Kritische Edition der Libretto-Vorlage       Diplomatische Übertragung der Libretto-Vorlage Neapel 1773 
SALMO CXIX
 
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SALMO CXIX.

ARGOMENTO

Questo salmo, ch'è il primo tra i graduali, si crede comunemente che appartenga alla schiavitù babilonica e che ne sia chiara pruova il versetto quinto: si vedrà dalla nostra parafrasi che tal versetto si è mal inteso e che la scena di questo piccolo componimento non è fuor le mura di Gerusalemme. Davide, che n'è l'autore, si lagna del malcostume de' suoi tempi: è una querela ch'essendosi fatta sempre in tanti secoli, e facendosi tuttavia, dimostra che l'età dell'oro sia un sogno e che non ci sia necessità di supporre d'esser il mondo cambiato da quel di prima nel vederlo così corrotto, perché non fu mai forse migliore.
 

ARGOMENTO.

QUesto salmo, ch'è il primo tra i graduali si crede comunemente, che appartenga alla schiavitù Babilonica, e che ne sia chiara pruova il versetto quinto: si vedrà dalla nostra parafrasi, che tal versetto si è mal inteso, e che la scena di questo piccolo componimento non è fuor le mura di Gerusalemme. Davide, che n'è l'autore, si lagna del mal costume de' suoi tempi: è una querela, ch'essendosi fatta sempre in tanti secoli, e facendosi tuttavia, dimostra, che l'età dell'oro sia un sogno, e che non ci sia necessità di supporre d'esser il mondo cambiato da quel di prima nel vederlo così corrotto, perchè non fu mai forse migliore.

*Canticum graduum I. Vulgata: Canticum graduum.Cantico della scala. Primo tuono.

 

*Canticum graduum I.Cantico della scala. Primo tuono.

    11Ad Dominum cum tribularer clamavi, et exaudivit me.Alzai le flebili mie voci a Dio,
 
F    (1)Ad Dominum cum tribularer, clamavi, & exaudivit me. ALzai le flebili mie voci a Dio,
da' mali oppresso, né dall'empireo
 
Da' mali oppresso: nè dall'Empireo
sdegnò d'accogliere quel pianto mio.
 
Sdegnò d'accogliere quel pianto mio.
    22Domine, libera animam meam a labiis iniquis et a lingua dolosa."Tu da' maledici labbri", io dicea
 
    (2)Domine, libera animam meam a labiis iniquis, & a lingua dolosa. Tu da' maledici labbri (io dicea
mesto ed afflitto, "Signor, difendimi,
 
Mesto, ed afflitto) Signor, difendimi,
tu dall'insidiaIn der Erstausgabe von Saverio Matteis I libri poetici della Bibbia (Bd. 5, Neapel 1774, S. 13) steht das Wort „insidia“ im Plural („insidie“). Die Edition folgt hier der zweiten, leicht verbesserten Ausgabe (Bd. 6, Neapel 1773, S. 18) bzw. der druckgleichen dritten Ausgabe (= Opere, Bd. 6, Neapel 1779, S. 18) und belässt das Wort in Singular. di lingua rea."
 
Tu dall'insidia di lingua rea.
    33Quid detur tibi, aut quid apponatur tibi ad linguam dolosam?aL'ebreo ha quid dabitIn der Erstausgabe von Saverio Matteis I libri poetici della Bibbia (Bd. 5, Neapel 1774, S. 13) steht irrtümlicherweise „detur“ statt „dabit“. Die Edition folgt hier der zweiten, leicht verbesserten Ausgabe (Bd. 6, Neapel 1773, S. 18) bzw. der druckgleichen dritten Ausgabe (= Opere, Bd. 6, Neapel 1779, S. 18). tibi, aut quid apponet tibi, o lingua dolosa? Questa espressione ammette varie interpetrazioni, ma la più semplice e verisimile è quella da noi seguita: qual rimedio ci sarà contro di te, o lingua maledica, tu sei una saetta, un carbone ardente. Se non s'osserva questa apostrofe nella traduzione, è per far uno stile più continuato adattabile al nostro gusto, e così han fatto i Settanta ed il volgato; del resto il sentimento è ben chiaro. Gl'interpetri però han creduto che il versetto quarto contenga il rimedio per la lingua maledica, e l'han preso in buon senso; ma perché sagittæ acutæ, carbones desolatorii son termini troppo apparentemente odiosi e non posson essere intesi mai in buona parte, han creduto esserci un mistero. Ecco il Le Blanc (Psalmorum Davidicorum Analysis, Tomus sextus, Köln: Metternich 1726, S. 392): Sanctus Bonaventura per sagittas potentis acutas intellegit Verbum Dei incarnatum. Verbum, ait, dicitur sagitta. Nam pater tetendit arcum, quando promisit filium venientem, per Prophetam. Misit sagittam electam, ut dicit Isaias, quando misit eum incarnari. Ad quid? Ut sagittaret in obscuro rectos corde: id est, ut malos faceret bonos. (Questa è un'altra spiegazione falsa.) Hæc sagitta […] percutit prudenter. Nam Apostoli in prædicando habuerunt prudentiam. Vulnerat fortiter. Nam fortis est ut mors dilectio. Occidit salubriter. Unde Actorum decimo: Occide et manduca.Der letzte Teil des Zitats aus Thomas Le Blanc, Psalmorum Davidicorum Analysis, Tomus sextus, Köln: Metternich 1726, S. 392, ist in Matteis Kommentar leicht verändert wiedergegeben: "Unde occide et manduca in decimo capitolo Actorum."
Die Hervorhebungen im Zitat stammen von Mattei.
Mille altre notizie pellegrine si danno per quei carboni desolatorii, lo stesso Blanccitandoci S. Prospero, S. Bruno ed altri: carbones desolatorios tripliciter possis exponere (a tre a tre ci danno le interpetrazioni questi comentatori, tanto son fecondi a partorire) nempè Prophetas et Apostolos, actus contritionis, bona exempla charitatis: adde, si placet, (non è ancora stanco) explicationem […] de plagis atque supplicio Dei, quæ explicatio maxime litteralis videtur, aliæ tamenDas Zitat aus Thomas Le Blanc, Psalmorum Davidicorum Analysis, Tomus sextus, Köln: Metternich 1726, S. 392, ist hier in Matteis Kommentar leicht verändert wiedergegeben: "attamen aliæ". non sunt reiiciendæ. Che bella felicità è questa della lingua sacra che un vocabolo stesso possa dinotare l'apostolo, il profeta, l'atto di contrizione, il buon esempio di carità e l'eterno supplicio? Nell'ebreo è: sagittæ potentis, cioè militis, venatoris acutæ cum carbonibus iuniperorum, spinarum. L'original voce rethanim, רתנים, è d'incerta significazione, ma è certo un epiteto del carbone, e chi ci dà carbone di quercia, chi carbone di ginestro, ed i Settanta con libertà han detto τοῖς ἐρημικοῖς, carbonibus devastantibus, desolantibus, onde n'è nato il desolatoriis. Questa unione delle saette co' carboni ardenti può esser una sola immagine della saetta infocata ben nota nell'antichità; e posson esser due immagini diverse, alle quali si fa simile la lingua mormoratrice.
Alle calunnie malvagge e triste,
 
    (3)Quid detur tibi, aut quid apponatur tibi ad linguam dolosam. (a)L'Ebreo ha: quid dabit tibi, aut quid apponet tibi, o lingua dolosa? questa espressione ammette varie interpetrazioni, ma la più semplice, e verisimile è quella da noi seguita: qual rimedio ci sarà contro di te, o lingua maledica, tu sei una saetta, un carbone ardente. Se non s'osserva questa apostrofe nella traduzione, è per far uno stile più continuato adattabile al nostro gusto, e così han fatto i Settanta, ed il Volgato: del resto il sentimento è ben chiaro. Gl'interpetri però han creduto, che il versetto quarto contenga il rimedio per la lingua maledica, e l'han preso in buon senso: ma perchè sagittæ acutæ, carbones desolatorii son termini troppo apparentemente odiosi, e non posson essere intesi mai in buona parte, han creduto esserci un mistero. Ecco il le Blanc: Sanctus Bonaventura per sagittas potentis acutas intellegit verbum Dei incarnatum: verbum dicitur sagitta: nam pater tetendit arcum, quando promisit filium venientem per Prophetam: misit sagittam electam, ut dicit Isaias, quando misit eum incarnari; ad quid? ut sagittet in obscuro rectos corde, idest ut malos faceret bonos. (Questa è un'altra spiegazione falsa). Hæc sagitta, percutit prudenter: nam Apostoli in prædicando habuerunt prudentiam: vulnerat fortiter, nam fortis est, ut mors dilectio: occidit salubriter, unde, occide, & manduca in decimo cap. actorum. Mille altre notizie pellegrine si danno per quei carboni desolatorii: lo stesso Blanc citandoci S. Prospero, S. Bruno, ed altri, carbones desolatorios tripliciter possis exponere [a tre a tre ci danno le interpetrazioni questi comentatori, tanto son fecondi a partorire] nempe Prophetas, & Apostolos, actus contritionis, bona exempla caritatis: adde si placet [non è ancora stanco] explicationem de plagis, atque supplicio Dei, quæ explicatio maxime litteralis videtur, attamen aliæ non sunt rejiciendæ. Che bella felicità è questa della lingua sacra, che un vocabolo stesso possa dinotare, l'Apostolo, il Profeta, l'atto di contrizione, il buon esempio di carità, e l'eterno supplicio? Nell'Ebreo è: Sagittæ potentis, cioè militis, venatoris acutæ cum carbonibus juniperorum, spinarum. L'original voce rethanim רתנים è d'incerta significazione, ma è certo un epiteto del carbone, e chi ci dà carbone di quercia, chi carbone di ginestro, ed i Settanta con libertà han detto τοις ερημικοιςcarbonibus devastantibus, desolantibus, onde n'è nato il desolatoriis. Questa unione delle saette co' carboni ardenti può esser una sola immagine della saetta infocata ben nota nell'antichità; e posson esser due immagini diverse, alle quali si fa simile la lingua mormoratrice. Alle calunnie malvagge, e triste,
alle menzogne di lingua perfida
 
Alle menzogne di lingua perfida
chi mai può reggere, chi mai resiste?
 
Chi mai può reggere, chi mai resiste?
    44Sagittæ potentis acutæ cum carbonibus desolatoriis.Quelli che mormora buggiardi accenti
 
F    (4)Sagittæ potentis acutæ, cum carbonibus desolatoriis. Quelli, che mormora buggiardi accenti
son quai vibrati dardi acutissimi,
 
Son quai vibrati dardi acutissimi,
son quai terribili carboni ardenti.
 
Son quai terribili carboni ardenti.
    55Heu mihi, quia incolatus meus prolongatus est! Habitavi cum habitantibus Cedar;bIl prolungatus est è traduzione del nome proprio Mosoch o Misch ch'è nell'ebreo: Heu mihi, quia incolo Mosch, come factus est in pace locus eius invece di dirsi in Salem, come sicut in exacerbatione secundum diem tentationis invece di conservarsi il nome proprio in Meriba e tanti esempi di che si è parlato nel capitolo 4 della Dissertazione preliminare. L'essersi tradotto il nome proprio e fattosene un aggiunto all'incolatus ha fatto credere che incolatus meus prolongatus est esprima le querele de' miseri prigionieri da lungo tempo dimoranti in Babilonia. Ma così si toglie ogni vaghezza del sentimento: il salamita, dopo che descrive la barbarie de' suoi nemici, esclama: io dove sono? Sono in Gerusalemme? Son fra gli arabi? Sono fra i moscoviti? Questa interpetrazione semplicissima toglie l'imbarazzo agl'interpetri di ritrovare una schiavitù ne' paesi di Mosc e di Cedar, quando fu in Babilonia, e non perturba tutta la geografia antica con situar quei paesi in luoghi ne' quali furono condotti gli ebrei. Cedar secondo la comune opinione è l'Arabia; Mosoch è il paese de' discendenti di Mosc, uno de' figli d'Jafet, come s'ha nel capitolo 10 delGenesi, e da lui vennero i moschi, o moscoviti, che abitaron da prima quella parte della Moscovia che più si stende nell'Asia e poi s'inoltrarono in Europa. Questa oggi culta nazione non ha di che maravigliarsi s'è qui posta per un esempio di nazione barbara, poiché primieramente si tratta presso a trenta secoli addietro, quando erano inculte anche altre nazioni dominanti: e quanti secoli dopo da' romani si chiamavan barbari, inculti gl'inglesi, i tedeschi? I greci chiamavan barbare tutte le nazioni; gli ebrei disprezzavan tutti, e qualunque più culto popolo che non avea la vera religione era per gli Ebrei un'adunanza di fiere; vedi nel fine del quarto tomo una mia lettera all'Abate Tournersu di questo proposito. Non rendiamo al presente il cambio a' poveri ebrei: poiché per esprimere il mal costume della gente diciamo tutto giorno o Dio! e che siamo fra gli ebrei!In der Erstausgabe von Saverio Matteis I libri poetici della Bibbia (Bd. 5, Neapel 1774, S. 15) steht am Ende des Satzes ein Fragezeichen anstelle des Ausrufezeichens. Die Edition folgt hier der zweiten, leicht verbesserten Ausgabe (Bd. 6, Neapel 1773, S. 20) bzw. der druckgleichen dritten Ausgabe (= Opere, Bd. 6, Neapel 1779, S. 20) und belässt das Ausrufezeichen.6multum incola fuit anima meacL'interpunzione di questi versetti si è alterata sull'idea che qui si parlasse veramente della schiavitù. L'ebreo ha nimis habitavit anima mea, cum his qui oderunt pacem: questa è la risoluzione d'un ch'era stanco del costume già corrotto in Gerusalemme. Siegue l'ebreo con ammirabile semplicità: ego pax, et cum loquar, ipsi bellum. I Settanta e la volgata per chiarezza han fatta una parafrasi di queste poche ben pesanti parole..O tempi barbari! Qual aura, o Dio,
 
F    (5)Heu mihi, quia incolatus meus prolongatus est! habitavi cum habitantibus Cedar: (b)Il prolungatus est è traduzione del nome proprio Mosoch, o Misch, ch'è nell'Ebreo: Heu mihi, quia incolo Mosch, come factus est in pace locus ejus, in vece di dirsi in Salem, come sicut in exacerbatione secundum diem tentationis, in vece di conservarsi il nome proprio, in Meriba, e tanti esempj, di che si è parlato nel cap. IV. della Dissert. prelim. L'essersi tradotto il nome proprio, e fattosene un aggiunto all'incolatus ha fatto credere, che incolatus meus prolongatus est esprima le querele de' miseri prigionieri da lungo tempo dimoranti in Babilonia. Ma così si toglie ogni vaghezza del sentimento: il Salamita dopo che descrive la barbarie de' suoi nemici, esclama, io dove sono? sono in Gerusalemme? son fra gli Arabi? sono fra i Moscoviti? Questa interpetrazione semplicissima toglie l'imbarazzo agl'interpetri di ritrovare una schiavitù ne' paesi di Mosc, e di Cedar, quando fu in Babilonia, e non perturba tutta la geografia antica con situar quei paesi in luoghi, ne' quali furono condotti gli Ebrei. Cedar, secondo la comune opinione, è l'Arabia: Mosoch è il paese de' discendenti di Mosc uno de' figli d'Jafet, come s'ha nel cap. 10 del Genesi, e da lui vennero i Moschi, o Moscoviti, che abitaron da prima quella parte della Moscovia, che più si stende nell'Asia, e poi s'inoltrarono in Europa. Questa oggi culta nazione non ha di che maravigliarsi, s'è quì posta per un esempio di nazione barbara, poichè primieramente si tratta presso a trenta secoli addietro, quando erano inculte anche altre nazioni dominanti: e quanti secoli dopo da' Romani si chiamavan barbari, inculti gl'Inglesi, i Tedeschi? I Greci chiamavan barbare tutte le nazioni: gli Ebrei disprezzavan tutti, e qualunque più culto popolo, che non avea la vera religione, era per gli Ebrei un'adunanza di fiere; vedi nel fine del quarto tomo una mia lettera all'Ab. Tourner su di questo proposito. Non rendiamo al presente il cambio a' poveri Ebrei: poichè per esprimere il mal costume della gente, diciamo tutto giorno, o Dio! e che siamo fra gli Ebrei!
multum incola fuit anima mea(c)L'interpunzione di questi versetti si è alterata sull'idea, che quì si parlasse veramente della schiavitù. L'Ebreo ha, nimis habitavit anima mea, cum his, qui oderunt pacem: questa è la risoluzione d'un ch'era stanco del costume già corrotto in Gerusalemme. Siegue l'Ebreo con ammirabile semplicità: ego pax, & cum loquar, ipsi bellum. I Settanta, e la Volgata, per chiarezza han fatta una parafrasi di queste poche ben pesanti parole..
O tempi barbari! qual aura, o Dio,
quest'è ch'io spiro! Sono in Arabia?
 
Quest'è ch'io spiro! sono in Arabia?
Sono in Moscovia? Dove son io?In der Erstausgabe von Saverio Matteis I libri poetici della Bibbia (Bd. 5, Neapel 1774, S. 14) steht am Ende des Satzes ein Ausrufezeichen anstelle des Fragezeichens. Die Edition folgt hier der zweiten, leicht verbesserten Ausgabe (Bd. 6, Neapel 1773, S. 20) bzw. der druckgleichen dritten Ausgabe (= Opere, Bd. 6, Neapel 1779, S. 20) und belässt das Fragezeichen.
 
Sono in Moscovia? dove son io?
    Vorrei fuggirmene: son stanco omai
 
F    Vorrei fuggirmene: son stanco omai
67Cum his qui oderunt pacem eram pacificus; cum loquebar illis, impugnabant me gratis.di più restarmi con gente perfida,
 
(6)Cum his, qui oderunt pacem,
Eram pacificus, cum loquebar illis, impugnabant me gratis.
Di più restarmi con gente perfida,
che sempre suscita discordie e guai.
 
Che sempre suscita discordie, e guai.
    E pur conoscono che giova ed è
 
    E pur conoscono, che giova, ed è
util la pace; ma non la vogliono
 
Util la pace: ma non la vogliono,
sol perché veggono che piace a me.
 
Sol perchè veggono, che piace a me.