam dato varie interpetrazioni; qui abbiam ritenuto la versione della volgata, anche per l'autorità di S. Paoloe per esser meglio adattata alla sommessione degli angioli al Verbo, di cui troppo svelatamente si parla nel salmo.8Audivit, et lætata est Sion.allor che al nostro Dio
 
 
vedran gli angioli stessi
 
 
piegar la testa e venerarlo. Ah! quale,
 
 
qual sarà di Sionne allor la gioia,
 
 
del suo re, del suo Dio
 
 
le glorie in ascoltar. 9(8)Et exultaverunt filiæ Iudæ propter iudicia tua, Domine.Di Giuda oppresso
 
 
finor le figlie, al solo udir che alfine
 
 
tu vieni a giudicar, libere almeno
 
 
tornano a respirar: ché san per prova
 
 
la tua giustizia e la potenza, 109Quoniam tu Dominus altissimus super omnem terram, nimis exaltatus es super omnes deos.cQui l'elohim mi par che meglio si debba intendere de' giudici, quasi Dio fosse un giudice di appellazione, superiore a' giudici del mondo.il mondo
 
 
sottoposto è a' tuoi piedi, e questi in terra
 
 
giudici iniqui indegni
 
 
pendono da' cenni tuoi,
 
 
e i lor giudizi or rivocar tu puoi.
 
 
1110Qui diligitis Dominum, odite malum; custodit Dominus animas sanctorum suorum, de manu peccatoris liberabit eos.Fuggite, ah! sì, fuggite
 
 
dall'orror della colpa, o voi che in seno
 
 
rispetto, amor nudrite
 
 
pel vostro Dio. Se un cor sincero e puro
 
 
chiudete in petto, ah! non temete i vani
 
 
sforzi d'un empio usurpator tiranno:
 
 
Dio v'aita e v'assiste in ogni affanno.
 
     
 
    1211Lux orta est iusto, et rectis corde lætitia.Tra l'oscure ombre funeste
 
 
splende al giusto il ciel sereno,
 
 
serba ancor nelle tempeste
 
 
la sua pace un fido cor.
 
     
 
    1312Lætamini, iusti, in Domino et confitemini memoriæ sanctificationis eius.Alme belle, ah! sì, godete,
 
 
né alcun fia che turbi audace
 
 
quella gioia e quella pace
 
 
di cui solo è Dio l'autor.
 
 
SALMO XCIX
 
 

ARGOMENTO

1Psalmus in confessione è il titolo che si è apposto a questo brieve ma elegante componimento. Secondo altrove si è avvertito, il confessio ed il confiteor dinotalaus, laudare, onde il Psalmus in confessione altro non è che un inno eucaristico che contiene lodi e ringraziamenti. Non so perché il siriaco interpetre lo riferisca alla guerra di Giosuè contro agli Amaleciti. Qui non si parla di guerra né di Giosuè, e forse è l'unico salmo in cui non si fa menzione di nemici né di pericoli né di affanni. Può adattarsi ad ogni festa che occorre nell'ebraico calendario, non essendoci accennata qualche particolar circostanza che ci costringa a ricercar scrupolosamente l'occasione in cui fu scritto; ci asterremo da lunghe note, poiché il testo è facile e la versione della volgata è ben chiara.

 
     
 
    12Iubilate Deo, omnis terra; servite Domino in lætitia.aServe di comentatore S. Paolo Ad Corinthos 2, cap. 9, v. 7: non ex tristitia aut necessitate; hilarem enim datorem diligit Deus. Ma questa ilarità, quest'allegrezza non è quella che dipende dal bel tempo, dalle conversazioni, da' festini: non in commessationibus aut ebrietatibus; è un'allegrezza di uno spirito non agitato da rimorsi che permette il sollevarsi al canto di un salmo, non languire a' sospiri di un'arietta.Lungi le cure ingrate,
 
 
ah! respirate omai:
 
 
s'è palpitato assai,
 
 
è tempo di goder.
 
 
Dio non accoglie
 
 
quei voti che dal cor lieto e sincero
 
 
liberi a lui non vanno: alfin siam servi
 
 
d'un Dio così grande, e noi gioir dobbiamo
 
 
di questa servitù. 2(2)Introite in conspectu eius in exultatione.Venite al tempio,
 
 
ei ci aspetta, e i bei carmi
 
 
udir da noi gli è grato. 33ScitotebEcco quel che dée sapersi: non glorietur sapiens in sapientia sua […], sed in hoc glorietur […] scire et nosse me dice Dio medesimo presso Geremia, cap. 9, v. 23-24; ma questa sapienza non si apprende da' libri: umiltà, fede, meditazione, nam oportet non quid sit Deus exprimere, sed quod sit affirmare, S. Isidoro di Pelusio, lib. 3, epistula 232.quoniam Dominus ipse est Deus; ipse fecit nos, et non ipsi nos.Eppur del tutto
 
 
egli è l'autor: dal nulla ei sol ci trasse,
 
 
ei sol vita ci diè, delle sue mani
 
 
non del caso i mortali opra già sono,
 
 
e quel che a lui rendiam, tutto è suo dono.
 
 
4(3)Populus eius et oves pascuæ eius. 4Introite portas eius in confessione, atria eius in hymnis, confitemini illi.Ma fra tutti i mortali
 
 
noi soli ei sceglie e sol di noi compone
 
 
un suo popol diletto,
 
 
un'amata sua greggia, ed a' suoi paschi
 
 
ei qual pastor ci guida. Ah! qual or sia
 
 
maraviglia, se poi
 
 
inni di lode esigerà da noi?
 
 
Scarsa mercede a tanti doni! Entrate
 
 
dunque nel tempio e i più bei carmi unite
 
 
di cetre e di salteri al dolce suono
 
 
5a(4)Laudate nomen eius, 5quoniam suavis est Dominus,cS. Agostinonel libro 9, capitolo 1 delle sue confessioni sperimentò questa verità: Quam suave mihi subito factum est carere suavitatibus nugarum, et quas amittere metus fuerat, iam dimittere gaudium erat. Eiciebas enim eas a me tu, vera et summa suavitas, eiciebas et intrabas pro eis omni voluptate dulcior.e benedite il suo bel nome. Ancora
 
 
voi nol sapete; amatelo, e vedrete
 
 
poi nel lodarlo come
 
 
è dolce il replicar l'amato nome.
 
     
 
    5b(5)in æternum misericordia eiusMancheranno al sole i rai,
 
 
l'onde al mar, l'arene al lido,
 
 
ma non può mancar giammai,
 
 
no, mio Dio, la tua pietà.
 
     
 
    5c(5)et usque in generationem et generationem veritas eius.Te verace e fido ognora
 
 
ebber gli avi, i padri e noi:
 
 
tal t'avranno i figli ancora
 
 
e chi poi da lor verrà.
 
 
SALMO CXIX
 
 

ARGOMENTO

Questo salmo, ch'è il primo tra i graduali, si crede comunemente che appartenga alla schiavitù babilonica e che ne sia chiara pruova il versetto quinto: si vedrà dalla nostra parafrasi che tal versetto si è mal inteso e che la scena di questo piccolo componimento non è fuor le mura di Gerusalemme. Davide, che n'è l'autore, si lagna del malcostume de' suoi tempi: è una querela ch'essendosi fatta sempre in tanti secoli, e facendosi tuttavia, dimostra che l'età dell'oro sia un sogno e che non ci sia necessità di supporre d'esser il mondo cambiato da quel di prima nel vederlo così corrotto, perché non fu mai forse migliore.
 
 

*Canticum graduum I. Vulgata: Canticum graduum.Cantico della scala. Primo tuono.

 
     
 
    11Ad Dominum cum tribularer clamavi, et exaudivit me.Alzai le flebili mie voci a Dio,
 
 
da' mali oppresso, né dall'empireo
 
 
sdegnò d'accogliere quel pianto mio.
 
     
 
    22Domine, libera animam meam a labiis iniquis et a lingua dolosa."Tu da' maledici labbri", io dicea
 
 
mesto ed afflitto, "Signor, difendimi,
 
 
tu dall'insidiaIn der Erstausgabe von Saverio Matteis I libri poetici della Bibbia (Bd. 5, Neapel 1774, S. 13) steht das Wort „insidia“ im Plural („insidie“). Die Edition folgt hier der zweiten, leicht verbesserten Ausgabe (Bd. 6, Neapel 1773, S. 18) bzw. der druckgleichen dritten Ausgabe (= Opere, Bd. 6, Neapel 1779, S. 18) und belässt das Wort in Singular. di lingua rea."
 
     
 
    33Quid detur tibi, aut quid apponatur tibi ad linguam dolosam?aL'ebreo ha quid dabitIn der Erstausgabe von Saverio Matteis I libri poetici della Bibbia (Bd. 5, Neapel 1774, S. 13) steht irrtümlicherweise „detur“ statt „dabit“. Die Edition folgt hier der zweiten, leicht verbesserten Ausgabe (Bd. 6, Neapel 1773, S. 18) bzw. der druckgleichen dritten Ausgabe (= Opere, Bd. 6, Neapel 1779, S. 18). tibi, aut quid apponet tibi, o lingua dolosa? Questa espressione ammette varie interpetrazioni, ma la più semplice e verisimile è quella da noi seguita: qual rimedio ci sarà contro di te, o lingua maledica, tu sei una saetta, un carbone ardente. Se non s'osserva questa apostrofe nella traduzione, è per far uno stile più continuato adattabile al nostro gusto, e così han fatto i Settanta ed il volgato; del resto il sentimento è ben chiaro. Gl'interpetri però han creduto che il versetto quarto contenga il rimedio per la lingua maledica, e l'han preso in buon senso; ma perché sagittæ acutæ, carbones desolatorii son termini troppo apparentemente odiosi e non posson essere intesi mai in buona parte, han creduto esserci un mistero. Ecco il Le Blanc (Psalmorum Davidicorum Analysis, Tomus sextus, Köln: Metternich 1726, S. 392): Sanctus Bonaventura per sagittas potentis acutas intellegit Verbum Dei incarnatum. Verbum, ait, dicitur sagitta. Nam pater tetendit arcum, quando promisit filium venientem, per Prophetam. Misit sagittam electam, ut dicit Isaias, quando misit eum incarnari. Ad quid? Ut sagittaret in obscuro rectos corde: id est, ut malos faceret bonos. (Questa è un'altra spiegazione falsa.) Hæc sagitta […] percutit prudenter. Nam Apostoli in prædicando habuerunt prudentiam. Vulnerat fortiter. Nam fortis est ut mors dilectio. Occidit salubriter. Unde Actorum decimo: Occide et manduca.Der letzte Teil des Zitats aus Thomas Le Blanc, Psalmorum Davidicorum Analysis, Tomus sextus, Köln: Metternich 1726, S. 392, ist in Matteis Kommentar leicht verändert wiedergegeben: "Unde occide et manduca in decimo capitolo Actorum."
Die Hervorhebungen im Zitat stammen von Mattei.
Mille altre notizie pellegrine si danno per quei carboni desolatorii, lo stesso Blanccitandoci S. Prospero, S. Bruno ed altri: carbones desolatorios tripliciter possis exponere (a tre a tre ci danno le interpetrazioni questi comentatori, tanto son fecondi a partorire) nempè Prophetas et Apostolos, actus contritionis, bona exempla charitatis: adde, si placet, (non è ancora stanco) explicationem […] de plagis atque supplicio Dei, quæ explicatio maxime litteralis videtur, aliæ tamenDas Zitat aus Thomas Le Blanc, Psalmorum Davidicorum Analysis, Tomus sextus, Köln: Metternich 1726, S. 392, ist hier in Matteis Kommentar leicht verändert wiedergegeben: "attamen aliæ". non sunt reiiciendæ. Che bella felicità è questa della lingua sacra che un vocabolo stesso possa dinotare l'apostolo, il profeta, l'atto di contrizione, il buon esempio di carità e l'eterno supplicio? Nell'ebreo è: sagittæ potentis, cioè militis, venatoris acutæ cum carbonibus iuniperorum, spinarum. L'original voce rethanim, רתנים, è d'incerta significazione, ma è certo un epiteto del carbone, e chi ci dà carbone di quercia, chi carbone di ginestro, ed i Settanta con libertà han detto τοῖς ἐρημικοῖς, carbonibus devastantibus, desolantibus, onde n'è nato il desolatoriis. Questa unione delle saette co' carboni ardenti può esser una sola immagine della saetta infocata ben nota nell'antichità; e posson esser due immagini diverse, alle quali si fa simile la lingua mormoratrice.
Alle calunnie malvagge e triste,
 
 
alle menzogne di lingua perfida
 
 
chi mai può reggere, chi mai resiste?
 
     
 
    44Sagittæ potentis acutæ cum carbonibus desolatoriis.Quelli che mormora buggiardi accenti
 
 
son quai vibrati dardi acutissimi,
 
 
son quai terribili carboni ardenti.
 
     
 
    55Heu mihi, quia incolatus meus prolongatus est! Habitavi cum habitantibus Cedar;bIl prolungatus est è traduzione del nome proprio Mosoch o Misch ch'è nell'ebreo: Heu mihi, quia incolo Mosch, come factus est in pace locus eius invece di dirsi in Salem, come sicut in exacerbatione secundum diem tentationis invece di conservarsi il nome proprio in Meriba e tanti esempi di che si è parlato nel capitolo 4 della Dissertazione preliminare. L'essersi tradotto il nome proprio e fattosene un aggiunto all'incolatus ha fatto credere che incolatus meus prolongatus est esprima le querele de' miseri prigionieri da lungo tempo dimoranti in Babilonia. Ma così si toglie ogni vaghezza del sentimento: il salamita, dopo che descrive la barbarie de' suoi nemici, esclama: io dove sono? Sono in Gerusalemme? Son fra gli arabi? Sono fra i moscoviti? Questa interpetrazione semplicissima toglie l'imbarazzo agl'interpetri di ritrovare una schiavitù ne' paesi di Mosc e di Cedar, quando fu in Babilonia, e non perturba tutta la geografia antica con situar quei paesi in luoghi ne' quali furono condotti gli ebrei. Cedar secondo la comune opinione è l'Arabia; Mosoch è il paese de' discendenti di Mosc, uno de' figli d'Jafet, come s'ha nel capitolo 10 delGenesi, e da lui vennero i moschi, o moscoviti, che abitaron da prima quella parte della Moscovia che più si stende nell'Asia e poi s'inoltrarono in Europa. Questa oggi culta nazione non ha di che maravigliarsi s'è qui posta per un esempio di nazione barbara, poiché primieramente si tratta presso a trenta secoli addietro, quando erano inculte anche altre nazioni dominanti: e quanti secoli dopo da' romani si chiamavan barbari, inculti gl'inglesi, i tedeschi? I greci chiamavan barbare tutte le nazioni; gli ebrei disprezzavan tutti, e qualunque più culto popolo che non avea la vera religione era per gli Ebrei un'adunanza di fiere; vedi nel fine del quarto tomo una mia lettera all'Abate Tournersu di questo proposito. Non rendiamo al presente il cambio a' poveri ebrei: poiché per esprimere il mal costume della gente diciamo tutto giorno o Dio! e che siamo fra gli ebrei!In der Erstausgabe von Saverio Matteis I libri poetici della Bibbia (Bd. 5, Neapel 1774, S. 15) steht am Ende des Satzes ein Fragezeichen anstelle des Ausrufezeichens. Die Edition folgt hier der zweiten, leicht verbesserten Ausgabe (Bd. 6, Neapel 1773, S. 20) bzw. der druckgleichen dritten Ausgabe (= Opere, Bd. 6, Neapel 1779, S. 20) und belässt das Ausrufezeichen.6multum incola fuit anima meacL'interpunzione di questi versetti si è alterata sull'idea che qui si parlasse veramente della schiavitù. L'ebreo ha nimis habitavit anima mea, cum his qui oderunt pacem: questa è la risoluzione d'un ch'era stanco del costume già corrotto in Gerusalemme. Siegue l'ebreo con ammirabile semplicità: ego pax, et cum loquar, ipsi bellum. I Settanta e la volgata per chiarezza han fatta una parafrasi di queste poche ben pesanti parole..O tempi barbari! Qual aura, o Dio,
 
 
quest'è ch'io spiro! Sono in Arabia?
 
 
Sono in Moscovia? Dove son io?In der Erstausgabe von Saverio Matteis I libri poetici della Bibbia (Bd. 5, Neapel 1774, S. 14) steht am Ende des Satzes ein Ausrufezeichen anstelle des Fragezeichens. Die Edition folgt hier der zweiten, leicht verbesserten Ausgabe (Bd. 6, Neapel 1773, S. 20) bzw. der druckgleichen dritten Ausgabe (= Opere, Bd. 6, Neapel 1779, S. 20) und belässt das Fragezeichen.
 
     
 
    Vorrei fuggirmene: son stanco omai
 
 
67Cum his qui oderunt pacem eram pacificus; cum loquebar illis, impugnabant me gratis.di più restarmi con gente perfida,
 
 
che sempre suscita discordie e guai.
 
     
 
    E pur conoscono che giova ed è
 
 
util la pace; ma non la vogliono
 
 
sol perché veggono che piace a me.