SALMO IV
 
 

ARGOMENTO

I migliori interpetri1Muiz, Eusebio di Cesarea, Ferrando, Bossuet, Kimchi. credono giustamente, che l'argomento di questo salmo sia lo stesso del precedente, cioè la persecuzione del ribelle Assalonne, benché altri il riferiscono a quella di Saulle, come può farsi senz'alcuna improprietà. I seguaci del senso mistico l'adattano a Gesù Cristo, e specialmente alla sua risurrezione. Ma benché i buoni padri antichi2S. Agostino, S. Girolamo, S. Atanasio, Cassiodoro, Theodoreto.sieno di questa opinione, dobbiamo mal nostro grado confessare ch'è una interpetrazionesforzata e quasi contraria al senso letterale, come vedrà ciascuno nel leggere tutto il salmo da noi tradotto. Onde assai meglio han fatto coloro3Eugubinus, Titelmansetc. che generalmente dissero esser questo un salmo morale, il cui argomento sia di dimostrare la forza della divina provvidenza e l'esortare alla pazienza ed alla penitenza i peccatori.

     Il titolo della volgata è: In finem, in carminibus. Psalmus David. Quello in finem non ben inteso fu cagione che i padri antichi tentassero di ritrovare nel salmo l'eternità in fine del mondo, la venuta del Messia in plenitudine temporum ed altre cose che non possono affatto reggere, ove si consideri che la voce in finem corrisponde all'ebraico Lamnazeah, che vuol dire al maestro di cappella, e non credo che il maestro di cappella può esser simbolo dell'eternità o del Messia: vedi la nostra Dissertazione preliminare, cap. 9. Né in tutti i luoghi della Bibbia dée necessariamente esserci il senso mistico, e molto meno tutti i quattro sensi spirituali, veggasi la citata dissertazione, cap. 10. Qui dunque il senso letterale è di Davide perseguitato da Assalonne e da' seguaci ribelli, né ci è altro senso spirituale che il morale, che nasce dal letterale stesso, cioè il potersi adattar queste massime a ciascuno che si truova nelle medesime o consimili angustie e persecuzioni. La nostra italiana parafrasi sembrerà a prima fronte non esser troppo fedele a chi considera il solo testo della volgata, ma si vedrà nelle osservazioni come ben regge a confronto dell'ebraico originale, che si è in verità poco inteso dagl'interpetri e da' comentatori, de' quali non ci è stato finora chi ci avesse data una chiara ed intera spiegazione di tutto il salmo. Lo stile è ameno e vago, simile a quello delle nostre cantate.
 
 

SALMO IV

 
 

Le parole son di Davide: la musica del maestro de' Neghinoth.*1In finem, in carminibus. Psalmus David.aDi questo titolo si è lungamente discorso nel cap. 9 della nostra Dissertazione preliminare.

 
     
 
    1a2Cum invocarem exaudivit me Deus iustitiæ meæ,bDeus iustitiæ meæ vuol dire Deus qui me iustificat, o pureDeus testis et iudex iustitiæ meæ, ciò che abbiamo espresso nel terzo e quarto versetto dell'aria.A te fra tanti affanni
 
 
pietà cercai, Signore,
 
 
che vedi il mio bel core,
 
 
che mi conosci almen.
 
     
 
    1b(2)in tribulatione dilatasti mihi.cEcco l'altro idiotismo dilatare alicui in angustia, che vuol dire propriamente da un luogo angusto condurlo in un piano, ed ancora il far che altri nell'avversità abbia un animo grande e per dir così ingrandirgl'il cuore nelle strettezze: nell'uno e nell'altro senso occorre spesso questa frase ne' salmi.Udisti i voti miei,
 
 
e già godea quest'alma
 
 
per te l'usata calma
 
 
delle tempeste in sen.
 
 
2(2)Miserere mei et exaudi orationem meam.Sii pur sempre benigno, e le preghiere
 
 
ti muovano così. 33Filii hominum, usquequo gravi corde? Ut quid diligitis vanitatem et quæritit mendacium?dQuesto passo non si è ben inteso dagl'interpetri. L'ebraico testo dice così: Filii viri illustris, usquequo gloria mea ignominiæ? Il senso è quello espresso da noi nella traduzione: i motivi per gli quali ben regge si vedranno nelle osservazioni. Ma voi, miei fidi,
 
 
invitti duci, onor del regno e mio,
 
 
deh per pietà non fate
 
 
che arrossisca per voi. Perché vi piace
 
 
lusingarmi così? Perché adularmi
 
 
con sì vane menzogne? 44Et scitote quoniam mirificaviteLa nostra traduzione è letterale della voce ebraica הפלה, che si rende della volgata e da' Settantamirificavit, ma vuol dire segregavit: Deus segregavit pium sibi o regem sibi.Dominus sanctum suum; Dominus exaudiet me, cum clamavero ad eum.Ah, la vittoria
 
 
tutta è del mio Signor. Sappiate alfine
 
 
ch'ei difende chi al trono
 
 
dalle greggi innalzò, che i prieghi miei
 
 
sempre ascolta pietoso. 55Irascimini, et nolite peccare; quæ dicitis in cordibus vestris, in cubilibus vestris compungimini.fQuesto versetto è oscurissimo e nel testo Ebreo ed in tutte le versioni: si è dovuto tradurre in molti versi per poterne il lettore intendere il vero senso. Nelle osservazioni si vedrà che non si è ben capito né dagli antichi né da' moderni comentatori.Ah, se fra l'armi
 
 
bella fiamma di onor vi scalda il seno,
 
 
dalla ragion sia regolato almeno
 
 
lo sedgno ed il furor. No, non coprite
 
 
di privata vendetta il vil desio
 
 
sotto al contrario manto
 
 
del pubblico riposo. I stanchi lumi
 
 
pria non aggravi il sonno
 
 
che non ritorni al cor la pace. In petto
 
 
se impedir non poteste
 
 
di nascervi lo sdegno, ivi a morire
 
 
obbligatelo almen. 66Sacrificate sacrificium iustitiæ et sperate in Domino. Multi dicunt: quis ostendit nobis bona?Candido e puro
 
 
in sacrificio offrite
 
 
il vostro core a Dio: sperate in lui,
 
 
fidate pur. Molti vi son che stolti
 
 
si van lagnando: "e ben, qual premio alfine
 
 
sarà per noi? Quando adempirsi mai
 
 
le promesse vedrem?" 77Signatum est super nos lumen vultus tui, Domine;gIl luogo è tradotto oscuramente nella volgata, ciò che fu cagione che si facesse tanta pompa di questo versetto e da' teologi e da' filosofi in tempi infelici. Vedi le osservazioni. L'ebreo ha eleva super nos lumen vultus tui, Domine, e questa frase elevare lumen vultus sui super aliquem è un idiotismo ebreo che vuol dire guardarlo di buon occhio.dedisti lætitiam in corde meo.No, sol mi basta
 
 
la tua grazia, o Signor: con un tuo sguardo,
 
 
con un tuo sguardo solo
 
 
mi fai per gioia e per contento il core
 
 
balzare in sen. Sol che sereno io miri
 
 
il tuo bel ciglio, e son più lieto assai,
 
 
88A fructu frumenti, vini et olei sui multiplicati sunt.hOscurissimo è il versetto e nell'originale e nelle versioni: si è interpetrato e spiegato da' comentatori in cento maniere, che tutte si esamineranno nell'osservazioni; secondo la nostra traduzione dovrebbe il testo intendersi così: dedisti lætitiam in corde meo maiorem, quam cum uber annona percipitur.che se di frutti adorne
 
 
le pampinose viti e i verdi ulivi
 
 
e se la bionda messe
 
 
ondeggiar ne' sui campi altri vedesse.
 
     
 
    99In pace in idipsum dormiam et requiescam.Or che amico a me tu sei,
 
 
traggo in pace i sonni miei,
 
 
e d'immagine funesta
 
 
non mi desta il rio timor.
 
     
 
    1010Quoniam tu, Domine, singulariter in spe constituisti me.iL'avverbio singulariter della volgata si dée riferire a Domine, com'è nell'ebreo Tu, Domine, solus sedere me facis in fiducia, benché la voce לבדד, solitudini, abbia forza di avverbio ed è un idiotismo ebraico che potea raddolcirsi meglio con dire tu solus o solum o tantum. Constituere aliquem in spe, o come con più caricatura ha l'originale facere ut sedeat in spe, è un'espressione ebraica che nella nostra favella sarebbe audace.No, mio Dio, più non pavento,
 
 
lieve parmi ogni cimento:
 
 
vuoi che in te sol fidi e speri?
 
 
Sì, di speme ho pieno il cor.
 
 
SALMO VI
 
 

ARGOMENTO

Saviamente pensa il Bossuet, ed il Muiz, che questo salmo siesi scritto da Davide mentre era gravemente ammalato dopo l'adulterio con Bersabea. La Chiesa con riferirlo tra' penitenziali ci ha insegnato che il senso spirituale sia d'un peccatore che cerca d'impetrar il perdono de' falli e di dare i migliori rimedi alle infermità dell'anima già languente. Ogni altra cosa che dippiù ci si pensi, è fuor di proposito e falsa. Il titolo In finem, in hymnisVulgata: in carminibus, pro octava ha fatto che alcuni de' padri antichi1S. Atanasio, Eusebio di Cesarea. ci trovassero qui il giorno della risurrezione, altri2S. Ambrosiussuper Lucam (Expositio Evangelii secundum Lucam), lib. 5, 49. una perfetta unione delle virtù espressa nell'ottavo numero, altri3Theodoreto. l'eternità, ch'è il fine de' tempi ed è quasi extra hebdomadam, e finalmente altri4Rabbi Kimchi(derasch). la circoncisione, che praticavasi appunto nel giorno ottavo. Se poi queste cose abbiano qualche relazione al senso del salmo o no, è un dubbio che dà loro poco imbarazzo, contentandosi di poter produrre nuove, argute e pie riflessioni da tali premesse, benché apertamente contrarie al testo. Il titolo si è da noi diffusamente spiegato altrove5Dissertazione preliminare, cap. 9. e non giova per l'argomento del salmo, appartenendo alla musica; ed il salmo fu certamente scritto in occasione di qualche grave malattia, come abbiamo avvertito, ed il negarlo è un dimostrarsi cavilloso sofista. Lo stile è ameno ed elegantissimo, simile a quello degli endecasillabi di Catullo: la versione della volgata è ancor facile e chiara, sicché non ha bisogno di comento.
 
 

*1In finem, in hymnis, pro octava. Psalmus David.aDi questo titolo oscuramente tradotto nella volgata si è discorso nel capitolo 9 della Dissertazione preliminare, ove il pro octava si è spiegato per un tempo di musica simile all'otto/tre o all'otto/sei.
Vulgata: In finem, in carminibus. Psalmus David, pro octava.
Salmo di Davide posto in musica dal maestro de' Neghinoth.

 
     
 
    12Domine, ne in furore tuo arguas me neque in ira tua corripias me.Se vuoi, puniscimi, ma pria, Signore,
 
 
lascia che sfoghi, che almen si moderi
 
 
il tuo terribile sdegno e furore.
 
     
 
    23Miserere mei, Domine, quoniam infirmus sum; sana me, Domine, quoniam conturbata sunt ossa mea,Vedi la pallida, la scolorita
 
 
mia guancia inferma? Signor, deh sanami,
 
 
tu puoi: tu porgimi soccorso, aita.
 
     
 
    L'ossa mi tremano, 34et anima mea turbata est valde; sed tu, Domine, usquequo?mi batte in seno
 
 
appena il core: quando è possibile
 
 
tuo ciglio torbido mirar sereno?
 
     
 
    45Convertere, Domine, et eripe animam meam; salvum me fac propter misericordiam tuam.Se un guardo volgimi, pietoso Dio,
 
 
se da' tormenti quest'alma liberi,
 
 
sarà tua grazia, non merto mio.
 
     
 
    56Quoniam non est in morte qui memor sit tui; in inferno autem quis confitebitur tibi?bLa voce ebraica בשאולdinotain inferno ed in sepulcro: questa seconda significazione è più adattata al versetto. Uno de' grandi motivi che proponevano a Dio gli ebrei per impetrar lunga vita era acciocché non mancassero al mondo coloro che potessero lodarlo, non essendo egli noto che al solo popolo ebreo. Così nel salmo 29, v. 10; nel Cantico di Ezzechia, in: Isaia, cap. 38, v. 18 ed altrove.Pur vivo io lodoti: se vuoi ch'io mora
 
 
forse potranno cantar tue glorie
 
 
le fredde ceneri dall'urna ancora?
 
     
 
    67Laboravi in gemitu meo, lavabo per singulas noctes lectum meum,cQuesto lavabo lectum meum è nell'ebreo אשחה, che da S. Girolamotraducesi natare faciam.lacrimis meis stratum meum rigabo.Non so che piangere non solo il giorno,
 
 
ma pur la notte, quando altri dormono,
 
 
io veglio e misero m'aggiro intorno.
 
     
 
    E tal di lagrime la piena abbonda
 
 
che i miei dolenti lumi tramandano,
 
 
che tutto sembrami che il letto inonda.
 
     
 
    78Turbatus est a furore oculus meus,dL'ebraica voce עששה strettamente dée tradursi tineas produxit o tineis corrosus, ma il dirsi oculus præ furore produxit tineas, corrosus est tineis è una frase così caricata, che non può soffrirla né il greco né il latino né l'italiano idioma. L'idiotismo vuol dire in giusto senso obtenebratus est, e così si è da noi tradotto. Il volgato semplicemente ci dà turbatus est, ma ha troppo illanguidita la vivace metafora orientale.inveteravi inter omnes inimicos meos.eQuesto inveteravi nell'originale s'appropria all'occhio, onde dovrebbe dirsi inveteravit. Propriamente il verbo עתקה s'intepetraobduruit, intumuit. L'inveteravit è una traduzione libera che ci esprime piuttosto la cagione per cui gli occhi intumidivano, ch'era l'inveterascere inter inimicos.Ah qual caligine, qual nube mai
 
 
mi toglie il giorno, la mente ottenebra!
 
 
Par che vacillino confusi i rai!
 
     
 
    Intumidisconsi gli occhi infelici
 
 
per troppo sdegno, sempre mirandosi
 
 
intorno perfidi, fieri nemici.
 
     
 
    89Discedite a me omnes qui operamini iniquitatem,fMarco Marino crede che il salmista parli alla febbre ed agli altri morbi che lo tormentavano, sotto alla metafora de' nemici: a me sembrerebbe un'immagine troppo audace.quoniam exaudivit Dominus vocem fletus mei.No, più non tollero nemici a canto:
 
 
partite, iniqui, fuggite, o barbari,
 
 
cessin le lagrime, finisca il pianto.
 
     
 
    La voce flebile del pianto mio,
 
 
910Exaudivit Dominus deprecationem meam; Dominus orationem meam suscepit.le mie preghiere già volle accogliere
 
 
il pietosissimo mio caro Dio.
 
     
 
    1011Erubescant et conturbentur vehementer omnes inimici mei; convertanturgBenché piaccia a' mistici questo convertantur, pure nell'ebraico originale è semplicemente abeant, recedant.et erubescant valde velociter.Che dunque attendono? Mesti e dipinti
 
 
di vergognoso rossor sen fuggano,
 
 
fuggano i perfidi confusi e vinti.
 
 
SALMO VII
 
 

ARGOMENTO

Difficil cosa è il sapersi in qual occasione sia stato scritto il presente salmo. Dagli antichi padri non bisogna sperar soccorso in sì gravi intrighi, poiché si contentano di farci solamente alcune riflessioni utili a' costumi. I moderni interpetri cattolici e protestanti si sono vanamente ingegnati di adempir questa parte con varie osservazioni che sono in verità tutte o false o di picciol momento. Il titolo che porta in fronte è l'origine di ogn'inganno: nella nostra volgata si legge Psalmus David, quem cantavit Domino pro verbis Chusi filii Iemini. Nel testo ebreo ci è dippiù la voce shigajon (שגיון) sul principio, intorno alla quale son così varie le opinioni, che il riferirle tutte ordinatamente ci ha costato non brieve fatica nel capitolo 9 della nostra Dissertazione preliminare. Dopo molti contrasti e dopo aver dimostrate false le traduzioni di Vatablo, di Grozio, di Genebrardo, di Muiz, di Ferrando, di Giunio, del Calmet, che interpetranodefensio, sollicitudo, psalmus aberrationis, error, elegia etc., ivi si è finalmente da noi conchiuso con sode ragioni che altro non vuol dire che obscuritas, incertitudo, e ch'era una nota critica simile all'ἄδηλον de' greci solita ad apporsi da' raccoglitori delle poesie nelle margini, quando o non si sapea l'autore della poesia o ignoravasi l'argomento. Questa voce dunque qui posta non ha che fare né col titolo né col salmo, ma è una nota di altra mano, che scrisse nella margine shigajon, cioè l'argomento è incerto. Quindi ognuno può conoscere se sia ora facile il ripescarlo, se i primi autori della raccolta de' salmi ci ammoniscono che ancora in quei tempi era ignoto. E certamente si sarebbe ben ciascuno acquietato con desistere dall'impresa, se il titolo che siegue non paresse un compendio dell'argomento: Super verbis Chusi filii Iemini.

     La maggior parte de' padri antichi1Basilius, Chrysostomos, Theodoret, Augustinus, Cassiodor, Euthymius, Eusebius, Athanasius. crede infatti che qui si parli di Cusi il famoso amico di Davide, il quale s'unì ad Assalonne appunto per deluderlo e tener avvisato Davide di ogni risoluzione; ed il Grisostomoci dice che siesi scritta questa canzone quando Cusi, contro al sentimento di Achitofello, persuase al principe di unir le truppe con ogni prestezza per inseguire Davide già fuggiasco. Ma come mai con sì acerbo stile potea Davide rimproverare a Cusi il suo tratto, quando n'era appieno inteso che ogni cosa era finta, anzi l'aveva egli stesso consigliato ed animato all'impresa? E se mai avesse dubitato, dopo scoverto il vero ci avrebbe lasciata questa eterna memoria di tanta infamia all'amico? S. Agostinoben si accorse che letteralmente non può intendersi di Cusi, e riferisce ogni cosa a' nemici di Gesù Cristo. Ma questo è un ricercare il senso spirituale, senza prima rinvenire il letterale da cui dipende: veggasi il capitolo ultimo della nostra Dissertazione preliminare. S. Girolamoci avverte che sia un errore troppo grossolano il credere che qui si parli di Cusi Arachite, tanto maggiormente che il nome di costui è scritto nel testo2קושי קוסי. col samech, e qui nel salmo è collo schin. Nell'edizioni che abbiamo di presente, e l'uno e l'altro nome si scrive collo schin; ma ci è un'altra differenza di non minor momento: che la prima lettera qui nel salmo è il caph, e nel libro de' re è il chet3Regum, lib. 2, cap. 16, v. 16: חרשי; in psalmo: קוש., né forse Cusi Arachite era della tribù di Beniamino, ciò che vuol dire il filii Iemini.


     Quindi i rabbini, e dopo loro i moderni interpetri più dotti4Muiz, Geier, Martin Lutero, Cocceio, Vatabloetc., pensano che sotto la voce Cus intenda Davide di parlar di Saulle, il cui nome non volle svelare per un rispetto dovuto alla maestà d'un regnante, e ci apportano a persuaderci l'ibi di Callimaco e di Ovidio ed altri esempi consimili; e credono che tal soprannome Cus, che dinotaetiope, nero, s'adatti a Saulle per lo suo mal cuore ed animo incrudelito. Il Calmet, che siegue l'opinione di costoro nell'interpetrazione del salmo, come più a proposito, si ride però giustamente del titolo di Cus in tal senso, ma non sapendo proporre una nuova spiegazione migliore, ci dice che de' titoli non debba farsene conto, e specialmente di questo, postovi certamente da qualche imperito copista. Ma questa è una sfuggita di chi crede di saper tutto e non vuol confessare che siaci cosa nella Bibbia ch'ei non intenda. Forse è una proposizione assai audace il dir che i titoli non sieno di canonica autorità; ma qualora fosse ciò lecito il disputarsi, è certamente una follia non riconoscergli come antichissimi nel testo ebreo almeno da' tempi di Esdra, e tali gli han ritrovati i Settanta, Aquila, Simmaco, Teodozione, S. Girolamoed il parafraste caldeo. Confesseremo ingenuamente che l'opinione d'Arnobiosarebbe al certo la più verisimile, che qui si parli di Semei, il quale con incredibil villania tirando colpi di pietra rimproverava a Davide fuggiasco l'essere stato lui la ruina della casa di Saulle, di qual calunnia qui si scusa nel salmo. Davide in verità in quell'occasione chiama Semei con tal titolo: quanto magis nunc filius Iemini?5Regium, lib. 2, cap. 16, v. 11. Ma il Cus, che si legge invece di Semei, non ci è in maniera da sostenerli; onde Groziopensa che questo Cusi della tribù di Beniamino era qualche uficiale di Saulle, nemico di Davide, che forse a torto l'accusò presso il re di quel delitto.


     Noi abbiamo altrove avvertito6Dissertazione preliminare, cap. 9. che la raccolta de' salmi si fece da' libri del tempio, ove, essendoci molte note appartenenti alla musica, si copiarono fedelmente e s'introdussero nel testo de' salmi. Quasi la maggior parte de' titoli son di tal genere, ed è cosa inutile il ricercar in essi l'argomento del salmo. Pochi sono i titoli, i quali non appartengono alla musica ed in cui si parla dell'argomento, e questi sono di fresca data e si sono apposti per maggior chiarezza sul fondamento di qualche tradizione. Ma i titoli antichi appartenenti alla musica riconoscono autore sovente Davide stesso o altro celebre maestro de' tempi suoi; e qualora sembrano oscuri ed inconcludenti, bisogna ammonire il lettore che ci sarà qualche erudizione appartenente alla musica antica che noi non intendiamo, e non cercare di trargl'in altro senso o pure di rigettargli come inutili e falsi.


     Senza più tenere a bada i lettori, ecco il vero senso del titolo, che non ha finora alcun de' critici ripescato. Questo Cusi della tribù di Beniamino era qualche poeta e maestro di cappella famoso in quei tempi: costui avea composta e poi messa in musica qualche canzonetta, che forse era celebre e cantavasi da tutti, e chiamavasi la canzonetta di Cusi. Il metro e la musica piacque a Davide, e vi compose anch'egli questo salmo, per cantarsi a quel tuono. Negli altri salmi si dice di qual maestro di cappella sia stata la musica: qui la musica era antica e le parole eran nuove, e perciò si scrive: Psalmus David, quem cantavit Domino pro verbis Chusi filii Iemini. La particella על, che si traduce pro, déesi render super, ed è voce propria della musica, occorrendo spesso ne' salmi super nebel, super psalterio etc.7Psalmus 91, v. 4., onde il titolo può tradursi: Questo salmo di Davide è sopra la canzonetta di Cusi della Tribù di Beniamino.


     Non può pensarsi cosa più semplice e verisimile di questa interpetrazione. L'argomento poi qual sia veramente, non possiamo deciderlo: solo generalmente può dirsi che Davide qui si scusa d'una calunnia orditagli presso un suo amico, che forse è Gionata, a cui qualche malevolo avrà riferito che Davide avesse sparlato contro di lui, di che giustamente si scusa in questo salmo. Mi muove a pensar così il versetto quarto, che secondo la nostra traduzione dall'ebreo dice: Si reddidi amico meo malum etc., persequatur inimicus animam meam. Qual fosse la calunnia, non può sapersi, perché Davide si contiene in termini generali: si feci istud etc. Un simil caso abbiamo nella canzone del Petrarca, che si scusa con Laura, a cui forse era stato riferito d'aver il suo amante detta qualche cosa che non dovea dire:

Se il dissi mai, che venga in odio a quella etc.

e sia ciò detto per maggior chiarezza del salmo, salva ogni riverenza dovuta alle cose sacre.
 
 

SALMO VII
 
 

*1Psalmus David, quem cantavit Domino pro verbis Chusi filii Iemini.aDi questo titolo vedi la Dissertazione preliminare, cap. 9, e l'argomento di questo salmo.L'argomento è incerto. Il salmo è di Davide, che lo cantò al Signore sul tuono della canzonetta di Cusi della tribù di Beniamino.

 
 
12Domine Deus meus, in te speravi: salvum me fac ex omnibus persequentibus me et libera me.Signor, le mie speranze
 
 
tutte ho riposte in te. Salvami, o Dio,
 
 
dal nemico feroce
 
 
che m'insegue e m'incalza. 23Ne quando rapiat ut leo animam meam, dum non est qui redimat neque qui salvum faciat.bL'ebreo ha ne quando rapiar animam meam discerpens, neque sit qui illam eripiet, manca nella volgata il discerpens, manca nell'ebreo il neque qui salvum faciat, che certamente s'introdusse nel testo da' glossatori per ispiegare il qui redimat.Ah, mai non sia
 
 
che contro a me s'avventi
 
 
qual rabbioso leon che a brano a brano
 
 
un misero agnellino
 
 
lacera e ingoia, e alcun non v'è che accorra
 
 
a campar l'infelice. 34Domine Deus meus, si feci istud, si est iniquitas in manibus meis,Io reo non sono,
 
 
e di nero delitto
 
 
già mi vogliono autor. Se il feci mai,
 
 
se colpa è in me, 45si reddidi retribuentibus mihi mala,cNell'ebreo si legge: si reddidi pacifico meo, amico meo malum. La radice del vocabolo שלמ qui usato può avere molte significazioni, e forse il volgato si servì del retribuentibus anche nel senso di amico o benefattore. Comunque sia, è più adattata la versione amico meo: Si reddidi malum amico meo, persequatur inimicus animam meam; il quale pensiero è languido ove si dica si reddidi malum inimico meo, persequatur inimicus animam meam, poiché in questo secondo caso avrebbe dovuto dirsi: se ho fatto male a' miei nemici, mi possano mancare gli amici…decidam merito ab inimicis meis inanis.dCiò si conferma con questa seconda parte del versetto. La voce ריקם, che si rende inanis, ha forza di avverbio vacue: inimici mei vacue o tribulantes me vacue è un idiotismo che dinota un nemico che mi perseguita senza cagione; il merito nell'ebreo non ci è: il decidam corrisponde al ואחלצה, che dée tradursi imo eripui. Tutto il versetto si può intender così: Si reddidi pacifico meo malum (imo eripui qui me persequebantur iniuste et sine causa). Tale infatti si dimostrò con Saulle; ed il sentimento è chiaro nella nostra traduzione.se mal per bene al caro
 
 
amico io resi mai (com'è possibile,
 
 
se chi ingiusto m'opprime ancor pietoso
 
 
dalla morte salvai?) 56Persequatur inimicus animam meam et comprehendat et conculcet in terra vitam meam et gloriam meam in pulverem deducat.più cruda allora
 
 
de' nemici la turba
 
 
m'insegua e prenda e mi calpesti ardita,
 
 
finché riduca in polvere
 
 
il mio onor, la mia gloria e la mia vita.
 
 

II

 
 
67Exurge, Domine, in ira tua, et exaltare in finibus inimicorum meorum.eExaltare in furore tribulantium me, dice l'ebreo, non già in finibus, ch'è alquanto oscuro. Il senso della volgata è: dimostra la tua potenza ne' paesi de' tuoi nemici; inimicorum meorum et tuorum leggesi or d'una or d'un altra maniera negli antichi codici greci e latini. Picciola differenza: i nemici di Davide eran nemici di Dio, e per contrario i nemici di Dio eran nemici di Davide.Ma s'io nol feci, il trattenuto sdegno
 
 
sii pur pronto a sfogar: alza il possente
 
 
braccio fulminator, e i miei nemici
 
 
abbatti e struggi. 78Et exurge, Domine Deus meus, in pæcepto quod mandasti, et synagoga populorum circumdabit te.Ah tu, Signor, giurasti
 
 
di salvar l'innocente: il tempo è questo
 
 
di compir le promesse. Ecco qual densa
 
 
turba v'accorre e da' tuoi labbri attende
 
 
la sentenza final. 8(8)Et propter hanc in altum regredere:fRegredi in altum propter hanc è una frase elegantissima adattata ad un giudice che vuol partirsene prima di sbrigar la causa: a riguardo di tutta la Sinagoga o la Chiesa, vuol qui Davide che Dio sieda nel suo tribunale e senta le ragioni e giudichi questa causa fra lui e suoi nemici. Questa è un'immagine troppo bella.9Dominus iudicat populos.A te ne vengo,
 
 
sul trono ascendi e siedi: esser tu déi
 
 
il giudice supremo; 9(9)Iudica me, Domine, secundum iustitiam meam et secundum innocentiam meam super me.in questa causa
 
 
pietà non vo': cerco giustizia e voglio
 
 
che l'innocenza mia, verso gli amici
 
 
il mio bel cor qual sia, tu vegga, 1010Consumetur nequitia peccatorum; et diriges iustum, scrutans corda et renes Deus.gConsummari nequitiam peccatorum, compleri malitiam è un idiotismo che vuol dire esser venuto il tempo di condannarsi. Vedi questa frase nel Regium, Lib. 1, cap. 20, v. 7 e cap. 25, v. 17. Lo scrutans corda et renes, per uniformarci al gusto della nostra lingua, si è tradotto da noi: tutti del cor gli arcani a te son noti. Nell'ebreo si dice scrutans corda et renes Deus iuste; nella volgata il iuste s'unisce al seguente versetto iustum adiutorium, ma questa differenza non cambia il sentimento.e tutti
 
 
del cor gli arcani a te son noti. Udite
 
 
hai le ragioni? È tempo ormai, risolvi,
 
 
il reo condanna e l'innocente assolvi.
 
 

III

 
 
1111Iustum adiutorium meum a Domino, qui salvos faciat rectos corde.Non temo io, no: la mia difesa è Dio,
 
 
che un cor fedel sempre protegge. 1212Deus iudex iustus, fortis et patiens; numquid irascitur per singulos dies?hS. Girolamotraduce in un senso contrario: Deus iudex iustus et fortis, comminans, irascens tota die. L'ebreo ha fedelmente così. Aquilae Simmacosi spiegano con termini consimili, e questa è la vera traduzione: poiché Davide qui non parla affatto della divina misericordia. Nella volgata, per uniformarsi all'ebreo, dovremmo leggere: numquid non irascitur per singulos dies? Quel patiens non è nell'ebreo, ove solamente è la voce אל, che dinota Deus e dée tradursi Deus iudex iustus et Deus indignans tota die o, qualora si vuol prendere per un addiettivo, al più dinotafortis, come traduce S. Girolamo. Forse i Settanta variando la rabbinica punteggiatura leggeano ואל veal, et non, invece di ואל veel, et Deus, e scrissero et non irascens invece di et Deus irascens, καὶ μá½´ […] ὀργá½´ν ἐπάγων.Iddio,
 
 
ch'è un giudice severo,
 
 
ch'è giusto e sempre a vendicar è pronto
 
 
ogni giorno i suoi affronti. 1313Nisi conversi fueritis,iNisi conversus fuerit ha l'ebreo, continuando meglio il discorso.gladium suum vibrabit, arcum suum tetendit et paravit illum.Indietro il passo
 
 
se non volge il nemico, ecco già snuda
 
 
l'acciaro e corre a mia difesa. Ah! l'arco
 
 
ecco già tende, 1414Et in eo paravit vasa mortis;kVasa mortis, כלי מות, è un idiotismo ebraico nel senso di arma lethifera.sagittas suas ardentibus effecit.lQuesto ardentibus comunemente s'intende de' nemici che ardeano di sdegno contro Davide, perché così i moderni spiegano la voce לדלקים, persequentibus, cioè contra ardentes, contra persequentes. Ma la voce ebraica è capace ancora della naturale significazione di ardentibus, che può unirsi con sagittas: sagittas suas ardentes effecit; e così infatti si legge nel Salterio Carnotese e presso S. Agostino. Efficere sagittas in ardentes o ardentibus è un ebraismo simile al fieri in laqueum, facere in animam viventem, che secondo la sintassi latina dée dirsi fieri laqueum, facere sagittas ardentes. Forse ancora il volgato usò quell'ardentibus per carbonibus: sagittas suas carbonibus effecit. Le saette infocate erano in uso presso tutti gli orientali ed erano simili alle falariche de' romani. L'espressione è ben adattata alle arme di Dio, che sono i fulmini, e Simmacomolto a proposito traduce εá¼°ς τὸ καίεινsagittas suas fecit ad ardendum. Noi abbiamo espresso l'una e l'altra significazione della voce ebrea saette infocate e contro i nemici.orribil arco e gravido
 
 
di mortali saette ed infocate
 
 
contro a nemici. 1515Ecce parturiit iniustitiam, concepit dolorem et peperit iniquitatem.mPeperit mendacium ha l'ebreo, ed Aquilaψεῦδος; parere mendacium è un ebraismo che vuol dire partorir niente. Noi abbiamo tradotto: ma già deluso alfin restò, tutto è svanito.A partorir vicina
 
 
come s'ange una donna, ah! tal l'indegno
 
 
l'odio già concepito, il reo disegno
 
 
s'affannava a sfogar: ma già deluso
 
 
alfin restò, tutto è svanito. 1616Lacum aperuitnIl lacum corrisponde al greco λάκκον nel senso di fogna. Il salmista si vale spesso di tal metafora, poiché era in uso allora nelle guerre e nelle cacce il fare trabocchetti e cave e coprirle di rami, acciocché vi cadessero gli uomini o le fiere.et effodit eum et incidit in foveam quam fecit.Indarno
 
 
tremar cercò l'infidie: ei cadde oppresso
 
 
nel tradimento stesso. 1717Convertetur dolor eius in caput eius,oDolor eius, cioè il dolore ch'egli voleva arrecarmi; l'ebreo più chiaro: labor eius.et in verticem ipsius iniquitas eius descendet.Il mal già tutto
 
 
che rovesciar volea sulla mia testa
 
 
ricadde in sull'autor. 1818Confitebor Domino secundum iustitiam eius, et psallam nomini Domini altissimi.Io lieto assai
 
 
canto la tua giustizia,
 
 
le tue glorie, o Signor; e il tuo gran nome
 
 
(nome che sempre di lodarsi è degno)
 
 
il mio salterio a risonare insegno.
 
 
SALMO XXXIII
 
 

ARGOMENTO

Nel libro primo de' re, cap. 21, v. 13 ci si racconta che Davide, scampato dalle insidie di Saulle, si ricoverò da sconosciuto nella corte di Achis, re geteo, ove finalmente fu riconosciuto da' cortigiani; ond'egli, per liberarsi dal pericolo, fu costretto di fingersi pazzo: immutavit os suum coram eis et collabebatur inter manus eorum et impingebat in ostia portæ. Quindi rifuggitosi nella spelonca di Odolla ov'erano tutti i suoi, compose in ringraziamento questo salmo, come si ha da tal titolo che ancora si conserva: Psamus DavidVulgata: Davidi, cum immutavit vultum suum coram Abimelch et dimisit eum et abiit. Tutta la difficoltà si riduce a quello Abimelech: il re di Get chiamavasi Achis, come espressamente si ha dal libro de' re, onde pensano i più dotti che il nome di Abimelecco fosse proprio di tutti i re della Palestina, come i faraoni di Egitto. Nella Bibbia di Clemente VIII, in molte edizioni della volgata ed in parecchi manoscritti si legge Achimelech invece di Abimelech, ed è facilissimo nel testo ebreo lo scambiamento delle due lettere similissime. Io credo, che il melech fosse stato diviso da Achis, e si sa che quell'aggiunto dinotirex; forse si scrisse coram Achis melech (rege), poi si unì per fallo de' copiatori e se ne fece un nome Achimelech, indi Abimelech, mentre invano si cerca intanto un Abimelecco o Achimelecco nella sacra storia, avanti a cui Davide si fosse finto pazzo, come in verità avvenne in presenza di Achis. Il salmo è in stile tenue ed acrostico, cioè scritto con ordine alfabetico, come il salmo 29 manca il vau, e nel versetto 23 si replica il pe del versetto 17, ciò che a Marco Marino sembrò un mistero; ma non sapendo noi affatto le regole della lor poesia, non possiamo conoscerne le irregolarità. Facilmente però può giudicarsi che il versetto sesto dée cominciare Dominus exaudivit, ויהוה, ecco il vau, e che iste pauper clamavit spetti alla strofetta superiore e che il versetto 23 debba unirsi al 22 per finire col tau e non col pe.
 
 

SALMO XXXIII
 
 

*1Davidi, cum immutavit vultum suum coram Abimelech et dimisit eum et abiit.Composto da Davide, poiché scappò dalla corte del re Achis, ove si finse pazzo.

 
     
 
    12Benedicam Dominum in omni tempore, semper laus eius in ore meo.Cantiam le glorie, cantiam le lodi
 
 
del mio Signore amabilissimo
 
 
e replichiamole in cento modi.
 
     
 
    23In Domino laudabitur anima mea;aIl laudabitur è intransitivo, nell'ebreo תתהלל, gloriabitur; e l'anima mea si usa spesso invece del pronome ego, ond'è lo stesso che ego gloriabor, gloria exulto in Domino: a noi è piaciuto intenderlo dell'estro poetico.audiant mansueti et lætentur.I giusti godano, se i prieghi suoi
 
 
cantar m'udranno: per chi sì fervido
 
 
estro in me accendesi, se non per lui?
 
     
 
    34Magnificate Dominum mecum, et exaltemus nomen eius in idipsum.bQuesto in idipsum sempre oscura la traduzione del volgato, corrisponde all'ebraico יחדו, simul, unitamente: vedi la Dissertazione preliminare, cap. 10, e l'osservazione al verso ultimo del salmo 4.Ma come reggere potrò, ma come
 
 
io solo? Meco tutti ancor cantino,
 
 
di Dio si celebri l'amabil nome.
 
     
 
    45Exquisivi Dominum, et exaudivit me et ex omnibus tribulationibus meis eripuit me.Udite: io supplice pietà cercai,
 
 
benigno ei volle miei prieghi accogliere,
 
 
e già son libero da tanti guai.
 
     
 
    56Accedite ad eum et illuminamini, et facies vestræ non confundentur.cL'ebreo ha חביטו אליו ונהרו, hibbitu elau venaharu, respexerunt ad eum, et confluxerunt: i Settanta lessero habbitu respicite, che poi liberamente tradussero accedite. Il verbo נהר, nahar, può dinotare e confluere ed illuminare: facies confundi è un idiotismo ebraico in senso di arrossire, facies illuminari sarebbe qui in contrario senso; a me piace più il confluxerunt, sostenuto ancora da S. Girolamo.A folla corrono tutti al Signore,
 
 
gli accoglie ei pronto, né alcun mai videsi
 
 
da lui tornarsene pien di rossore.
 
     
 
    67Iste pauper clamavit, et Dominus exaudivit eum et de omnibus tribulationibus eius salvavit eum.Basti l'esempio del caso mio:
 
 
misero, afflitto pregai; già subito
 
 
d'ogni pericolo salvommi Iddio.
 
     
 
    78Immittet angelus Domini in circuitu timentium eum et eripiet eos.dL'immittet è oscuro e di niuna significazione. L'ebreo ha חנה, castramentans angelus Domini circum timentes eum; anche il greco ha παρεμβαλεῖ. La nostra traduzione di aver per guida allato corrisponde più chiaramente all'idea che noi abbiamo degli angioli che ci assistono.Quei che lo temono saran felici,
 
 
avranno allato per guida un angelo,
 
 
ed ei gli libera da' lor nemici.
 
     
 
    89Gustate et videte quoniam suavis est Dominus: beatus vir qui sperat in eo.Chi in lui confidasi, timor non ave,
 
 
dolce è il Signore: provate e ditemi
 
 
se non è amabile, non è soave.
 
     
 
    910Timete Dominum, omnes sancti eius, quoniam non est inopia timentibus eum.Ah voi temetelo, ch'esser temuto
 
 
ei vuole, o giusti: nelle miserie
 
 
ei sempre porgevi ben pronto aiuto.
 
     
 
    1011DiviteseNell'ebreo è כפירים, leones, ma tutte le versioni convengono in intendere il leones nel senso metaforico di potentes.eguerunt et esurierunt, inquirentes autem Dominum non minuentur omni bono.Son fra dovizie spesso i potenti
 
 
meschini: e quelli che Dio sol cercano,
 
 
di tutto abbondano, vivon contenti.
 
     
 
    1112Venite, filii, audite me: timorem Domini decebo vos.Avvicinatevi, parlarvi io vo':
 
 
saper volete come Dio temesi?
 
 
Figliuoli, uditemi, v'insegnerò.
 
     
 
    1213Quis est homo qui vult vitam, diligit dies videre bonos?fNell'ebreo è diligit dies ad videndum bonum: il senso è lo stesso, ma è facile che la vera lezione sia טובים, tobim bonos, non già טוב, tob bonum come s'ha presentemente, e che sia soprabbondante la particella che rende l'infinito un gerundio.V'è chi mai savio, v'è chi fra voi
 
 
vuol che sua vita contenta menisi
 
 
e lieti scorrano i giorni suoi?
 
     
 
    1314Prohibe linguam tuam a malo, et labia tua ne loquantur dolum.La lingua frenisi: né menzognero
 
 
il labbro sparga nere calunnie,
 
 
né gli altri mormori, né parli altero.
 
     
 
    1415Diverte a malo et fac bonum, inquire pacem et persequere eam.Il mal deh fuggasi come nemico;
 
 
il ben si faccia: la pace cerchisi,
 
 
sia a tutti amabile, con tutti amico.
 
     
 
    1516Oculi Domini super iustos, et aures eius in preces eorum.A' giusti, a' semplici dall'alte sfere
 
 
Iddio suoi sguardi volge dolcissimi:
 
 
de' giusti ascoltansi sol le preghiere.
 
     
 
    1617Vultus autem Domini super facientes mala, ut perdat de terra memoriam eorum.Ma come orribile riguarda e come
 
 
gli empi atterrisce! Vuole anche struggere
 
 
la lor memoria, lo stesso nome.
 
     
 
    1718Clamaverunt iusti, et Dominus exaudivit eos et ex omnibus tribulationibus eorum liberavit eos.gTutto il periodo può ben tradursi in futuro dall'ebreo, ciò ch'è più adattato.Chi è giusto preghilo, lo esaudirà:
 
 
e se ben cinto sia di miserie,
 
 
ei pietosissimo lo salverà.
 
     
 
    1819Iuxta est Dominus iis qui tribulato sunt corde, et humiles spiritu salvabit.A quei che passano turbati gli anni
 
 
Dio sempre è appresso, purché con umile
 
 
e dolce spirito soffran gli affanni.
 
     
 
    1920Multæ tribulationes iustorum, et de omnibus his liberabit eos Dominus.Ben molte e varie de' giusti sono
 
 
talor le pene: ma Dio gli libera,
 
 
né vuol che restino in abbandono.
 
     
 
    2021Custodit Dominus omnia ossa eorum: unum ex his non conteretur.hNon può intendersi questo passo nel senso che dimostrano le semplici parole, poiché è falso, avendo Dio permesso che si pestassero le ossa de' martiri del vecchio e del nuovo testamento, e fu questo un privilegio del nostro salvator Gesù Cristo. Per comun sentimento de' savi è questa una metafora, e per le ossa intendonsi la robustezza ed il vigore, che Dio non permette che mancasse ne' suoi servi. Ma nella nostra lingua suona un non so che di bassezza il dirsi il Signore fortifica le ossa de' suoi servi, e non farà che ne manchi o ceda alcuno per esprimere ch'egli fortificherà il loro cuore colle virtù della pazienza, della rassegnazione, delle quali non farà che alcuna ceda all'oppressioni. Quindi necessariamente ho dovuto far uso d'una libera traduzione per salvare il decoro ed adattarmi al gusto della lingua: vedi la Dissertazione preliminare, cap. 2.Venga ad opprimergli, venga un tiranno,
 
 
Dio lor accresce valore e spirito,
 
 
costanti, intrepidi resisteranno.
 
     
 
    2122Mors peccatorum pessima, et qui oderunt iustum delinquent.iQuesto delinquent è languidissimo, la voce ebrea יאשמו può tradursi devastabuntur, e così nel versetto seguente qui sperant in eo non delinquent, cioè non devastabuntur, poiché il dirsi semplicemente chi odia e perseguita il giusto pecca è una proposizione che contiene un argomento troppo noto e debole per convincere un empio e tiranno di cui ragiona: non così il qui oderunt iustum, devastabuntur.Ma guai a quel barbaro, che il giusto afflisse!
 
 
Straggi e ruine per lui preparansi,
 
 
e ostinatissimo morrà qual visse.
 
     
 
    2223Redimet Dominus animas servorum suorum, et non delinquent omnes qui sperant in eo.Di tai pericoli non ha timore
 
 
chi in Dio sol spera. Dalle miserie
 
 
i giusti libera sempre il Signore.
 
 
SALMO LXVI e LXVII
 
 

ARGOMENTO

Ne' libri del tempio, onde si fece la sacra raccolta, eran registrati tutti i salmi e le altre preghiere che diceansi ne' giorni stabiliti secondo le occasioni. Quindi, come spesso si è avvertito, avvenne che talvolta si registrassero in due o tre luoghi, talvolta dimezzati con qualche mutazione. Spesso i sacerdoti stessi accozzando vari versetti di diversi salmi faceano qualche brieve preghiera opportuna a quella special funzione, ond'è che qualche brieve salmo, che non ha forma di poesia ed è un ammasso di sentenze altrove replicate, dée credersi di tal genere, non un vero poetico componimento di qualche autore. Così tutto giorno a dì nostri veggiamo nelle ore canoniche i versetti, le antifone, che sono ordinariamente prese da' salmi e non sono un particolar componimento. Tale crediamo noi esser il salmo 66, il 69, il 116:Laudate Dominum, omnes gentes ed altri di simil fatta. Tralasciando dunque il 66, in cui non ci ha cosa di nuovo che ci costringa a fermarci, passiamo al 67, ch'è in verità il più oscuro e difficil salmo che siaci mai nel salterio.

     Siccome l'oscurità degli altri salmi si è da noi sovente attribuita a difetto de' traduttori, così dobbiamo in onor del vero qui confessare che il salmo è oscuro in sé stesso e che comunque si traduca sarà sempre difficilissimo a ben intendersi per la disunione di tanti pensieri e sentimenti diversi.


     Non neghiamo però che le traduzioni niente felici finora fatte non abbiano a dismisura accresciuta l'oscurità, che invano han cercato di sgombrare gl'interpetri ed i comentatori. I padri antichi si fermarono sul senso spirituale della venuta di Cristo, della sua predicazione e degli appostoli, della risurrezione e gloriosa salita nel cielo, e son queste cose autorizzate in parte da S. Paolo nell'Epistola agli Efesi, cap. 4, v. 8; ma poco curarono il senso letterale. Bedae Teodorohan tentato almeno di scoprire l'occasione in cui fu scritto, e siccome a parer mio han colpito nel segno, così poi nella spiegazione del salmo van cogli altri per la strada battuta, non avendo saputo contenersi. Il rabbino Salomone, Abenezraed altri aiutati dal caldeo parafraste il riportano all'uscita da Egitto ed alla promulgazione della legge sul Sinai, e favorisce questa opinione il primo versetto del salmo, che si cantava a' tempi di Mosè nello sloggiare e nel trasporto del tabernacolo. Altri van trovando altre occasioni o di famose militari spedizioni o di vittorie a cui l'adattano, finché si è giunto ad Ezzechia ed alla celebre stragge di centottantamila uomini dell'esercito di Sannecherib. Tutte queste opinioni nacquero da' lunghiIn der zweiten und dritten druckgleichen Augsabe von Saverio Matteis I libri poetici della Bibbia (Bd. 4, S. 180, Neapel, jeweils 1773 bzw. 1779) steht irrtümlicherweise „luoghi“, in der Erstausgabe (Bd. 3, Neapel 1768, S. 131) korrekt „lunghi“. Die Edition korrigiert hier den Druckfehler der zweiten Ausgabe anhand der Erstausgabe. e spessi episodi che son nel salmo, che occupano l'argomento principale ed hanno ingannati i lettori. Così il volgo chiamò Argonauticon il bel poemetto di Catullo sulle nozze di Tetide e di Peleo, perché l'entrata di quel componimento contiene la descrizione del viaggio degli Argonauti, benché non sia questo l'argomento del poeta.


     Bedae Teodorohan giustamente pensato che il salmo siesi scritto per la traslazion dell'arca dalla casa di Obededom nel tabernacolo di Sion. Questa si fu l'occasione per cui fu composto il bel salmo ed allora in quella solenne processione si cantò: è inutile il cercare il particolar argomento di cui si tratta, poiché il poeta si spazia per la storia del popolo ebreo raccogliendo i più belli prodigi, che fa servire al proposito di quella festa. Quindi avvertiamo che i padri non felicemente han cercato di spiegare il senso spirituale continuato, quasi sempre si parlasse dell'ascenzione di Gesù Cristo etc., quando varie son le storie toccate nel senso letterale di diverso argomento, che tutte non possono riferirsi ad un solo. Anzi, in alcuni passi non ci è affatto alcun mistero, essendo semplici poetici ornamenti come le comparazioni. Vedi il capitolo 10 della Dissertazione preliminare.


     Da ciò n'è avvenuto che invece di darci una spiegazione del salmo ci han dato un salmo nuovo da lor composto, ma non quello di cui trattiamo. E non è un nuovo salmo la traduzione del Lalemandfondata su queste interpetrazioni de' padri? Ecco come traduce il versetto 14 Si dormiatis inter medios cleros, pennæ columbæ deargentatæ etc.: Voi (dice il Lalemand) che dovete essere gl'istrumenti delle sue vittorie, quando sarete nel mezzo de' più evidenti pericoli non vi perdete di coraggio: ne uscirete gloriosi come una colomba che spicca il volo facendosi ammirare per la bianchezza delle sue piume etc.


     Confesseremo ingenuamente che il Padre Calmetha meglio di tutti gli altri interpetrato questo salmo ed illustrato co' suoi dotti comenti: se poi con tutti questi aiuti però si capisce l'economia dell'intero salmo, lo giudichino i lettori. Nobilmente egl'interpetra i versetti 12, 13, 14, 15; ma come si uniscano a questi poi i seguenti non potrà intendersi, ed io sempre ho avvertito che la più difficil cosa è il ritrovar la connessione. A ritrovar questa bisogna entrare nella fantasia del poeta e veder da quali immagini era egli agitato nel comporre questo nobilissimo inno che, se bene alquanto oscuro, non lascia d'esser un modello d'una perfetta lirica poesia.


     Prima d'ogni altro è necessario che sovvenga a' lettori che in queste solenni traslazioni intervenivano tutti i leviti, i musici e, secondo il costume di quei tempi, anche le donne cantatrici e quelle che sonavano i timpani e i sistri. Cantavasi ordinariamente qualche poesia composta a due cori, e gareggiava il coro de' giovanetti con quello delle donzelle. Ne abbiamo un esempio di Catullo nel Vesper adest, iuvenes e nel salmo 44. In questo inno non parlano già i due cori, come in quell'epitalamio, ma il poeta esorta tutti a cantare le lodi del Signore ed i suoi prodigi, or rivolgendosi ad un coro, ora all'altro, somministrando a ciascuno argomenti per cantare, finché poi, giunti al luogo destinato, il poeta lascia il discorso e comincia: Mons Die, mons pinguis etc., che pare un'uscita irregolare che non si è capita finora, ma si capirà nella nostra traduzione. E si figuri ciascuno che il poeta, in quella occasione di trasportarsi l'arca sul monte Sion, per la strada vada esortando i leviti a cantar le glorie di Dio e della sua arca, in veder il monte dopo qualche cammino interrompe il discorso, e grida: ecco il monte, ecco il bel monte, come i troiani in veder l'Italia. Così, ora ch'entriamo nella fantasia del poeta, ritroviamo la connessione di quei sentimenti che si son creduti impossibili ad unirsi da coloro che credono che l'interpetrazione di tutto il salmo dipenda dalla particolar gramaticale spiegazione de' versetti disunitamente considerati. Con tali premesse ci accingeremo alla difficile impresa di tradurre il nobilissimo inno, in cui, al dir di Muiz, tot ferme sunt scopuli, tot labyrinthi, quot versus, quot verba, ut non immerito crux ingeniorum, et interpretum opprobrium dici possit.(*)La traduzione di questo salmo mi ha particolarmente scosso (dice il gran poeta e gran giudice della poesia Abate Metastasio nella lettera stampata al tomo 1, pag. 366) perché dalle profonde tenebre e dalla apparentemente disperata sconnessione dell'originale mi è comparso inaspettatamente innanzi lucidissimo e conseguente.
 
 

SALMO LXVII
 
 

*1In finem. Psalmus cantici ipsi David.La poesia e la musica èIn der zweiten und dritten druckgleichen Augsabe von Saverio Matteis I libri poetici della Bibbia (Bd. 4, S. 184, Neapel, jeweils 1773 bzw. 1779) steht irrtümlicherweise die koordinative Konjunktion „e“ ohne Akzent, in der Erstausgabe (Bd. 3, Neapel 1768, S. 133) korrekt das Verb „è“. Die Edition korrigiert hier den Druckfehler der zweiten Ausgabe anhand der Erstausgabe. di Davide.

 
 
12Exsurgat Deus, et dissipentur inimici eius, et fugiant qui oderunt eum a facie eius.Sorgi, o Signor, e dissipa
 
 
e spargi i tuoi nemici:
 
 
ognun che t'odia
 
 
fugga da te, 23Sicut deficit fumus, deficiant; sicut fluit cera a facie ignis, sic pereant peccatores a facie Dei.manchin qual nebbia al vento,
 
 
qual cera al fuoco avanti il tuo cospetto
 
 
gli empi, gl'indegni: 34Et iusti epulenturaL'ebreo ha semplicemente ישמחו, lætentur, e nell'antica italica iucundentur: al volgato piacque meglio la caricatura epulentur.et exultent in conspectu Dei et delectentur in lætitia.e al tuo cospetto avanti
 
 
brillin di gioia e di contento i giusti,
 
 
i fidi tuoi. 45Cantate Deo, psalmum dicite nomini eius, iter facite ei qui ascendit super occasum:bSternite iter ei currum agenti per deserta dice l'ebreo, ed è più a proposito, poiché intende dell'arca; ed è un pensier naturale l'esortare i popoli alla rifezion delle strade per ovunque passava quella solenne processione che accompagnava l'arca. Simmacoci da: Καταστρώσατε […] τá¿· ἐποχουμένῳ ἐν τῇ ἀοικήτῳ, e con lui S. Girolamo: præparate viam ascendenti per deserta.Dominus nomen illicNell'ebreo è il nome proprio di Dio, Jeova. La religione degli antichi interpetri e degli ebrei stessi, in non voler proferire questo santo nome, ha oscurato tanti belli luoghi della Bibbia. Così sovente occorre: beato quel popolo che adora per Dio Jeova; col sostituire un nome generale, il sentimento è languido: beato chi adora per Dio il Signore. Del resto, non avendo fatto uso di questo nome gli antichi interpetri, al presente giungerebbe poco grato all'orecchio, e dobbiamo ancor noi servirci di queste perifrasi. Meglio però invece di Dominus abbiamo usato l'omnipotens, più espressivo, come ha fatto lo stesso volgato nel cantico di Mosè: omnipotens nomen eius..Su via, che più s'attende?
 
 
La cetra ov'è? Cantate pur, si lodi
 
 
il formidabil nome
 
 
del nostro Dio: sapete
 
 
com'ei si chiama? Onnipotente. Ei marcia
 
 
per le nostre campagne: olà, ciascuno
 
 
siegua il suo cocchio; olà, l'erta e scoscesa
 
 
alpestre via s'appiani
 
 
ovunque ei passa e agevole si renda,
 
 
sicché il piè non incespi e non offenda.
 
 

II

 
 
5(5)Exultate in conspectu eius, turbabuntur a facie eius,dNon si sa come si è apposto questo turbabuntur a facie eius, che non si legge nell'ebreo, siriaco, caldeo, ed il sentimento è più chiaro: exultate in conspectu eius, patris orphanorum et iudicis viduarum.6patris orphanorum et iudicis viduarum.In lietissima danza
 
 
tutti sciogliete il piè. Questi è colui
 
 
che gli oppressi pupilli,
 
 
le vedovelle abbandonate e meste
 
 
difende e regge. 6(6)Deus in loco sancto suo, 7Deus qui inhabitare facit unius mariseIl senso della volgata è chiaro; l'ebreo ha però qui habitare facit unicos in domo, ed Aquilaunigenitos. Questa secondità degli ebrei si attribuiva a divin prodigio: la stessa sentenza occorre nel salmo 112; qui habitare facit sterilem in domo matrem filiorum lætantem. Forse il volgato scrisse qui habitare facit unius maris in domo, ed il facere habitare in domo unius maris è un idiotismo nel senso di conceder numerosa famiglia ad un solo maschio, riempir la casa di chi era solo.Vulgata: moris.

Das falsch wiedergegebene Wort „maris“ („mas, maris“ = „Mann“) in Matteis Bibelzitat anstelle von „moris“ („mos, moris“ = „Sitte, Beschaffenheit, Art und Weise, Charakter“) führt zu einer vom ursprünglichen Wortlaut der Vulgata divergierenden Interpretation der Passage in seiner Psalmenübersetzung („unius maris“ = „eines einzigen Mannes“; „unius moris“ = „eines Charakters, einer gleichen Gesinnung“).
in domo.
Or nel suo tempio, in mezzo
 
 
di voi l'avrete: egli è delle famiglie
 
 
cadenti già ristorator, che prole
 
 
numerosa concede
 
 
alle sterili ancor. 7(7)Qui educit vinctos in fortitudine,fL'ebraica voce che si rende in fortitudine è d'incerta significazione: במשרות, poiché occorre in questo sol luogo. Comunemente si crede che dinotain vinculis: qui educit eos, qui vincti tenebantur catenis, ed anche in fortitudine si prende in tal senso ed è espressione forense.similiter eos qui exasperant, qui habitant in sepulcris.gIl similiter non corrisponde bene alla particella אך, e forse lesse l'interpetreבך, ma è più facile ed adattata la prima lezione: at qui exasperarunt, habitaverunt in sepulchris. L'ebreo più chiaramente può tradursi at rebelles invece di qui exasperant (ἀπειθεῖς ha Simmaco, ed ἀφιςάμενοιAquila): habitaverunt in loco arido et sicco. Questo luogo arido e secco, o aridità astrattamente come ha l'ebreo, si è dal volgato tradotto seplocro: forse il sentimento è tutto contrario. Leggasi la nostra traduzione e si consideri la stragge fatta degli ebrei nel deserto e quelle parole de' Numeri, cap. 14, v. 32: Vestra cadavera iacebunt in solitudine; ecco l'aridità ed il luogo arido e secco.C'è chi in catene
 
 
vive ristretto? Egli è che al prigioniero
 
 
suo popolo disciolse
 
 
gl'indegni lacci. Ah, s'abusaron poi
 
 
dell'acquistata libertà: gl'ingrati
 
 
l'irritarono a sdegno, ond'è che colti
 
 
dal suo furor caddero oppressi e giacquero
 
 
nel deserto cadaveri insepolti.
 
 

III

 
 
88Deus,hSi osservi nella traduzione che s'unisce questo versetto agli antecedenti: questa è tutta la difficoltà.cum egredereris in conspectu populi tui, cum pertransires in deserto,Gran cose in quel deserto
 
 
tu facesti, o Signor, quando alla testa
 
 
del popol tuo duce marciavi e quando
 
 
sul Sinai comparisti. 99terra mota est, etenim cæli distillaverunt a facie Dei Sinai,iIl Sinai è nominativo, come si vede dall'articolo nell'ebreo, e s'intende il verbo di sopra: trema la terra, il cielo, il Sinai.a facie Dei Israel.Allor la terra
 
 
Tremò commossa allo spavento, e il monte,
 
 
il Sinai stesso ove tu stavi, allora
 
 
a ondeggiar cominciò. De' tuoni al grave
 
 
orribile fragor tutte si sciolsero
 
 
le nubi in pioggia: e chi potea l'aspetto
 
 
del gran Dio d'Israello
 
 
per poco tollerar? 1010Pluviam voluntariam segregabis, Deus, hæreditati tuæ; et infirmata est, tu vero perfecisti eam.kL'ebreo può tradursi più chiaramente pluviam liberalem cadere fecisti, Deus, et hæreditatem tuam defatigatam refecisti. Per pioggia intende tanto la manna per ristoro degli uomini, quanto le acque per ristoro degli animali ed innaffiamento dell'arsiccio terreno, come apertamente si scorge da' due membri del seguente versetto.Non sempre orribili
 
 
son però le tue piogge. Ah! chi non sa
 
 
che la terra languiva arida e secca,
 
 
e tu con dolce pioggia
 
 
le innaffiasti il bel seno, onde di verdi
 
 
spoglie si rivestì, 1111Animalia tua habitabunt in ea; parasti in dulcedine tua pauperi, Deus.né più le greggi,
 
 
né più patir gli armenti: e a chi la dolce
 
 
rugiada è ignota, in cui de' servi tuoi,
 
 
de' fidi servi il coro
 
 
trovò saporosissimo ristoro?
 
 

IV

 
 
1212Dominus dabit verbum evangelizantibus virtute multa.lQui il poeta si rivolge al coro delle donzelle che andava accompagnando l'arca cogli altri cantanti e sonatori, come si ricava dal verso 27, e questo era in vero il costume. L'evangelizantibus nell'ebreo è in femminino: המכשרוה, annuntiatricibus, puellis canentibus; si sa poi il verbum presso gli ebrei di qual distesa significazione mai sia, specialmente ch'è nel testo la celebre voce אמר; vuolsi dunque qui dire: il Signore ha dato anche a voi, o donzelle, gran materia per cantare. Siegue il virtute multa, che s'unisce coll'evangelizantibus, ma non è così; qui appunto comincia il vangelo, o sia il coro da cantarsi dalle donzelle: virtus est multa, o siamultus est exercitus, poiché nel testo è צבא, tsabe, e così s'intende spesso il virtus.Ma voi, donzelle amabili,
 
 
avete ancor di che vantarvi: o quale
 
 
grande argomento e gran materia a voi
 
 
diè per cantare il nostro Dio! L'esercito
 
 
schierato è innumerabile: 1313Rex virtutum dilecti, dilecti et speciei Domus dividere spolia.mRex virtutum dilecti dée tradursi reges virtutum, o siareges bellicosi, dilecti seu coniuncti sunt, fœdus inierunt, at species domus, o siaornamentum domus, o come altri pulchritudo domus, ed altri meglio habitatrix domus, dividet spolia. Quest'ornamento, bellezza della casa, o sia l'abitatrice della casa è Debora che trionfò di Sifara, o Jaele che l'uccise: vedi le osservazioni, ch'è incredibile quanto si è qui scritto da' comentatori.s'uniro
 
 
in stretta lega i più potenti e forti
 
 
principi e duci, ed una donna intanto,
 
 
che il piè non mai dalla paterna casa
 
 
rivolse altrove, or trionfante altera
 
 
vince, sbaraglia, uccide,
 
 
e le spoglie e le prede ella divide.
 
 

V

 
 
1414Si dormiatis inter medios cleros, pennæ columbæ deargentatæ, et posteriora dorsi eius in pallore auri.nIntende delle tribù di Ruben e di Gad, che non vollero aiutare i lor fratelli in quella querra con Jabin, e dice loro: Quamquam (così dée tradursi la particella אם) quieveritis intra terminos vestros (questo è il medios cleros, essendo nota la forza di questa greca voce nel senso di porzione ereditaria, confine), o columbæ pennis argenteis et plumis dorsi aureis, dum fugavit omnipotens reges fœderatos, ii liquati sunt ut nix in Selmon; ed il senso è che anche senza il loro aiuto, che stavan ritirati, Iddio fece umiliare l'orgoglio de' re.Voi, colombelle, intanto
 
 
le candide ale e le dorate piume
 
 
timide raccoglieste
 
 
nel vostro nido e non usciste il volo
 
 
altrove a dispiegar. 1515Dum discernit cælestis reges super eam, nive dealbabuntur in Selmon.Pur quai prodigi
 
 
pel braccio d'una donna
 
 
non oprò il nostro Dio! Fugò, disperse
 
 
i duci, i reggi, e il loro orgoglio e il fasto
 
 
mancò, svanì qual suole
 
 
sul Selmone la neve a' rai del sole.
 
 

VI

 
 
16a16Mons Dei, mons pinguis,oFinché il poeta col lungo salmo animava or questo, or l'altro coro, si giunse al luogo destinato, onde egli acceso di fantasia troncando il discorso comincia a gridare: ecco il monte. Così s'uniscono questi versetti, ne' quali parea che non ci fosse unione: il mons Dei secondo il gusto orientale dinotamonte altissimo, ma qui può ben intendersi nel suo gramatical senso, e noi abbiamo espressa l'una e l'altra significazione.Ma ecco il monte, ecco il gran monte altissimo,
 
 
il monte del Signor, fertile e pingue
 
 
16b(16)mons coagulatus, mons pinguis: 17ut quid suspicamini montes coagulatos?monte, a cui fan corona
 
 
i colli intorno: ove trovar potrete
 
 
un monte a questo ugual? 17(17)Mons, in quo beneplacitum est Deo habitare in eo; etenim Dominus habitabit in finem.pGli antichi si spiegavano ancor così, trattando de' lor numi. Evandro dice ad Enea che nell'Aventino, quis Deus incertum est, habitat Deus.Questo è quel monte
 
 
che per sua sede Iddio già scelse, e Iddio
 
 
qui abiterà, né mai
 
 
la sua fede immortal cambiar vedrai.
 
 

VII

 
 
1818Currus Dei decem millibus multiplex, millia lætantium; Dominus in eis in Sina in sancto.qS'intende ut in Sinai. Paragona questa epifania a quella sul Sinai. Mosè nel capitolo 33, v. 2 del Deuteronomio si esprime con ugual frase: Dominus de Sinai venit et de Seir ortus est nobis: apparuit de monte Pharan, et cum eo sanctorum milia.Qual numerosa turba
 
 
siegue di Dio l'altero cocchio! È tutto
 
 
qui il popolo raccolto, e in mezzo all'onda
 
 
della gente affollata, o gran Signore,
 
 
vai trionfante. Ugual comparsa un giorno
 
 
sul Sinai già facesti, 1919Ascendisti in altum, cepisti captivitatem, accepisti dona in hominibus.20(19)Etenim non credentes inhabitare Dominum Deum.rPiù chiaramente potea tradursi accepisti dona ab hominibus, etiam a non credentibus habitare Dominum Deum o a repugnantibus, ne habitare inter eos Dominus, e così ha l'ebreo.allorché in alto
 
 
glorioso salisti ed in trionfo
 
 
teco portasti i prigionieri; e i popoli,
 
 
che non credeano in te, che il giogo indegni
 
 
scotean del nuovo a loro aspro servaggio,
 
 
già vinti e tributari
 
 
piegaro il collo e ti prestaro omaggio.
 
 

VIII

 
 
2120Benedictus Dominus die quotidie: prosperum iter faciet nobis Deus salutarium nostrorum.Rinnova i bei prodigi e fa' che sia
 
 
non men felice e glorioso il nostro
 
 
cammin per te, Signor, e tutto il giorno
 
 
inni a te canterem. Da te dipende
 
 
la nostra pace e la salvezza, 2221Deus noster Deus salvos faciendi, et Domini Domini exitus mortis.sDeus noster est Deus salutis (con più chiarezza si traduce) et idem Deus est Dominus viæ mortis. L'exitus mortis malamente s'intende d'alcuni per lo scampar della morte, ciò ch'è lontano dalla forza della voce originale, oltreché qui ci son due contrapposti come il Deus mortificat et vivificat. Il via mortis è una frase che abbiam noi ed ebbero i latini, come in Orazio:

…Sed omnes una manet nox,
Et calcanda semel via leti…

Fa un mal suono poi questo Domini Domini: nell'ebreo son due nomi differenti, Jeova ed Adonai, come noi diciamo il Signore Iddio; poteasi dire et Deus est Dominus viæ mortis.
e puoi
 
 
tu sol dar vita e sol tu puoi dar morte,
 
 
ed è nella tua man la nostra sorte.
 
 

IX

 
 
2322Verumtamen Deus confringet capita inimicorum suorum, verticem capilli perambulatium in delictis suis.tSi osservi con qual fatica si è dovuto unire questo versetto agli antecedenti, che secondo il gusto orientale è disunito non meno che il seguente; ma tutto è chiaro nella parafrasi.Veggiam di vita in noi
 
 
nobili esempi, e gli veggiam di morte
 
 
ne' nostri e tuoi nemici: a che lor giova
 
 
che alzan la cresta e baldanzosi e tronfi
 
 
van per le vie da te vietate a tuo
 
 
dispetto, o mio Signor? L'altera cresta
 
 
fiaccar saprai, già timidi
 
 
cadranti a' piedi e abbasseran la testa.
 
 

X

 
 
2423Dixit Dominus: ex Basan convertam, convertam in profundum maris.uL'ebraica voce אשיב che si rende convertam dée tradursi più chiaramente reducam; la particella poi che si rende in vuol tradursi ex, poiché è la stessa di sopra, ex Basan nel testo, cioè il prefisso מ: Dixit Dominus: ex Basan vos reducam, reduxi e profundis maris. Dalla lettura della nostra traduzione se ne capisce il senso. Son note poi le guerre con Og, re di Basan, e con Seon, re degli Amorrei, cuius universum populum, come ci narra Mosè, percusserunt usque ad internecionem.Sì avvenne allor che il popol tuo tremante
 
 
consolasti, o Signor, con amorose
 
 
voci piene di speme: "A che, mio popolo,
 
 
dell'empio Basanita",
 
 
dicesti, "a che temer? Io ti campai
 
 
dall'onde e dal furor de' flutti insani,
 
 
ed ora io stesso ed ora
 
 
salvarti non saprò dalle sue mani?"
 
 

XI

 
 
2524Ut intingatur pes tuus in sanguine, lingua canum tuorum ex inimicis ab ipso.xLa giusta costruzione è ut intingatur pes tuus in sanguine ex inimicis, et lingua canum tuorum ab ipso, cioè sanguine. Il dottissimo Mazzocchi nel suo spicilegio in questo luogo c'insegna che i cani ne' tempi eroici eran compagni indivisi de' guerrieri nelle spedizioni; ma spiace che di ciò contento non fa alcun motto delle altre difficoltà di questo oscurissimo salmo, che forse alla sua gran mente era chiaro, e stimò di passarlo. Del resto molte cose a tal proposito si son da noi raccolte nella dissertazione De canum usu in veterum sacris.*Questa dissertazione, come molte altre, non è pubblicata: fu scritta dopo l'esercitazione De' Titiri e dell'ara massima etc. Intrapresa quest'opera, restarono sospese tutte le fatiche minori; oggi che questa è terminata, chi ha più tempo fra le occupazioni forensi di registrar quelle fatiche giovanili? Può esser che in qualche autunno, che venga con minori impicci, faccia scuoter polvere a moltissime carte vecchie."Ti salverò: de' tuoi nemici uccisi
 
 
a torrenti farò che scorra il sangue,
 
 
tu passerai fastoso,
 
 
e vincitor nel gorgo sanguinoso
 
 
immergerai il coturno, e i tuoi seguaci
 
 
veltri, anelanti a disfogar la rabbia,
 
 
del sangue ostil si tingeran le labbia."
 
 

XII

 
 
2625Viderunt ingressus tuos, Deus, ingressus Dei mei, regis mei, qui est in sancto.Vider la tua pomposa
 
 
marcia, videro allor, mio Re, mio Dio,
 
 
nell'arca ove s'asconde
 
 
la tua maestà. Che bel veder! 2726Præventerunt principes coniuncti psallentibus, in medio iuvencularum tympanistriarum.yDescrive il poeta l'ordine con cui si accompagnava l'arca trionfante dopo la stragge degli Amorrei e de' Basamiti. L'ebreo è più chiaro: præibant cantores, sequebantur psallentes, seu musica instrumenta pulsantes, in medio erant puellæ tympanizantes. Nella volgata si è tradotto in genitivo come se fosse un caso che vien retto dall'in medio, ma così l'ordine è diverso, perché sarebbero i cantanti ed i sonatori in mezzo del coro donnesco.Precede
 
 
cantando un lieto coro, altro succede
 
 
che del primiero il canto
 
 
accompagna co' suoni, e in mezzo a questi
 
 
si distinguon le amabili donzelle
 
 
che van battendo i timpani
 
 
festose e liete. 2827In ecclesiis benedicite Deo Domino, de fontibus Israel.zO rivuli Israelis, o qui ex Israele tamquam ex fonte ortum ducitis, benedicite Dominum in cætu, in frequentia, cioè unitevi a lodare il Signore."O figli d'Israello,
 
 
unitevi", dicean, "sì, tutti unitevi
 
 
a lodare il Signor." 2928Ibi Beniamin adolescentulus, in mentis excessu.Del giovanetto
 
 
amabil Beniamino
 
 
v'era la tribù, al nobile spettacolo
 
 
di tai prodigi stupida
 
 
e quasi fuor di sé. 30(28)Principes Iuda, duces eorum,aNell'ebreo si legge רנמתםHerbräischer Ausdruck unklar., obruitio, lapidatio eorum, e dée riferirsi a' nemici, o al più può tradursi rupes eorum: intanto i Settanta trassero forse la voce ebrea dal ארגמן, purpura, come se dicesse purpurati eorum, che poi con libertà tradussero duces, principes, ché così andavan vestiti, o lessero רקמתם con insensibile scambiamento, in veste phrygionica.principes Zabulon, principes Nephthali.Vi eran di porpora
 
 
vestiti i grandi, i principi
 
 
di Nestali, di Giuda e Zabulone:
 
 
3129Manda, Deus, virtuti tuæ, confirma hoc, Deus, quod operatus es in nobis.Signor, è ben ragione
 
 
che appien l'opra compisci e che rinnovi
 
 
i bei prodigi antichi a pro di noi
 
 
contro all'indegna a te nemica gente,
 
 
ché tu non sei di prima or men potente.
 
 

XIII

 
 
3230A templo tuo in Ierusalem tibi offerent reges munera.bAlcuni uniscono queste parole al versetto antecedente confirma quod operatus es in nobis a templo tuo in Ierusalem, altri traducono per templum tuum, ma perché allora il tempio non v'era, è meglio il tradurre con altri post templum tuum in Ierusalem offerent tibi reges munera, cioè postquam ædificatum fuerit templum.Ah! quando il fortunato
 
 
giorno, o Dio, spunterà che il nobil tempio
 
 
sorger vedrassi alfin sul colle ameno
 
 
del bel Sionne? e riverenti offrirti
 
 
doni e vittime i regi? 3331Increpa feras arundinis,cCoerce feram arundinis in singolare dice l'ebreo: questo è il cocodrillo che fra le canne sulla riva del Nilo suole nascondersi e riposarsi, e cocodrillo qui chiama il re dell'Egitto, come Ezzechiello, cap. 29: Ecce ego ad te, pharao rex Ægypti: draco magne, qui cubas in medio fluminum tuorum; anzi il dotto Bochartpretende che il nome faraone proprio de' re d'Egitto altro non dinoti che cocodrillo.congregatio taurorum in vaccis populorum, ut excludant eos qui probati sunt argento.dNell'ebreo si legge Coercere feram arundinis, cœtum taurorum et vaccarum, o vitulorum, populos conculcantes argentum. Clemente Alessandrino, Pædagogus, lib. 2, cap. 11, ci attesta che gli egizzi ornavano le scarpe di lamine e di chiodetti d'argento, di che v'ha esempio ancora presso altre nazioni. Questo vero natural senso inteso misticamente fu cagione che il conculcantes argentum s'interpetrasseconculcantes eos, qui probati sunt, ut argentum, come sarebbe più chiaro che probati sunt argento, e così ha Simmacocolla particella ὡς, ut; e si crede che parli del popolo eletto provato come l'argento nel fuoco, quem excludit et conculcat congregatio taurorum etc.; ma non ci è uopo di tali sottigliezze, che son qui fuor di tempo.Ah, sì bell'opra
 
 
non fia chi giunga a disturbar. Ma vedi,
 
 
Signor, fra quelle canne
 
 
del fiume in sulle rive il fiero orribile
 
 
cocodrillo nascosto? Ah, tu lo doma,
 
 
che sol domar lo puoi. Vedi quel popolo
 
 
che di tori stizziti e di lascivi
 
 
vitelli sembra una gran torma? Il vedi
 
 
come ricco e superbo
 
 
copre di argento il piè? Come calpesta
 
 
sprezzante il suol! 34(31)Dissipa gente quæ bella volunt, 32veniant legati ex Ægypto, Æthiopia præveniet manus eius Deo.eSimmacocon più chiarezza: Ætyopia festinans dat manum Deo. Si adempì la profezia a' tempi di Salomone, quando l'Egitto si collegò col popolo d'Israele, ed ebbero comune il commercio, e Salomone prese la figlia di faraone in isposa, e gli Arabi si resero tributari, e la regina Saba venne a veder sì gran principe e ad offerirgli preziosissimi doni. Nel senso spirituale qui si parla della conversione delle genti a' tempi degli apostoli, ed è noto l'eunuco di Candace regina d'Etiopia.Deh fa che alfin costoro,
 
 
che sol di guerra han sete e ci disfidano,
 
 
provin la forza un giorno
 
 
del braccio tuo fulminatore invitto,
 
 
e al tuo giogo vedrai l'Etiope audace
 
 
tosto il collo piegar e dall'Egitto
 
 
venir gli araldi a dimandar la pace.
 
 

XIV

 
 
3533Regna terræ, cantate Deo: psallite Domino, psallite Deo, 34qui ascendit super cælum cæli ad orientem.Luogo non sia, benché da noi rimoto,
 
 
ove del nostro Dio
 
 
non giunga il nome, ove non s'oda il suono
 
 
delle sue glorie. Egli è fra noi, ma è certo
 
 
ch'egli è quel desso ancora
 
 
che sta su le alte sfere e glorioso
 
 
sul cocchio ascende e va dall'oriente
 
 
per le ampie eteree vie
 
 
fino alle opposte ultime mete, 36(34)Ecce dabit voci suæ vocem virtutis;fNel salmo Afferte Domino ed altrove si è osservato che vox Dei nella Bibbia è il tuono: ecce dabit vocem suam, vocem virtutis dée tradursi più chiaramente l'ebreo, e così ci danno i Settanta e si leggeva in molti antichi codici presso S. Ilarioe S. Agostino. Sieguedate gloriam Deo super Israel; queste parole voglion esser chiuse in una parentesi o trasportarsi in fine come noi abbiamo fatto: ecce dabit tonitrua, tonitrua valida, magnifincentia eius et virtus eius in nubibus. Date gloriam Deo super Isral, quia mirabilis Deus hic quoque in sanctuario suo. Veggasi come si sono uniti questi versetti nella nostra traduzione.35date gloriam Deo super Israel, magnificentia eius et virtus eius in nubibus.e quello
 
 
che fa scoppiar dalle squarciate nubi
 
 
il rimbombante orribil tuono. Appare,
 
 
è ver, là su più grande
 
 
la sua potenza e maestà, ma sempre
 
 
è lo stesso Signor, 3736Mirabilis Deus in sanctis suis,gTerribilis Deus in sanctuario suo, cioè nell'arca, dice l'ebreo, e così richiede il sentimento, poiché dice che non solo è terribile nel cielo ove tuona, ma ancora nell'arca. Ed infatti S. Girolamoci dà terribilis Dominus in sanctuario suo, e la volgata forse intese lo stesso, poiché suole tradurre sanctum per lo sanctuario, arca, tempio etc.: regis mei, qui est in sancto dice più sopra, onde in sanctis qui è lo stesso che in suis locis sacris, in templo, in arca, in tabernaculo. Ma l'essersi cambiato il terribilis in mirabilis e l'essersi preso in sanctis per gli servi di Dio fu cagione che i panegiristi ritrovassero un bel testo in questo versetto.Deus Israel ipse dabit virtutem et fortitudinem plebi suæ: benedictus Deus.né men terribile
 
 
è qui fra noi nell'arca. Ei sta qui pronto
 
 
a darci aita e rinforzarci, ed altro
 
 
che inni di glorie a noi non chiede: e intanto
 
 
qui si cessa e si tace! Ah no: si lodi,
 
 
si benedica, e si ripigli il canto.
 
 
SALMO XCVI
 
 

ARGOMENTO

Con vivi colori si dipinge la venuta di Dio nel mondo per aiutar il suo popolo e per giudicar le inique azioni di coloro che lo tenevano oppresso. I padri han veduto qui troppo chiaramente espressa e la prima e la seconda venuta del Figliuol di Dio, e bisogna dire che questo è un di quei salmi in cui il senso letterale è un'immagine poetica ed il senso spirituale una verità storica incontrastabile. Non ci è titolo nell'ebreo e ne' migliori codici greci: quel che si legge nella volgata, 1Psalmus DavidVulgata: Huic David, quando terra eius restituta est, è di tempi posteriori e può applicarsi così al pacifico suo possesso del regno dopo la morte di Saulle come alla libertà data a' prigionieri in Babilonia, non meno che il salmo antecedente e l'altro che seguirà.

 
 
1(1)Dominus regnavit, exultet terra, lætentur insulæ multæ.Ecco il tempo aspettato, ecco a regnare
 
 
il nostro Dio sen vien; tutta festeggi
 
 
lieta la terra, e fin le più lontane
 
 
isole sconosciute
 
 
dien di giubilo un segno:
 
 
ecco del nostro Dio già questo è il regno.
 
 
22Nubes et caligo in circuitu eius; iustitia et iudicium correctio sedis eius.aÈ un poco oscuro il correctio: l'ebreo ha מכון, firmitas, basis sedis eius, e perciò si è da noi tradotto sostengo. Nel salmo antecedente, v. 10, ove la volgata ha etenim correxit orbem terræ, qui non commovebitur, occorre il verbo della stessa radice nel testo, ed ognun vede che dée intendersi firmavit orbem terræ, qui non commovebitur.Mirate! ei scende: o qual il copre intorno
 
 
di caligine densa oscura nube!
 
 
Verrà, sedrà sul trono, e del suo soglio
 
 
la giustizia il sostegno,
 
 
la sapienza sarà. 33Ignis ante ipsum præcedet, et inflammabit in circuitu inimicos eius.Qual gli precede
 
 
nunzio d'orrore e di spavento! Un globo
 
 
di fiamme e di faville i suoi nemici
 
 
strugge, abbatte, divora; e così fia
 
 
libera e aperta al mio Signor la via.
 
     
 
    44Illuxerunt fulgura eius orbis terræ; vidit, et commota est terra.Parmi che un fosco velo
 
 
ci tolga agli occhi il giorno,
 
 
mirasi intorno il cielo
 
 
torbido lampeggiar.
 
     
 
    Trema, resiste appena
 
 
la terra in tanto orrore,
 
 
a sì funesta scena
 
 
comincia a vacillar.
 
 
55Montes sicut cera fluxerunt a facie Domini, a facie Domini omnis terra.Come una cera al foco
 
 
si dileguano i monti in faccia a lui
 
 
che del mondo è Signor. 66Adnuntiaverunt cæli iustitiam eius, et viderunt omnes populi gloriam eius.Più dubbio alcuno
 
 
non v'ha, già viene a giudicarne: il cielo
 
 
chiari segni ne dà. Tutti nel mondo
 
 
del glorioso arrivo
 
 
testimoni saran. 77Confundantur omnes qui adorant sculptilia et qui gloriantur in simulacris suis.Confusi e mesti
 
 
resteran gl'infelici,
 
 
che idoli vani e dei bugiardi han sempre
 
 
stolti invocato, 8(7)Adorate eum, omnes angeli eius.bAdorent eum omnes angeli eius dice il testo Ebreo, e così il riferisce S. PaoloAd Hebreos, cap. 1, v. 6, non essendo troppo opportuna l'apostrofe adorate. Elohim, ch'è nel testo, è la solita voce ch'esprime gli angioli, gli dèi, i principi, i giudici: noi in vari luoghi le abbiam dato varie interpetrazioni; qui abbiam ritenuto la versione della volgata, anche per l'autorità di S. Paoloe per esser meglio adattata alla sommessione degli angioli al Verbo, di cui troppo svelatamente si parla nel salmo.8Audivit, et lætata est Sion.allor che al nostro Dio
 
 
vedran gli angioli stessi
 
 
piegar la testa e venerarlo. Ah! quale,
 
 
qual sarà di Sionne allor la gioia,
 
 
del suo re, del suo Dio
 
 
le glorie in ascoltar. 9(8)Et exultaverunt filiæ Iudæ propter iudicia tua, Domine.Di Giuda oppresso
 
 
finor le figlie, al solo udir che alfine
 
 
tu vieni a giudicar, libere almeno
 
 
tornano a respirar: ché san per prova
 
 
la tua giustizia e la potenza, 109Quoniam tu Dominus altissimus super omnem terram, nimis exaltatus es super omnes deos.cQui l'elohim mi par che meglio si debba intendere de' giudici, quasi Dio fosse un giudice di appellazione, superiore a' giudici del mondo.il mondo
 
 
sottoposto è a' tuoi piedi, e questi in terra
 
 
giudici iniqui indegni
 
 
pendono da' cenni tuoi,
 
 
e i lor giudizi or rivocar tu puoi.
 
 
1110Qui diligitis Dominum, odite malum; custodit Dominus animas sanctorum suorum, de manu peccatoris liberabit eos.Fuggite, ah! sì, fuggite
 
 
dall'orror della colpa, o voi che in seno
 
 
rispetto, amor nudrite
 
 
pel vostro Dio. Se un cor sincero e puro
 
 
chiudete in petto, ah! non temete i vani
 
 
sforzi d'un empio usurpator tiranno:
 
 
Dio v'aita e v'assiste in ogni affanno.
 
     
 
    1211Lux orta est iusto, et rectis corde lætitia.Tra l'oscure ombre funeste
 
 
splende al giusto il ciel sereno,
 
 
serba ancor nelle tempeste
 
 
la sua pace un fido cor.
 
     
 
    1312Lætamini, iusti, in Domino et confitemini memoriæ sanctificationis eius.Alme belle, ah! sì, godete,
 
 
né alcun fia che turbi audace
 
 
quella gioia e quella pace
 
 
di cui solo è Dio l'autor.
 
 
SALMO XCIX
 
 

ARGOMENTO

1Psalmus in confessione è il titolo che si è apposto a questo brieve ma elegante componimento. Secondo altrove si è avvertito, il confessio ed il confiteor dinotalaus, laudare, onde il Psalmus in confessione altro non è che un inno eucaristico che contiene lodi e ringraziamenti. Non so perché il siriaco interpetre lo riferisca alla guerra di Giosuè contro agli Amaleciti. Qui non si parla di guerra né di Giosuè, e forse è l'unico salmo in cui non si fa menzione di nemici né di pericoli né di affanni. Può adattarsi ad ogni festa che occorre nell'ebraico calendario, non essendoci accennata qualche particolar circostanza che ci costringa a ricercar scrupolosamente l'occasione in cui fu scritto; ci asterremo da lunghe note, poiché il testo è facile e la versione della volgata è ben chiara.

 
     
 
    12Iubilate Deo, omnis terra; servite Domino in lætitia.aServe di comentatore S. Paolo Ad Corinthos 2, cap. 9, v. 7: non ex tristitia aut necessitate; hilarem enim datorem diligit Deus. Ma questa ilarità, quest'allegrezza non è quella che dipende dal bel tempo, dalle conversazioni, da' festini: non in commessationibus aut ebrietatibus; è un'allegrezza di uno spirito non agitato da rimorsi che permette il sollevarsi al canto di un salmo, non languire a' sospiri di un'arietta.Lungi le cure ingrate,
 
 
ah! respirate omai:
 
 
s'è palpitato assai,
 
 
è tempo di goder.
 
 
Dio non accoglie
 
 
quei voti che dal cor lieto e sincero
 
 
liberi a lui non vanno: alfin siam servi
 
 
d'un Dio così grande, e noi gioir dobbiamo
 
 
di questa servitù. 2(2)Introite in conspectu eius in exultatione.Venite al tempio,
 
 
ei ci aspetta, e i bei carmi
 
 
udir da noi gli è grato. 33ScitotebEcco quel che dée sapersi: non glorietur sapiens in sapientia sua […], sed in hoc glorietur […] scire et nosse me dice Dio medesimo presso Geremia, cap. 9, v. 23-24; ma questa sapienza non si apprende da' libri: umiltà, fede, meditazione, nam oportet non quid sit Deus exprimere, sed quod sit affirmare, S. Isidoro di Pelusio, lib. 3, epistula 232.quoniam Dominus ipse est Deus; ipse fecit nos, et non ipsi nos.Eppur del tutto
 
 
egli è l'autor: dal nulla ei sol ci trasse,
 
 
ei sol vita ci diè, delle sue mani
 
 
non del caso i mortali opra già sono,
 
 
e quel che a lui rendiam, tutto è suo dono.
 
 
4(3)Populus eius et oves pascuæ eius. 4Introite portas eius in confessione, atria eius in hymnis, confitemini illi.Ma fra tutti i mortali
 
 
noi soli ei sceglie e sol di noi compone
 
 
un suo popol diletto,
 
 
un'amata sua greggia, ed a' suoi paschi
 
 
ei qual pastor ci guida. Ah! qual or sia
 
 
maraviglia, se poi
 
 
inni di lode esigerà da noi?
 
 
Scarsa mercede a tanti doni! Entrate
 
 
dunque nel tempio e i più bei carmi unite
 
 
di cetre e di salteri al dolce suono
 
 
5a(4)Laudate nomen eius, 5quoniam suavis est Dominus,cS. Agostinonel libro 9, capitolo 1 delle sue confessioni sperimentò questa verità: Quam suave mihi subito factum est carere suavitatibus nugarum, et quas amittere metus fuerat, iam dimittere gaudium erat. Eiciebas enim eas a me tu, vera et summa suavitas, eiciebas et intrabas pro eis omni voluptate dulcior.e benedite il suo bel nome. Ancora
 
 
voi nol sapete; amatelo, e vedrete
 
 
poi nel lodarlo come
 
 
è dolce il replicar l'amato nome.
 
     
 
    5b(5)in æternum misericordia eiusMancheranno al sole i rai,
 
 
l'onde al mar, l'arene al lido,
 
 
ma non può mancar giammai,
 
 
no, mio Dio, la tua pietà.
 
     
 
    5c(5)et usque in generationem et generationem veritas eius.Te verace e fido ognora
 
 
ebber gli avi, i padri e noi:
 
 
tal t'avranno i figli ancora
 
 
e chi poi da lor verrà.
 
 
SALMO CXIX
 
 

ARGOMENTO

Questo salmo, ch'è il primo tra i graduali, si crede comunemente che appartenga alla schiavitù babilonica e che ne sia chiara pruova il versetto quinto: si vedrà dalla nostra parafrasi che tal versetto si è mal inteso e che la scena di questo piccolo componimento non è fuor le mura di Gerusalemme. Davide, che n'è l'autore, si lagna del malcostume de' suoi tempi: è una querela ch'essendosi fatta sempre in tanti secoli, e facendosi tuttavia, dimostra che l'età dell'oro sia un sogno e che non ci sia necessità di supporre d'esser il mondo cambiato da quel di prima nel vederlo così corrotto, perché non fu mai forse migliore.
 
 

*Canticum graduum I. Vulgata: Canticum graduum.Cantico della scala. Primo tuono.

 
     
 
    11Ad Dominum cum tribularer clamavi, et exaudivit me.Alzai le flebili mie voci a Dio,
 
 
da' mali oppresso, né dall'empireo
 
 
sdegnò d'accogliere quel pianto mio.
 
     
 
    22Domine, libera animam meam a labiis iniquis et a lingua dolosa."Tu da' maledici labbri", io dicea
 
 
mesto ed afflitto, "Signor, difendimi,
 
 
tu dall'insidiaIn der Erstausgabe von Saverio Matteis I libri poetici della Bibbia (Bd. 5, Neapel 1774, S. 13) steht das Wort „insidia“ im Plural („insidie“). Die Edition folgt hier der zweiten, leicht verbesserten Ausgabe (Bd. 6, Neapel 1773, S. 18) bzw. der druckgleichen dritten Ausgabe (= Opere, Bd. 6, Neapel 1779, S. 18) und belässt das Wort in Singular. di lingua rea."
 
     
 
    33Quid detur tibi, aut quid apponatur tibi ad linguam dolosam?aL'ebreo ha quid dabitIn der Erstausgabe von Saverio Matteis I libri poetici della Bibbia (Bd. 5, Neapel 1774, S. 13) steht irrtümlicherweise „detur“ statt „dabit“. Die Edition folgt hier der zweiten, leicht verbesserten Ausgabe (Bd. 6, Neapel 1773, S. 18) bzw. der druckgleichen dritten Ausgabe (= Opere, Bd. 6, Neapel 1779, S. 18). tibi, aut quid apponet tibi, o lingua dolosa? Questa espressione ammette varie interpetrazioni, ma la più semplice e verisimile è quella da noi seguita: qual rimedio ci sarà contro di te, o lingua maledica, tu sei una saetta, un carbone ardente. Se non s'osserva questa apostrofe nella traduzione, è per far uno stile più continuato adattabile al nostro gusto, e così han fatto i Settanta ed il volgato; del resto il sentimento è ben chiaro. Gl'interpetri però han creduto che il versetto quarto contenga il rimedio per la lingua maledica, e l'han preso in buon senso; ma perché sagittæ acutæ, carbones desolatorii son termini troppo apparentemente odiosi e non posson essere intesi mai in buona parte, han creduto esserci un mistero. Ecco il Le Blanc (Psalmorum Davidicorum Analysis, Tomus sextus, Köln: Metternich 1726, S. 392): Sanctus Bonaventura per sagittas potentis acutas intellegit Verbum Dei incarnatum. Verbum, ait, dicitur sagitta. Nam pater tetendit arcum, quando promisit filium venientem, per Prophetam. Misit sagittam electam, ut dicit Isaias, quando misit eum incarnari. Ad quid? Ut sagittaret in obscuro rectos corde: id est, ut malos faceret bonos. (Questa è un'altra spiegazione falsa.) Hæc sagitta […] percutit prudenter. Nam Apostoli in prædicando habuerunt prudentiam. Vulnerat fortiter. Nam fortis est ut mors dilectio. Occidit salubriter. Unde Actorum decimo: Occide et manduca.Der letzte Teil des Zitats aus Thomas Le Blanc, Psalmorum Davidicorum Analysis, Tomus sextus, Köln: Metternich 1726, S. 392, ist in Matteis Kommentar leicht verändert wiedergegeben: "Unde occide et manduca in decimo capitolo Actorum."
Die Hervorhebungen im Zitat stammen von Mattei.
Mille altre notizie pellegrine si danno per quei carboni desolatorii, lo stesso Blanccitandoci S. Prospero, S. Bruno ed altri: carbones desolatorios tripliciter possis exponere (a tre a tre ci danno le interpetrazioni questi comentatori, tanto son fecondi a partorire) nempè Prophetas et Apostolos, actus contritionis, bona exempla charitatis: adde, si placet, (non è ancora stanco) explicationem […] de plagis atque supplicio Dei, quæ explicatio maxime litteralis videtur, aliæ tamenDas Zitat aus Thomas Le Blanc, Psalmorum Davidicorum Analysis, Tomus sextus, Köln: Metternich 1726, S. 392, ist hier in Matteis Kommentar leicht verändert wiedergegeben: "attamen aliæ". non sunt reiiciendæ. Che bella felicità è questa della lingua sacra che un vocabolo stesso possa dinotare l'apostolo, il profeta, l'atto di contrizione, il buon esempio di carità e l'eterno supplicio? Nell'ebreo è: sagittæ potentis, cioè militis, venatoris acutæ cum carbonibus iuniperorum, spinarum. L'original voce rethanim, רתנים, è d'incerta significazione, ma è certo un epiteto del carbone, e chi ci dà carbone di quercia, chi carbone di ginestro, ed i Settanta con libertà han detto τοῖς ἐρημικοῖς, carbonibus devastantibus, desolantibus, onde n'è nato il desolatoriis. Questa unione delle saette co' carboni ardenti può esser una sola immagine della saetta infocata ben nota nell'antichità; e posson esser due immagini diverse, alle quali si fa simile la lingua mormoratrice.
Alle calunnie malvagge e triste,
 
 
alle menzogne di lingua perfida
 
 
chi mai può reggere, chi mai resiste?
 
     
 
    44Sagittæ potentis acutæ cum carbonibus desolatoriis.Quelli che mormora buggiardi accenti
 
 
son quai vibrati dardi acutissimi,
 
 
son quai terribili carboni ardenti.
 
     
 
    55Heu mihi, quia incolatus meus prolongatus est! Habitavi cum habitantibus Cedar;bIl prolungatus est è traduzione del nome proprio Mosoch o Misch ch'è nell'ebreo: Heu mihi, quia incolo Mosch, come factus est in pace locus eius invece di dirsi in Salem, come sicut in exacerbatione secundum diem tentationis invece di conservarsi il nome proprio in Meriba e tanti esempi di che si è parlato nel capitolo 4 della Dissertazione preliminare. L'essersi tradotto il nome proprio e fattosene un aggiunto all'incolatus ha fatto credere che incolatus meus prolongatus est esprima le querele de' miseri prigionieri da lungo tempo dimoranti in Babilonia. Ma così si toglie ogni vaghezza del sentimento: il salamita, dopo che descrive la barbarie de' suoi nemici, esclama: io dove sono? Sono in Gerusalemme? Son fra gli arabi? Sono fra i moscoviti? Questa interpetrazione semplicissima toglie l'imbarazzo agl'interpetri di ritrovare una schiavitù ne' paesi di Mosc e di Cedar, quando fu in Babilonia, e non perturba tutta la geografia antica con situar quei paesi in luoghi ne' quali furono condotti gli ebrei. Cedar secondo la comune opinione è l'Arabia; Mosoch è il paese de' discendenti di Mosc, uno de' figli d'Jafet, come s'ha nel capitolo 10 delGenesi, e da lui vennero i moschi, o moscoviti, che abitaron da prima quella parte della Moscovia che più si stende nell'Asia e poi s'inoltrarono in Europa. Questa oggi culta nazione non ha di che maravigliarsi s'è qui posta per un esempio di nazione barbara, poiché primieramente si tratta presso a trenta secoli addietro, quando erano inculte anche altre nazioni dominanti: e quanti secoli dopo da' romani si chiamavan barbari, inculti gl'inglesi, i tedeschi? I greci chiamavan barbare tutte le nazioni; gli ebrei disprezzavan tutti, e qualunque più culto popolo che non avea la vera religione era per gli Ebrei un'adunanza di fiere; vedi nel fine del quarto tomo una mia lettera all'Abate Tournersu di questo proposito. Non rendiamo al presente il cambio a' poveri ebrei: poiché per esprimere il mal costume della gente diciamo tutto giorno o Dio! e che siamo fra gli ebrei!In der Erstausgabe von Saverio Matteis I libri poetici della Bibbia (Bd. 5, Neapel 1774, S. 15) steht am Ende des Satzes ein Fragezeichen anstelle des Ausrufezeichens. Die Edition folgt hier der zweiten, leicht verbesserten Ausgabe (Bd. 6, Neapel 1773, S. 20) bzw. der druckgleichen dritten Ausgabe (= Opere, Bd. 6, Neapel 1779, S. 20) und belässt das Ausrufezeichen.6multum incola fuit anima meacL'interpunzione di questi versetti si è alterata sull'idea che qui si parlasse veramente della schiavitù. L'ebreo ha nimis habitavit anima mea, cum his qui oderunt pacem: questa è la risoluzione d'un ch'era stanco del costume già corrotto in Gerusalemme. Siegue l'ebreo con ammirabile semplicità: ego pax, et cum loquar, ipsi bellum. I Settanta e la volgata per chiarezza han fatta una parafrasi di queste poche ben pesanti parole..O tempi barbari! Qual aura, o Dio,
 
 
quest'è ch'io spiro! Sono in Arabia?
 
 
Sono in Moscovia? Dove son io?In der Erstausgabe von Saverio Matteis I libri poetici della Bibbia (Bd. 5, Neapel 1774, S. 14) steht am Ende des Satzes ein Ausrufezeichen anstelle des Fragezeichens. Die Edition folgt hier der zweiten, leicht verbesserten Ausgabe (Bd. 6, Neapel 1773, S. 20) bzw. der druckgleichen dritten Ausgabe (= Opere, Bd. 6, Neapel 1779, S. 20) und belässt das Fragezeichen.
 
     
 
    Vorrei fuggirmene: son stanco omai
 
 
67Cum his qui oderunt pacem eram pacificus; cum loquebar illis, impugnabant me gratis.di più restarmi con gente perfida,
 
 
che sempre suscita discordie e guai.
 
     
 
    E pur conoscono che giova ed è
 
 
util la pace; ma non la vogliono
 
 
sol perché veggono che piace a me.