SALMO LXVI e LXVII
 
 

ARGOMENTO

Ne' libri del tempio, onde si fece la sacra raccolta, eran registrati tutti i salmi e le altre preghiere che diceansi ne' giorni stabiliti secondo le occasioni. Quindi, come spesso si è avvertito, avvenne che talvolta si registrassero in due o tre luoghi, talvolta dimezzati con qualche mutazione. Spesso i sacerdoti stessi accozzando vari versetti di diversi salmi faceano qualche brieve preghiera opportuna a quella special funzione, ond'è che qualche brieve salmo, che non ha forma di poesia ed è un ammasso di sentenze altrove replicate, dée credersi di tal genere, non un vero poetico componimento di qualche autore. Così tutto giorno a dì nostri veggiamo nelle ore canoniche i versetti, le antifone, che sono ordinariamente prese da' salmi e non sono un particolar componimento. Tale crediamo noi esser il salmo 66, il 69, il 116:Laudate Dominum, omnes gentes ed altri di simil fatta. Tralasciando dunque il 66, in cui non ci ha cosa di nuovo che ci costringa a fermarci, passiamo al 67, ch'è in verità il più oscuro e difficil salmo che siaci mai nel salterio.

     Siccome l'oscurità degli altri salmi si è da noi sovente attribuita a difetto de' traduttori, così dobbiamo in onor del vero qui confessare che il salmo è oscuro in sé stesso e che comunque si traduca sarà sempre difficilissimo a ben intendersi per la disunione di tanti pensieri e sentimenti diversi.


     Non neghiamo però che le traduzioni niente felici finora fatte non abbiano a dismisura accresciuta l'oscurità, che invano han cercato di sgombrare gl'interpetri ed i comentatori. I padri antichi si fermarono sul senso spirituale della venuta di Cristo, della sua predicazione e degli appostoli, della risurrezione e gloriosa salita nel cielo, e son queste cose autorizzate in parte da S. Paolo nell'Epistola agli Efesi, cap. 4, v. 8; ma poco curarono il senso letterale. Bedae Teodorohan tentato almeno di scoprire l'occasione in cui fu scritto, e siccome a parer mio han colpito nel segno, così poi nella spiegazione del salmo van cogli altri per la strada battuta, non avendo saputo contenersi. Il rabbino Salomone, Abenezraed altri aiutati dal caldeo parafraste il riportano all'uscita da Egitto ed alla promulgazione della legge sul Sinai, e favorisce questa opinione il primo versetto del salmo, che si cantava a' tempi di Mosè nello sloggiare e nel trasporto del tabernacolo. Altri van trovando altre occasioni o di famose militari spedizioni o di vittorie a cui l'adattano, finché si è giunto ad Ezzechia ed alla celebre stragge di centottantamila uomini dell'esercito di Sannecherib. Tutte queste opinioni nacquero da' lunghiIn der zweiten und dritten druckgleichen Augsabe von Saverio Matteis I libri poetici della Bibbia (Bd. 4, S. 180, Neapel, jeweils 1773 bzw. 1779) steht irrtümlicherweise „luoghi“, in der Erstausgabe (Bd. 3, Neapel 1768, S. 131) korrekt „lunghi“. Die Edition korrigiert hier den Druckfehler der zweiten Ausgabe anhand der Erstausgabe. e spessi episodi che son nel salmo, che occupano l'argomento principale ed hanno ingannati i lettori. Così il volgo chiamò Argonauticon il bel poemetto di Catullo sulle nozze di Tetide e di Peleo, perché l'entrata di quel componimento contiene la descrizione del viaggio degli Argonauti, benché non sia questo l'argomento del poeta.


     Bedae Teodorohan giustamente pensato che il salmo siesi scritto per la traslazion dell'arca dalla casa di Obededom nel tabernacolo di Sion. Questa si fu l'occasione per cui fu composto il bel salmo ed allora in quella solenne processione si cantò: è inutile il cercare il particolar argomento di cui si tratta, poiché il poeta si spazia per la storia del popolo ebreo raccogliendo i più belli prodigi, che fa servire al proposito di quella festa. Quindi avvertiamo che i padri non felicemente han cercato di spiegare il senso spirituale continuato, quasi sempre si parlasse dell'ascenzione di Gesù Cristo etc., quando varie son le storie toccate nel senso letterale di diverso argomento, che tutte non possono riferirsi ad un solo. Anzi, in alcuni passi non ci è affatto alcun mistero, essendo semplici poetici ornamenti come le comparazioni. Vedi il capitolo 10 della Dissertazione preliminare.


     Da ciò n'è avvenuto che invece di darci una spiegazione del salmo ci han dato un salmo nuovo da lor composto, ma non quello di cui trattiamo. E non è un nuovo salmo la traduzione del Lalemandfondata su queste interpetrazioni de' padri? Ecco come traduce il versetto 14 Si dormiatis inter medios cleros, pennæ columbæ deargentatæ etc.: Voi (dice il Lalemand) che dovete essere gl'istrumenti delle sue vittorie, quando sarete nel mezzo de' più evidenti pericoli non vi perdete di coraggio: ne uscirete gloriosi come una colomba che spicca il volo facendosi ammirare per la bianchezza delle sue piume etc.


     Confesseremo ingenuamente che il Padre Calmetha meglio di tutti gli altri interpetrato questo salmo ed illustrato co' suoi dotti comenti: se poi con tutti questi aiuti però si capisce l'economia dell'intero salmo, lo giudichino i lettori. Nobilmente egl'interpetra i versetti 12, 13, 14, 15; ma come si uniscano a questi poi i seguenti non potrà intendersi, ed io sempre ho avvertito che la più difficil cosa è il ritrovar la connessione. A ritrovar questa bisogna entrare nella fantasia del poeta e veder da quali immagini era egli agitato nel comporre questo nobilissimo inno che, se bene alquanto oscuro, non lascia d'esser un modello d'una perfetta lirica poesia.


     Prima d'ogni altro è necessario che sovvenga a' lettori che in queste solenni traslazioni intervenivano tutti i leviti, i musici e, secondo il costume di quei tempi, anche le donne cantatrici e quelle che sonavano i timpani e i sistri. Cantavasi ordinariamente qualche poesia composta a due cori, e gareggiava il coro de' giovanetti con quello delle donzelle. Ne abbiamo un esempio di Catullo nel Vesper adest, iuvenes e nel salmo 44. In questo inno non parlano già i due cori, come in quell'epitalamio, ma il poeta esorta tutti a cantare le lodi del Signore ed i suoi prodigi, or rivolgendosi ad un coro, ora all'altro, somministrando a ciascuno argomenti per cantare, finché poi, giunti al luogo destinato, il poeta lascia il discorso e comincia: Mons Die, mons pinguis etc., che pare un'uscita irregolare che non si è capita finora, ma si capirà nella nostra traduzione. E si figuri ciascuno che il poeta, in quella occasione di trasportarsi l'arca sul monte Sion, per la strada vada esortando i leviti a cantar le glorie di Dio e della sua arca, in veder il monte dopo qualche cammino interrompe il discorso, e grida: ecco il monte, ecco il bel monte, come i troiani in veder l'Italia. Così, ora ch'entriamo nella fantasia del poeta, ritroviamo la connessione di quei sentimenti che si son creduti impossibili ad unirsi da coloro che credono che l'interpetrazione di tutto il salmo dipenda dalla particolar gramaticale spiegazione de' versetti disunitamente considerati. Con tali premesse ci accingeremo alla difficile impresa di tradurre il nobilissimo inno, in cui, al dir di Muiz, tot ferme sunt scopuli, tot labyrinthi, quot versus, quot verba, ut non immerito crux ingeniorum, et interpretum opprobrium dici possit.(*)La traduzione di questo salmo mi ha particolarmente scosso (dice il gran poeta e gran giudice della poesia Abate Metastasio nella lettera stampata al tomo 1, pag. 366) perché dalle profonde tenebre e dalla apparentemente disperata sconnessione dell'originale mi è comparso inaspettatamente innanzi lucidissimo e conseguente.
 
 

SALMO LXVII
 
 

*1In finem. Psalmus cantici ipsi David.La poesia e la musica èIn der zweiten und dritten druckgleichen Augsabe von Saverio Matteis I libri poetici della Bibbia (Bd. 4, S. 184, Neapel, jeweils 1773 bzw. 1779) steht irrtümlicherweise die koordinative Konjunktion „e“ ohne Akzent, in der Erstausgabe (Bd. 3, Neapel 1768, S. 133) korrekt das Verb „è“. Die Edition korrigiert hier den Druckfehler der zweiten Ausgabe anhand der Erstausgabe. di Davide.

 
 
12Exsurgat Deus, et dissipentur inimici eius, et fugiant qui oderunt eum a facie eius.Sorgi, o Signor, e dissipa
 
 
e spargi i tuoi nemici:
 
 
ognun che t'odia
 
 
fugga da te, 23Sicut deficit fumus, deficiant; sicut fluit cera a facie ignis, sic pereant peccatores a facie Dei.manchin qual nebbia al vento,
 
 
qual cera al fuoco avanti il tuo cospetto
 
 
gli empi, gl'indegni: 34Et iusti epulenturaL'ebreo ha semplicemente ישמחו, lætentur, e nell'antica italica iucundentur: al volgato piacque meglio la caricatura epulentur.et exultent in conspectu Dei et delectentur in lætitia.e al tuo cospetto avanti
 
 
brillin di gioia e di contento i giusti,
 
 
i fidi tuoi. 45Cantate Deo, psalmum dicite nomini eius, iter facite ei qui ascendit super occasum:bSternite iter ei currum agenti per deserta dice l'ebreo, ed è più a proposito, poiché intende dell'arca; ed è un pensier naturale l'esortare i popoli alla rifezion delle strade per ovunque passava quella solenne processione che accompagnava l'arca. Simmacoci da: Καταστρώσατε […] τá¿· ἐποχουμένῳ ἐν τῇ ἀοικήτῳ, e con lui S. Girolamo: præparate viam ascendenti per deserta.Dominus nomen illicNell'ebreo è il nome proprio di Dio, Jeova. La religione degli antichi interpetri e degli ebrei stessi, in non voler proferire questo santo nome, ha oscurato tanti belli luoghi della Bibbia. Così sovente occorre: beato quel popolo che adora per Dio Jeova; col sostituire un nome generale, il sentimento è languido: beato chi adora per Dio il Signore. Del resto, non avendo fatto uso di questo nome gli antichi interpetri, al presente giungerebbe poco grato all'orecchio, e dobbiamo ancor noi servirci di queste perifrasi. Meglio però invece di Dominus abbiamo usato l'omnipotens, più espressivo, come ha fatto lo stesso volgato nel cantico di Mosè: omnipotens nomen eius..Su via, che più s'attende?
 
 
La cetra ov'è? Cantate pur, si lodi
 
 
il formidabil nome
 
 
del nostro Dio: sapete
 
 
com'ei si chiama? Onnipotente. Ei marcia
 
 
per le nostre campagne: olà, ciascuno
 
 
siegua il suo cocchio; olà, l'erta e scoscesa
 
 
alpestre via s'appiani
 
 
ovunque ei passa e agevole si renda,
 
 
sicché il piè non incespi e non offenda.
 
 

II

 
 
5(5)Exultate in conspectu eius, turbabuntur a facie eius,dNon si sa come si è apposto questo turbabuntur a facie eius, che non si legge nell'ebreo, siriaco, caldeo, ed il sentimento è più chiaro: exultate in conspectu eius, patris orphanorum et iudicis viduarum.6patris orphanorum et iudicis viduarum.In lietissima danza
 
 
tutti sciogliete il piè. Questi è colui
 
 
che gli oppressi pupilli,
 
 
le vedovelle abbandonate e meste
 
 
difende e regge. 6(6)Deus in loco sancto suo, 7Deus qui inhabitare facit unius mariseIl senso della volgata è chiaro; l'ebreo ha però qui habitare facit unicos in domo, ed Aquilaunigenitos. Questa secondità degli ebrei si attribuiva a divin prodigio: la stessa sentenza occorre nel salmo 112; qui habitare facit sterilem in domo matrem filiorum lætantem. Forse il volgato scrisse qui habitare facit unius maris in domo, ed il facere habitare in domo unius maris è un idiotismo nel senso di conceder numerosa famiglia ad un solo maschio, riempir la casa di chi era solo.Vulgata: moris.

Das falsch wiedergegebene Wort „maris“ („mas, maris“ = „Mann“) in Matteis Bibelzitat anstelle von „moris“ („mos, moris“ = „Sitte, Beschaffenheit, Art und Weise, Charakter“) führt zu einer vom ursprünglichen Wortlaut der Vulgata divergierenden Interpretation der Passage in seiner Psalmenübersetzung („unius maris“ = „eines einzigen Mannes“; „unius moris“ = „eines Charakters, einer gleichen Gesinnung“).
in domo.
Or nel suo tempio, in mezzo
 
 
di voi l'avrete: egli è delle famiglie
 
 
cadenti già ristorator, che prole
 
 
numerosa concede
 
 
alle sterili ancor. 7(7)Qui educit vinctos in fortitudine,fL'ebraica voce che si rende in fortitudine è d'incerta significazione: במשרות, poiché occorre in questo sol luogo. Comunemente si crede che dinotain vinculis: qui educit eos, qui vincti tenebantur catenis, ed anche in fortitudine si prende in tal senso ed è espressione forense.similiter eos qui exasperant, qui habitant in sepulcris.gIl similiter non corrisponde bene alla particella אך, e forse lesse l'interpetreבך, ma è più facile ed adattata la prima lezione: at qui exasperarunt, habitaverunt in sepulchris. L'ebreo più chiaramente può tradursi at rebelles invece di qui exasperant (ἀπειθεῖς ha Simmaco, ed ἀφιςάμενοιAquila): habitaverunt in loco arido et sicco. Questo luogo arido e secco, o aridità astrattamente come ha l'ebreo, si è dal volgato tradotto seplocro: forse il sentimento è tutto contrario. Leggasi la nostra traduzione e si consideri la stragge fatta degli ebrei nel deserto e quelle parole de' Numeri, cap. 14, v. 32: Vestra cadavera iacebunt in solitudine; ecco l'aridità ed il luogo arido e secco.C'è chi in catene
 
 
vive ristretto? Egli è che al prigioniero
 
 
suo popolo disciolse
 
 
gl'indegni lacci. Ah, s'abusaron poi
 
 
dell'acquistata libertà: gl'ingrati
 
 
l'irritarono a sdegno, ond'è che colti
 
 
dal suo furor caddero oppressi e giacquero
 
 
nel deserto cadaveri insepolti.
 
 

III

 
 
88Deus,hSi osservi nella traduzione che s'unisce questo versetto agli antecedenti: questa è tutta la difficoltà.cum egredereris in conspectu populi tui, cum pertransires in deserto,Gran cose in quel deserto
 
 
tu facesti, o Signor, quando alla testa
 
 
del popol tuo duce marciavi e quando
 
 
sul Sinai comparisti. 99terra mota est, etenim cæli distillaverunt a facie Dei Sinai,iIl Sinai è nominativo, come si vede dall'articolo nell'ebreo, e s'intende il verbo di sopra: trema la terra, il cielo, il Sinai.a facie Dei Israel.Allor la terra
 
 
Tremò commossa allo spavento, e il monte,
 
 
il Sinai stesso ove tu stavi, allora
 
 
a ondeggiar cominciò. De' tuoni al grave
 
 
orribile fragor tutte si sciolsero
 
 
le nubi in pioggia: e chi potea l'aspetto
 
 
del gran Dio d'Israello
 
 
per poco tollerar? 1010Pluviam voluntariam segregabis, Deus, hæreditati tuæ; et infirmata est, tu vero perfecisti eam.kL'ebreo può tradursi più chiaramente pluviam liberalem cadere fecisti, Deus, et hæreditatem tuam defatigatam refecisti. Per pioggia intende tanto la manna per ristoro degli uomini, quanto le acque per ristoro degli animali ed innaffiamento dell'arsiccio terreno, come apertamente si scorge da' due membri del seguente versetto.Non sempre orribili
 
 
son però le tue piogge. Ah! chi non sa
 
 
che la terra languiva arida e secca,
 
 
e tu con dolce pioggia
 
 
le innaffiasti il bel seno, onde di verdi
 
 
spoglie si rivestì, 1111Animalia tua habitabunt in ea; parasti in dulcedine tua pauperi, Deus.né più le greggi,
 
 
né più patir gli armenti: e a chi la dolce
 
 
rugiada è ignota, in cui de' servi tuoi,
 
 
de' fidi servi il coro
 
 
trovò saporosissimo ristoro?
 
 

IV

 
 
1212Dominus dabit verbum evangelizantibus virtute multa.lQui il poeta si rivolge al coro delle donzelle che andava accompagnando l'arca cogli altri cantanti e sonatori, come si ricava dal verso 27, e questo era in vero il costume. L'evangelizantibus nell'ebreo è in femminino: המכשרוה, annuntiatricibus, puellis canentibus; si sa poi il verbum presso gli ebrei di qual distesa significazione mai sia, specialmente ch'è nel testo la celebre voce אמר; vuolsi dunque qui dire: il Signore ha dato anche a voi, o donzelle, gran materia per cantare. Siegue il virtute multa, che s'unisce coll'evangelizantibus, ma non è così; qui appunto comincia il vangelo, o sia il coro da cantarsi dalle donzelle: virtus est multa, o siamultus est exercitus, poiché nel testo è צבא, tsabe, e così s'intende spesso il virtus.Ma voi, donzelle amabili,
 
 
avete ancor di che vantarvi: o quale
 
 
grande argomento e gran materia a voi
 
 
diè per cantare il nostro Dio! L'esercito
 
 
schierato è innumerabile: 1313Rex virtutum dilecti, dilecti et speciei Domus dividere spolia.mRex virtutum dilecti dée tradursi reges virtutum, o siareges bellicosi, dilecti seu coniuncti sunt, fœdus inierunt, at species domus, o siaornamentum domus, o come altri pulchritudo domus, ed altri meglio habitatrix domus, dividet spolia. Quest'ornamento, bellezza della casa, o sia l'abitatrice della casa è Debora che trionfò di Sifara, o Jaele che l'uccise: vedi le osservazioni, ch'è incredibile quanto si è qui scritto da' comentatori.s'uniro
 
 
in stretta lega i più potenti e forti
 
 
principi e duci, ed una donna intanto,
 
 
che il piè non mai dalla paterna casa
 
 
rivolse altrove, or trionfante altera
 
 
vince, sbaraglia, uccide,
 
 
e le spoglie e le prede ella divide.
 
 

V

 
 
1414Si dormiatis inter medios cleros, pennæ columbæ deargentatæ, et posteriora dorsi eius in pallore auri.nIntende delle tribù di Ruben e di Gad, che non vollero aiutare i lor fratelli in quella querra con Jabin, e dice loro: Quamquam (così dée tradursi la particella אם) quieveritis intra terminos vestros (questo è il medios cleros, essendo nota la forza di questa greca voce nel senso di porzione ereditaria, confine), o columbæ pennis argenteis et plumis dorsi aureis, dum fugavit omnipotens reges fœderatos, ii liquati sunt ut nix in Selmon; ed il senso è che anche senza il loro aiuto, che stavan ritirati, Iddio fece umiliare l'orgoglio de' re.Voi, colombelle, intanto
 
 
le candide ale e le dorate piume
 
 
timide raccoglieste
 
 
nel vostro nido e non usciste il volo
 
 
altrove a dispiegar. 1515Dum discernit cælestis reges super eam, nive dealbabuntur in Selmon.Pur quai prodigi
 
 
pel braccio d'una donna
 
 
non oprò il nostro Dio! Fugò, disperse
 
 
i duci, i reggi, e il loro orgoglio e il fasto
 
 
mancò, svanì qual suole
 
 
sul Selmone la neve a' rai del sole.
 
 

VI

 
 
16a16Mons Dei, mons pinguis,oFinché il poeta col lungo salmo animava or questo, or l'altro coro, si giunse al luogo destinato, onde egli acceso di fantasia troncando il discorso comincia a gridare: ecco il monte. Così s'uniscono questi versetti, ne' quali parea che non ci fosse unione: il mons Dei secondo il gusto orientale dinotamonte altissimo, ma qui può ben intendersi nel suo gramatical senso, e noi abbiamo espressa l'una e l'altra significazione.Ma ecco il monte, ecco il gran monte altissimo,
 
 
il monte del Signor, fertile e pingue
 
 
16b(16)mons coagulatus, mons pinguis: 17ut quid suspicamini montes coagulatos?monte, a cui fan corona
 
 
i colli intorno: ove trovar potrete
 
 
un monte a questo ugual? 17(17)Mons, in quo beneplacitum est Deo habitare in eo; etenim Dominus habitabit in finem.pGli antichi si spiegavano ancor così, trattando de' lor numi. Evandro dice ad Enea che nell'Aventino, quis Deus incertum est, habitat Deus.Questo è quel monte
 
 
che per sua sede Iddio già scelse, e Iddio
 
 
qui abiterà, né mai
 
 
la sua fede immortal cambiar vedrai.
 
 

VII

 
 
1818Currus Dei decem millibus multiplex, millia lætantium; Dominus in eis in Sina in sancto.qS'intende ut in Sinai. Paragona questa epifania a quella sul Sinai. Mosè nel capitolo 33, v. 2 del Deuteronomio si esprime con ugual frase: Dominus de Sinai venit et de Seir ortus est nobis: apparuit de monte Pharan, et cum eo sanctorum milia.Qual numerosa turba
 
 
siegue di Dio l'altero cocchio! È tutto
 
 
qui il popolo raccolto, e in mezzo all'onda
 
 
della gente affollata, o gran Signore,
 
 
vai trionfante. Ugual comparsa un giorno
 
 
sul Sinai già facesti, 1919Ascendisti in altum, cepisti captivitatem, accepisti dona in hominibus.20(19)Etenim non credentes inhabitare Dominum Deum.rPiù chiaramente potea tradursi accepisti dona ab hominibus, etiam a non credentibus habitare Dominum Deum o a repugnantibus, ne habitare inter eos Dominus, e così ha l'ebreo.allorché in alto
 
 
glorioso salisti ed in trionfo
 
 
teco portasti i prigionieri; e i popoli,
 
 
che non credeano in te, che il giogo indegni
 
 
scotean del nuovo a loro aspro servaggio,
 
 
già vinti e tributari
 
 
piegaro il collo e ti prestaro omaggio.
 
 

VIII

 
 
2120Benedictus Dominus die quotidie: prosperum iter faciet nobis Deus salutarium nostrorum.Rinnova i bei prodigi e fa' che sia
 
 
non men felice e glorioso il nostro
 
 
cammin per te, Signor, e tutto il giorno
 
 
inni a te canterem. Da te dipende
 
 
la nostra pace e la salvezza, 2221Deus noster Deus salvos faciendi, et Domini Domini exitus mortis.sDeus noster est Deus salutis (con più chiarezza si traduce) et idem Deus est Dominus viæ mortis. L'exitus mortis malamente s'intende d'alcuni per lo scampar della morte, ciò ch'è lontano dalla forza della voce originale, oltreché qui ci son due contrapposti come il Deus mortificat et vivificat. Il via mortis è una frase che abbiam noi ed ebbero i latini, come in Orazio:

…Sed omnes una manet nox,
Et calcanda semel via leti…

Fa un mal suono poi questo Domini Domini: nell'ebreo son due nomi differenti, Jeova ed Adonai, come noi diciamo il Signore Iddio; poteasi dire et Deus est Dominus viæ mortis.
e puoi
 
 
tu sol dar vita e sol tu puoi dar morte,
 
 
ed è nella tua man la nostra sorte.
 
 

IX

 
 
2322Verumtamen Deus confringet capita inimicorum suorum, verticem capilli perambulatium in delictis suis.tSi osservi con qual fatica si è dovuto unire questo versetto agli antecedenti, che secondo il gusto orientale è disunito non meno che il seguente; ma tutto è chiaro nella parafrasi.Veggiam di vita in noi
 
 
nobili esempi, e gli veggiam di morte
 
 
ne' nostri e tuoi nemici: a che lor giova
 
 
che alzan la cresta e baldanzosi e tronfi
 
 
van per le vie da te vietate a tuo
 
 
dispetto, o mio Signor? L'altera cresta
 
 
fiaccar saprai, già timidi
 
 
cadranti a' piedi e abbasseran la testa.
 
 

X

 
 
2423Dixit Dominus: ex Basan convertam, convertam in profundum maris.uL'ebraica voce אשיב che si rende convertam dée tradursi più chiaramente reducam; la particella poi che si rende in vuol tradursi ex, poiché è la stessa di sopra, ex Basan nel testo, cioè il prefisso מ: Dixit Dominus: ex Basan vos reducam, reduxi e profundis maris. Dalla lettura della nostra traduzione se ne capisce il senso. Son note poi le guerre con Og, re di Basan, e con Seon, re degli Amorrei, cuius universum populum, come ci narra Mosè, percusserunt usque ad internecionem.Sì avvenne allor che il popol tuo tremante
 
 
consolasti, o Signor, con amorose
 
 
voci piene di speme: "A che, mio popolo,
 
 
dell'empio Basanita",
 
 
dicesti, "a che temer? Io ti campai
 
 
dall'onde e dal furor de' flutti insani,
 
 
ed ora io stesso ed ora
 
 
salvarti non saprò dalle sue mani?"
 
 

XI

 
 
2524Ut intingatur pes tuus in sanguine, lingua canum tuorum ex inimicis ab ipso.xLa giusta costruzione è ut intingatur pes tuus in sanguine ex inimicis, et lingua canum tuorum ab ipso, cioè sanguine. Il dottissimo Mazzocchi nel suo spicilegio in questo luogo c'insegna che i cani ne' tempi eroici eran compagni indivisi de' guerrieri nelle spedizioni; ma spiace che di ciò contento non fa alcun motto delle altre difficoltà di questo oscurissimo salmo, che forse alla sua gran mente era chiaro, e stimò di passarlo. Del resto molte cose a tal proposito si son da noi raccolte nella dissertazione De canum usu in veterum sacris.*Questa dissertazione, come molte altre, non è pubblicata: fu scritta dopo l'esercitazione De' Titiri e dell'ara massima etc. Intrapresa quest'opera, restarono sospese tutte le fatiche minori; oggi che questa è terminata, chi ha più tempo fra le occupazioni forensi di registrar quelle fatiche giovanili? Può esser che in qualche autunno, che venga con minori impicci, faccia scuoter polvere a moltissime carte vecchie."Ti salverò: de' tuoi nemici uccisi
 
 
a torrenti farò che scorra il sangue,
 
 
tu passerai fastoso,
 
 
e vincitor nel gorgo sanguinoso
 
 
immergerai il coturno, e i tuoi seguaci
 
 
veltri, anelanti a disfogar la rabbia,
 
 
del sangue ostil si tingeran le labbia."
 
 

XII

 
 
2625Viderunt ingressus tuos, Deus, ingressus Dei mei, regis mei, qui est in sancto.Vider la tua pomposa
 
 
marcia, videro allor, mio Re, mio Dio,
 
 
nell'arca ove s'asconde
 
 
la tua maestà. Che bel veder! 2726Præventerunt principes coniuncti psallentibus, in medio iuvencularum tympanistriarum.yDescrive il poeta l'ordine con cui si accompagnava l'arca trionfante dopo la stragge degli Amorrei e de' Basamiti. L'ebreo è più chiaro: præibant cantores, sequebantur psallentes, seu musica instrumenta pulsantes, in medio erant puellæ tympanizantes. Nella volgata si è tradotto in genitivo come se fosse un caso che vien retto dall'in medio, ma così l'ordine è diverso, perché sarebbero i cantanti ed i sonatori in mezzo del coro donnesco.Precede
 
 
cantando un lieto coro, altro succede
 
 
che del primiero il canto
 
 
accompagna co' suoni, e in mezzo a questi
 
 
si distinguon le amabili donzelle
 
 
che van battendo i timpani
 
 
festose e liete. 2827In ecclesiis benedicite Deo Domino, de fontibus Israel.zO rivuli Israelis, o qui ex Israele tamquam ex fonte ortum ducitis, benedicite Dominum in cætu, in frequentia, cioè unitevi a lodare il Signore."O figli d'Israello,
 
 
unitevi", dicean, "sì, tutti unitevi
 
 
a lodare il Signor." 2928Ibi Beniamin adolescentulus, in mentis excessu.Del giovanetto
 
 
amabil Beniamino
 
 
v'era la tribù, al nobile spettacolo
 
 
di tai prodigi stupida
 
 
e quasi fuor di sé. 30(28)Principes Iuda, duces eorum,aNell'ebreo si legge רנמתםHerbräischer Ausdruck unklar., obruitio, lapidatio eorum, e dée riferirsi a' nemici, o al più può tradursi rupes eorum: intanto i Settanta trassero forse la voce ebrea dal ארגמן, purpura, come se dicesse purpurati eorum, che poi con libertà tradussero duces, principes, ché così andavan vestiti, o lessero רקמתם con insensibile scambiamento, in veste phrygionica.principes Zabulon, principes Nephthali.Vi eran di porpora
 
 
vestiti i grandi, i principi
 
 
di Nestali, di Giuda e Zabulone:
 
 
3129Manda, Deus, virtuti tuæ, confirma hoc, Deus, quod operatus es in nobis.Signor, è ben ragione
 
 
che appien l'opra compisci e che rinnovi
 
 
i bei prodigi antichi a pro di noi
 
 
contro all'indegna a te nemica gente,
 
 
ché tu non sei di prima or men potente.
 
 

XIII

 
 
3230A templo tuo in Ierusalem tibi offerent reges munera.bAlcuni uniscono queste parole al versetto antecedente confirma quod operatus es in nobis a templo tuo in Ierusalem, altri traducono per templum tuum, ma perché allora il tempio non v'era, è meglio il tradurre con altri post templum tuum in Ierusalem offerent tibi reges munera, cioè postquam ædificatum fuerit templum.Ah! quando il fortunato
 
 
giorno, o Dio, spunterà che il nobil tempio
 
 
sorger vedrassi alfin sul colle ameno
 
 
del bel Sionne? e riverenti offrirti
 
 
doni e vittime i regi? 3331Increpa feras arundinis,cCoerce feram arundinis in singolare dice l'ebreo: questo è il cocodrillo che fra le canne sulla riva del Nilo suole nascondersi e riposarsi, e cocodrillo qui chiama il re dell'Egitto, come Ezzechiello, cap. 29: Ecce ego ad te, pharao rex Ægypti: draco magne, qui cubas in medio fluminum tuorum; anzi il dotto Bochartpretende che il nome faraone proprio de' re d'Egitto altro non dinoti che cocodrillo.congregatio taurorum in vaccis populorum, ut excludant eos qui probati sunt argento.dNell'ebreo si legge Coercere feram arundinis, cœtum taurorum et vaccarum, o vitulorum, populos conculcantes argentum. Clemente Alessandrino, Pædagogus, lib. 2, cap. 11, ci attesta che gli egizzi ornavano le scarpe di lamine e di chiodetti d'argento, di che v'ha esempio ancora presso altre nazioni. Questo vero natural senso inteso misticamente fu cagione che il conculcantes argentum s'interpetrasseconculcantes eos, qui probati sunt, ut argentum, come sarebbe più chiaro che probati sunt argento, e così ha Simmacocolla particella ὡς, ut; e si crede che parli del popolo eletto provato come l'argento nel fuoco, quem excludit et conculcat congregatio taurorum etc.; ma non ci è uopo di tali sottigliezze, che son qui fuor di tempo.Ah, sì bell'opra
 
 
non fia chi giunga a disturbar. Ma vedi,
 
 
Signor, fra quelle canne
 
 
del fiume in sulle rive il fiero orribile
 
 
cocodrillo nascosto? Ah, tu lo doma,
 
 
che sol domar lo puoi. Vedi quel popolo
 
 
che di tori stizziti e di lascivi
 
 
vitelli sembra una gran torma? Il vedi
 
 
come ricco e superbo
 
 
copre di argento il piè? Come calpesta
 
 
sprezzante il suol! 34(31)Dissipa gente quæ bella volunt, 32veniant legati ex Ægypto, Æthiopia præveniet manus eius Deo.eSimmacocon più chiarezza: Ætyopia festinans dat manum Deo. Si adempì la profezia a' tempi di Salomone, quando l'Egitto si collegò col popolo d'Israele, ed ebbero comune il commercio, e Salomone prese la figlia di faraone in isposa, e gli Arabi si resero tributari, e la regina Saba venne a veder sì gran principe e ad offerirgli preziosissimi doni. Nel senso spirituale qui si parla della conversione delle genti a' tempi degli apostoli, ed è noto l'eunuco di Candace regina d'Etiopia.Deh fa che alfin costoro,
 
 
che sol di guerra han sete e ci disfidano,
 
 
provin la forza un giorno
 
 
del braccio tuo fulminatore invitto,
 
 
e al tuo giogo vedrai l'Etiope audace
 
 
tosto il collo piegar e dall'Egitto
 
 
venir gli araldi a dimandar la pace.
 
 

XIV

 
 
3533Regna terræ, cantate Deo: psallite Domino, psallite Deo, 34qui ascendit super cælum cæli ad orientem.Luogo non sia, benché da noi rimoto,
 
 
ove del nostro Dio
 
 
non giunga il nome, ove non s'oda il suono
 
 
delle sue glorie. Egli è fra noi, ma è certo
 
 
ch'egli è quel desso ancora
 
 
che sta su le alte sfere e glorioso
 
 
sul cocchio ascende e va dall'oriente
 
 
per le ampie eteree vie
 
 
fino alle opposte ultime mete, 36(34)Ecce dabit voci suæ vocem virtutis;fNel salmo Afferte Domino ed altrove si è osservato che vox Dei nella Bibbia è il tuono: ecce dabit vocem suam, vocem virtutis dée tradursi più chiaramente l'ebreo, e così ci danno i Settanta e si leggeva in molti antichi codici presso S. Ilarioe S. Agostino. Sieguedate gloriam Deo super Israel; queste parole voglion esser chiuse in una parentesi o trasportarsi in fine come noi abbiamo fatto: ecce dabit tonitrua, tonitrua valida, magnifincentia eius et virtus eius in nubibus. Date gloriam Deo super Isral, quia mirabilis Deus hic quoque in sanctuario suo. Veggasi come si sono uniti questi versetti nella nostra traduzione.35date gloriam Deo super Israel, magnificentia eius et virtus eius in nubibus.e quello
 
 
che fa scoppiar dalle squarciate nubi
 
 
il rimbombante orribil tuono. Appare,
 
 
è ver, là su più grande
 
 
la sua potenza e maestà, ma sempre
 
 
è lo stesso Signor, 3736Mirabilis Deus in sanctis suis,gTerribilis Deus in sanctuario suo, cioè nell'arca, dice l'ebreo, e così richiede il sentimento, poiché dice che non solo è terribile nel cielo ove tuona, ma ancora nell'arca. Ed infatti S. Girolamoci dà terribilis Dominus in sanctuario suo, e la volgata forse intese lo stesso, poiché suole tradurre sanctum per lo sanctuario, arca, tempio etc.: regis mei, qui est in sancto dice più sopra, onde in sanctis qui è lo stesso che in suis locis sacris, in templo, in arca, in tabernaculo. Ma l'essersi cambiato il terribilis in mirabilis e l'essersi preso in sanctis per gli servi di Dio fu cagione che i panegiristi ritrovassero un bel testo in questo versetto.Deus Israel ipse dabit virtutem et fortitudinem plebi suæ: benedictus Deus.né men terribile
 
 
è qui fra noi nell'arca. Ei sta qui pronto
 
 
a darci aita e rinforzarci, ed altro
 
 
che inni di glorie a noi non chiede: e intanto
 
 
qui si cessa e si tace! Ah no: si lodi,
 
 
si benedica, e si ripigli il canto.
 
 
SALMO XCVI
 
 

ARGOMENTO

Con vivi colori si dipinge la venuta di Dio nel mondo per aiutar il suo popolo e per giudicar le inique azioni di coloro che lo tenevano oppresso. I padri han veduto qui troppo chiaramente espressa e la prima e la seconda venuta del Figliuol di Dio, e bisogna dire che questo è un di quei salmi in cui il senso letterale è un'immagine poetica ed il senso spirituale una verità storica incontrastabile. Non ci è titolo nell'ebreo e ne' migliori codici greci: quel che si legge nella volgata, 1Psalmus DavidVulgata: Huic David, quando terra eius restituta est, è di tempi posteriori e può applicarsi così al pacifico suo possesso del regno dopo la morte di Saulle come alla libertà data a' prigionieri in Babilonia, non meno che il salmo antecedente e l'altro che seguirà.

 
 
1(1)Dominus regnavit, exultet terra, lætentur insulæ multæ.Ecco il tempo aspettato, ecco a regnare
 
 
il nostro Dio sen vien; tutta festeggi
 
 
lieta la terra, e fin le più lontane
 
 
isole sconosciute
 
 
dien di giubilo un segno:
 
 
ecco del nostro Dio già questo è il regno.
 
 
22Nubes et caligo in circuitu eius; iustitia et iudicium correctio sedis eius.aÈ un poco oscuro il correctio: l'ebreo ha מכון, firmitas, basis sedis eius, e perciò si è da noi tradotto sostengo. Nel salmo antecedente, v. 10, ove la volgata ha etenim correxit orbem terræ, qui non commovebitur, occorre il verbo della stessa radice nel testo, ed ognun vede che dée intendersi firmavit orbem terræ, qui non commovebitur.Mirate! ei scende: o qual il copre intorno
 
 
di caligine densa oscura nube!
 
 
Verrà, sedrà sul trono, e del suo soglio
 
 
la giustizia il sostegno,
 
 
la sapienza sarà. 33Ignis ante ipsum præcedet, et inflammabit in circuitu inimicos eius.Qual gli precede
 
 
nunzio d'orrore e di spavento! Un globo
 
 
di fiamme e di faville i suoi nemici
 
 
strugge, abbatte, divora; e così fia
 
 
libera e aperta al mio Signor la via.
 
     
 
    44Illuxerunt fulgura eius orbis terræ; vidit, et commota est terra.Parmi che un fosco velo
 
 
ci tolga agli occhi il giorno,
 
 
mirasi intorno il cielo
 
 
torbido lampeggiar.
 
     
 
    Trema, resiste appena
 
 
la terra in tanto orrore,
 
 
a sì funesta scena
 
 
comincia a vacillar.
 
 
55Montes sicut cera fluxerunt a facie Domini, a facie Domini omnis terra.Come una cera al foco
 
 
si dileguano i monti in faccia a lui
 
 
che del mondo è Signor. 66Adnuntiaverunt cæli iustitiam eius, et viderunt omnes populi gloriam eius.Più dubbio alcuno
 
 
non v'ha, già viene a giudicarne: il cielo
 
 
chiari segni ne dà. Tutti nel mondo
 
 
del glorioso arrivo
 
 
testimoni saran. 77Confundantur omnes qui adorant sculptilia et qui gloriantur in simulacris suis.Confusi e mesti
 
 
resteran gl'infelici,
 
 
che idoli vani e dei bugiardi han sempre
 
 
stolti invocato, 8(7)Adorate eum, omnes angeli eius.bAdorent eum omnes angeli eius dice il testo Ebreo, e così il riferisce S. PaoloAd Hebreos, cap. 1, v. 6, non essendo troppo opportuna l'apostrofe adorate. Elohim, ch'è nel testo, è la solita voce ch'esprime gli angioli, gli dèi, i principi, i giudici: noi in vari luoghi le abbiam dato varie interpetrazioni; qui abbiam ritenuto la versione della volgata, anche per l'autorità di S. Paoloe per esser meglio adattata alla sommessione degli angioli al Verbo, di cui troppo svelatamente si parla nel salmo.8Audivit, et lætata est Sion.allor che al nostro Dio
 
 
vedran gli angioli stessi
 
 
piegar la testa e venerarlo. Ah! quale,
 
 
qual sarà di Sionne allor la gioia,
 
 
del suo re, del suo Dio
 
 
le glorie in ascoltar. 9(8)Et exultaverunt filiæ Iudæ propter iudicia tua, Domine.Di Giuda oppresso
 
 
finor le figlie, al solo udir che alfine
 
 
tu vieni a giudicar, libere almeno
 
 
tornano a respirar: ché san per prova
 
 
la tua giustizia e la potenza, 109Quoniam tu Dominus altissimus super omnem terram, nimis exaltatus es super omnes deos.cQui l'elohim mi par che meglio si debba intendere de' giudici, quasi Dio fosse un giudice di appellazione, superiore a' giudici del mondo.il mondo
 
 
sottoposto è a' tuoi piedi, e questi in terra
 
 
giudici iniqui indegni
 
 
pendono da' cenni tuoi,
 
 
e i lor giudizi or rivocar tu puoi.
 
 
1110Qui diligitis Dominum, odite malum; custodit Dominus animas sanctorum suorum, de manu peccatoris liberabit eos.Fuggite, ah! sì, fuggite
 
 
dall'orror della colpa, o voi che in seno
 
 
rispetto, amor nudrite
 
 
pel vostro Dio. Se un cor sincero e puro
 
 
chiudete in petto, ah! non temete i vani
 
 
sforzi d'un empio usurpator tiranno:
 
 
Dio v'aita e v'assiste in ogni affanno.
 
     
 
    1211Lux orta est iusto, et rectis corde lætitia.Tra l'oscure ombre funeste
 
 
splende al giusto il ciel sereno,
 
 
serba ancor nelle tempeste
 
 
la sua pace un fido cor.
 
     
 
    1312Lætamini, iusti, in Domino et confitemini memoriæ sanctificationis eius.Alme belle, ah! sì, godete,
 
 
né alcun fia che turbi audace
 
 
quella gioia e quella pace
 
 
di cui solo è Dio l'autor.
 
 
SALMO XCIX
 
 

ARGOMENTO

1Psalmus in confessione è il titolo che si è apposto a questo brieve ma elegante componimento. Secondo altrove si è avvertito, il confessio ed il confiteor dinotalaus, laudare, onde il Psalmus in confessione altro non è che un inno eucaristico che contiene lodi e ringraziamenti. Non so perché il siriaco interpetre lo riferisca alla guerra di Giosuè contro agli Amaleciti. Qui non si parla di guerra né di Giosuè, e forse è l'unico salmo in cui non si fa menzione di nemici né di pericoli né di affanni. Può adattarsi ad ogni festa che occorre nell'ebraico calendario, non essendoci accennata qualche particolar circostanza che ci costringa a ricercar scrupolosamente l'occasione in cui fu scritto; ci asterremo da lunghe note, poiché il testo è facile e la versione della volgata è ben chiara.

 
     
 
    12Iubilate Deo, omnis terra; servite Domino in lætitia.aServe di comentatore S. Paolo Ad Corinthos 2, cap. 9, v. 7: non ex tristitia aut necessitate; hilarem enim datorem diligit Deus. Ma questa ilarità, quest'allegrezza non è quella che dipende dal bel tempo, dalle conversazioni, da' festini: non in commessationibus aut ebrietatibus; è un'allegrezza di uno spirito non agitato da rimorsi che permette il sollevarsi al canto di un salmo, non languire a' sospiri di un'arietta.Lungi le cure ingrate,
 
 
ah! respirate omai:
 
 
s'è palpitato assai,
 
 
è tempo di goder.
 
 
Dio non accoglie
 
 
quei voti che dal cor lieto e sincero
 
 
liberi a lui non vanno: alfin siam servi
 
 
d'un Dio così grande, e noi gioir dobbiamo
 
 
di questa servitù. 2(2)Introite in conspectu eius in exultatione.Venite al tempio,
 
 
ei ci aspetta, e i bei carmi
 
 
udir da noi gli è grato. 33ScitotebEcco quel che dée sapersi: non glorietur sapiens in sapientia sua […], sed in hoc glorietur […] scire et nosse me dice Dio medesimo presso Geremia, cap. 9, v. 23-24; ma questa sapienza non si apprende da' libri: umiltà, fede, meditazione, nam oportet non quid sit Deus exprimere, sed quod sit affirmare, S. Isidoro di Pelusio, lib. 3, epistula 232.quoniam Dominus ipse est Deus; ipse fecit nos, et non ipsi nos.Eppur del tutto
 
 
egli è l'autor: dal nulla ei sol ci trasse,
 
 
ei sol vita ci diè, delle sue mani
 
 
non del caso i mortali opra già sono,
 
 
e quel che a lui rendiam, tutto è suo dono.
 
 
4(3)Populus eius et oves pascuæ eius. 4Introite portas eius in confessione, atria eius in hymnis, confitemini illi.Ma fra tutti i mortali
 
 
noi soli ei sceglie e sol di noi compone
 
 
un suo popol diletto,
 
 
un'amata sua greggia, ed a' suoi paschi
 
 
ei qual pastor ci guida. Ah! qual or sia
 
 
maraviglia, se poi
 
 
inni di lode esigerà da noi?
 
 
Scarsa mercede a tanti doni! Entrate
 
 
dunque nel tempio e i più bei carmi unite
 
 
di cetre e di salteri al dolce suono
 
 
5a(4)Laudate nomen eius, 5quoniam suavis est Dominus,cS. Agostinonel libro 9, capitolo 1 delle sue confessioni sperimentò questa verità: Quam suave mihi subito factum est carere suavitatibus nugarum, et quas amittere metus fuerat, iam dimittere gaudium erat. Eiciebas enim eas a me tu, vera et summa suavitas, eiciebas et intrabas pro eis omni voluptate dulcior.e benedite il suo bel nome. Ancora
 
 
voi nol sapete; amatelo, e vedrete
 
 
poi nel lodarlo come
 
 
è dolce il replicar l'amato nome.
 
     
 
    5b(5)in æternum misericordia eiusMancheranno al sole i rai,
 
 
l'onde al mar, l'arene al lido,
 
 
ma non può mancar giammai,
 
 
no, mio Dio, la tua pietà.
 
     
 
    5c(5)et usque in generationem et generationem veritas eius.Te verace e fido ognora
 
 
ebber gli avi, i padri e noi:
 
 
tal t'avranno i figli ancora
 
 
e chi poi da lor verrà.
 
 
SALMO CXIX
 
 

ARGOMENTO

Questo salmo, ch'è il primo tra i graduali, si crede comunemente che appartenga alla schiavitù babilonica e che ne sia chiara pruova il versetto quinto: si vedrà dalla nostra parafrasi che tal versetto si è mal inteso e che la scena di questo piccolo componimento non è fuor le mura di Gerusalemme. Davide, che n'è l'autore, si lagna del malcostume de' suoi tempi: è una querela ch'essendosi fatta sempre in tanti secoli, e facendosi tuttavia, dimostra che l'età dell'oro sia un sogno e che non ci sia necessità di supporre d'esser il mondo cambiato da quel di prima nel vederlo così corrotto, perché non fu mai forse migliore.
 
 

*Canticum graduum I. Vulgata: Canticum graduum.Cantico della scala. Primo tuono.

 
     
 
    11Ad Dominum cum tribularer clamavi, et exaudivit me.Alzai le flebili mie voci a Dio,
 
 
da' mali oppresso, né dall'empireo
 
 
sdegnò d'accogliere quel pianto mio.
 
     
 
    22Domine, libera animam meam a labiis iniquis et a lingua dolosa."Tu da' maledici labbri", io dicea
 
 
mesto ed afflitto, "Signor, difendimi,
 
 
tu dall'insidiaIn der Erstausgabe von Saverio Matteis I libri poetici della Bibbia (Bd. 5, Neapel 1774, S. 13) steht das Wort „insidia“ im Plural („insidie“). Die Edition folgt hier der zweiten, leicht verbesserten Ausgabe (Bd. 6, Neapel 1773, S. 18) bzw. der druckgleichen dritten Ausgabe (= Opere, Bd. 6, Neapel 1779, S. 18) und belässt das Wort in Singular. di lingua rea."
 
     
 
    33Quid detur tibi, aut quid apponatur tibi ad linguam dolosam?aL'ebreo ha quid dabitIn der Erstausgabe von Saverio Matteis I libri poetici della Bibbia (Bd. 5, Neapel 1774, S. 13) steht irrtümlicherweise „detur“ statt „dabit“. Die Edition folgt hier der zweiten, leicht verbesserten Ausgabe (Bd. 6, Neapel 1773, S. 18) bzw. der druckgleichen dritten Ausgabe (= Opere, Bd. 6, Neapel 1779, S. 18). tibi, aut quid apponet tibi, o lingua dolosa? Questa espressione ammette varie interpetrazioni, ma la più semplice e verisimile è quella da noi seguita: qual rimedio ci sarà contro di te, o lingua maledica, tu sei una saetta, un carbone ardente. Se non s'osserva questa apostrofe nella traduzione, è per far uno stile più continuato adattabile al nostro gusto, e così han fatto i Settanta ed il volgato; del resto il sentimento è ben chiaro. Gl'interpetri però han creduto che il versetto quarto contenga il rimedio per la lingua maledica, e l'han preso in buon senso; ma perché sagittæ acutæ, carbones desolatorii son termini troppo apparentemente odiosi e non posson essere intesi mai in buona parte, han creduto esserci un mistero. Ecco il Le Blanc (Psalmorum Davidicorum Analysis, Tomus sextus, Köln: Metternich 1726, S. 392): Sanctus Bonaventura per sagittas potentis acutas intellegit Verbum Dei incarnatum. Verbum, ait, dicitur sagitta. Nam pater tetendit arcum, quando promisit filium venientem, per Prophetam. Misit sagittam electam, ut dicit Isaias, quando misit eum incarnari. Ad quid? Ut sagittaret in obscuro rectos corde: id est, ut malos faceret bonos. (Questa è un'altra spiegazione falsa.) Hæc sagitta […] percutit prudenter. Nam Apostoli in prædicando habuerunt prudentiam. Vulnerat fortiter. Nam fortis est ut mors dilectio. Occidit salubriter. Unde Actorum decimo: Occide et manduca.Der letzte Teil des Zitats aus Thomas Le Blanc, Psalmorum Davidicorum Analysis, Tomus sextus, Köln: Metternich 1726, S. 392, ist in Matteis Kommentar leicht verändert wiedergegeben: "Unde occide et manduca in decimo capitolo Actorum."
Die Hervorhebungen im Zitat stammen von Mattei.
Mille altre notizie pellegrine si danno per quei carboni desolatorii, lo stesso Blanccitandoci S. Prospero, S. Bruno ed altri: carbones desolatorios tripliciter possis exponere (a tre a tre ci danno le interpetrazioni questi comentatori, tanto son fecondi a partorire) nempè Prophetas et Apostolos, actus contritionis, bona exempla charitatis: adde, si placet, (non è ancora stanco) explicationem […] de plagis atque supplicio Dei, quæ explicatio maxime litteralis videtur, aliæ tamenDas Zitat aus Thomas Le Blanc, Psalmorum Davidicorum Analysis, Tomus sextus, Köln: Metternich 1726, S. 392, ist hier in Matteis Kommentar leicht verändert wiedergegeben: "attamen aliæ". non sunt reiiciendæ. Che bella felicità è questa della lingua sacra che un vocabolo stesso possa dinotare l'apostolo, il profeta, l'atto di contrizione, il buon esempio di carità e l'eterno supplicio? Nell'ebreo è: sagittæ potentis, cioè militis, venatoris acutæ cum carbonibus iuniperorum, spinarum. L'original voce rethanim, רתנים, è d'incerta significazione, ma è certo un epiteto del carbone, e chi ci dà carbone di quercia, chi carbone di ginestro, ed i Settanta con libertà han detto τοῖς ἐρημικοῖς, carbonibus devastantibus, desolantibus, onde n'è nato il desolatoriis. Questa unione delle saette co' carboni ardenti può esser una sola immagine della saetta infocata ben nota nell'antichità; e posson esser due immagini diverse, alle quali si fa simile la lingua mormoratrice.
Alle calunnie malvagge e triste,
 
 
alle menzogne di lingua perfida
 
 
chi mai può reggere, chi mai resiste?
 
     
 
    44Sagittæ potentis acutæ cum carbonibus desolatoriis.Quelli che mormora buggiardi accenti
 
 
son quai vibrati dardi acutissimi,
 
 
son quai terribili carboni ardenti.
 
     
 
    55Heu mihi, quia incolatus meus prolongatus est! Habitavi cum habitantibus Cedar;bIl prolungatus est è traduzione del nome proprio Mosoch o Misch ch'è nell'ebreo: Heu mihi, quia incolo Mosch, come factus est in pace locus eius invece di dirsi in Salem, come sicut in exacerbatione secundum diem tentationis invece di conservarsi il nome proprio in Meriba e tanti esempi di che si è parlato nel capitolo 4 della Dissertazione preliminare. L'essersi tradotto il nome proprio e fattosene un aggiunto all'incolatus ha fatto credere che incolatus meus prolongatus est esprima le querele de' miseri prigionieri da lungo tempo dimoranti in Babilonia. Ma così si toglie ogni vaghezza del sentimento: il salamita, dopo che descrive la barbarie de' suoi nemici, esclama: io dove sono? Sono in Gerusalemme? Son fra gli arabi? Sono fra i moscoviti? Questa interpetrazione semplicissima toglie l'imbarazzo agl'interpetri di ritrovare una schiavitù ne' paesi di Mosc e di Cedar, quando fu in Babilonia, e non perturba tutta la geografia antica con situar quei paesi in luoghi ne' quali furono condotti gli ebrei. Cedar secondo la comune opinione è l'Arabia; Mosoch è il paese de' discendenti di Mosc, uno de' figli d'Jafet, come s'ha nel capitolo 10 delGenesi, e da lui vennero i moschi, o moscoviti, che abitaron da prima quella parte della Moscovia che più si stende nell'Asia e poi s'inoltrarono in Europa. Questa oggi culta nazione non ha di che maravigliarsi s'è qui posta per un esempio di nazione barbara, poiché primieramente si tratta presso a trenta secoli addietro, quando erano inculte anche altre nazioni dominanti: e quanti secoli dopo da' romani si chiamavan barbari, inculti gl'inglesi, i tedeschi? I greci chiamavan barbare tutte le nazioni; gli ebrei disprezzavan tutti, e qualunque più culto popolo che non avea la vera religione era per gli Ebrei un'adunanza di fiere; vedi nel fine del quarto tomo una mia lettera all'Abate Tournersu di questo proposito. Non rendiamo al presente il cambio a' poveri ebrei: poiché per esprimere il mal costume della gente diciamo tutto giorno o Dio! e che siamo fra gli ebrei!In der Erstausgabe von Saverio Matteis I libri poetici della Bibbia (Bd. 5, Neapel 1774, S. 15) steht am Ende des Satzes ein Fragezeichen anstelle des Ausrufezeichens. Die Edition folgt hier der zweiten, leicht verbesserten Ausgabe (Bd. 6, Neapel 1773, S. 20) bzw. der druckgleichen dritten Ausgabe (= Opere, Bd. 6, Neapel 1779, S. 20) und belässt das Ausrufezeichen.6multum incola fuit anima meacL'interpunzione di questi versetti si è alterata sull'idea che qui si parlasse veramente della schiavitù. L'ebreo ha nimis habitavit anima mea, cum his qui oderunt pacem: questa è la risoluzione d'un ch'era stanco del costume già corrotto in Gerusalemme. Siegue l'ebreo con ammirabile semplicità: ego pax, et cum loquar, ipsi bellum. I Settanta e la volgata per chiarezza han fatta una parafrasi di queste poche ben pesanti parole..O tempi barbari! Qual aura, o Dio,
 
 
quest'è ch'io spiro! Sono in Arabia?
 
 
Sono in Moscovia? Dove son io?In der Erstausgabe von Saverio Matteis I libri poetici della Bibbia (Bd. 5, Neapel 1774, S. 14) steht am Ende des Satzes ein Ausrufezeichen anstelle des Fragezeichens. Die Edition folgt hier der zweiten, leicht verbesserten Ausgabe (Bd. 6, Neapel 1773, S. 20) bzw. der druckgleichen dritten Ausgabe (= Opere, Bd. 6, Neapel 1779, S. 20) und belässt das Fragezeichen.
 
     
 
    Vorrei fuggirmene: son stanco omai
 
 
67Cum his qui oderunt pacem eram pacificus; cum loquebar illis, impugnabant me gratis.di più restarmi con gente perfida,
 
 
che sempre suscita discordie e guai.
 
     
 
    E pur conoscono che giova ed è
 
 
util la pace; ma non la vogliono
 
 
sol perché veggono che piace a me.